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 2022  dicembre 13 Martedì calendario

Richiamo Mattei

Non è la prima volta che Enrico Mattei viene ripescato da un presidente del Consiglio. Ma Craxi lo usava per strizzare l’occhio al mondo arabo e sfidare il resto dell’Occidente, mentre Meloni ha tutt’altra impostazione.
Quando Giorgia Meloni ragiona di esteri e Mediterraneo allargato, il richiamo a Mattei sembra venirle spontaneo.
Evocando la figura-simbolo del fondatore dell’Eni, Meloni al tempo stesso celebra un patriota e segnala forte interesse per l’Africa. Di qui a non molto, infatti, l’Italia potrebbe divenire lo hub del gas nordafricano per il resto d’Europa. Non c’è, invece, l’intenzione di sfidare i partner occidentali, con i quali la stessa Eni collabora da anni ed è impegnata sul fronte della sicurezza energetica europea.
Di Mattei ricorrono i sessant’anni dalla morte, e il risalto offerto da Meloni alla sua persona è stato forte. È stato citato nel discorso programmatico alla Camera, e fa capolino anche nell’intervento di chiusura dei recenti Med Dialogues di Roma, in cui Meloni evoca “un modello virtuoso di collaborazione e di crescita tra Ue e nazioni africane”. Non poco per un leader politico e capo di governo, Meloni, che è giovane e si rifà a una tradizione politica diversa da quella di Mattei.
Mattei è già stato a più riprese “esportato” fuori dal suo specifico contesto storico. Prima di Meloni, per esempio, era stato Bettino Craxi a rilanciarne il ricordo. Craxi – nato nel 1934 e quasi trentenne alla morte di Mattei – ricordava bene che, sotto la sua presidenza, l’Eni aveva negoziato importanti concessioni petrolifere in Medio Oriente e concluso un importante accordo commerciale con l’Unione Sovietica. Il 5 novembre del 1962, a pochi giorni dalla morte di Mattei, Charles Sulzberger notò in un editoriale sul New York Times che “l’offensiva petrolifera in Europa dell’Unione Sovietica ha subito un colpo mortale” con la scomparsa di Mattei. Per Craxi, quindi, il recupero di Mattei si prestava non poco a portare acqua al mulino del socialismo tricolore craxiano, con una formula che strizzava l’occhio alla sponda Sud del Mediterraneo e al vasto mondo arabo. Nel recupero di Mattei fatto da Craxi c’era, anche, un guanto di sfida verso il resto dell’Occidente.
Sul piano (decisivo) del rapporto con il resto dell’Occidente, l’impostazione di Meloni è molto lontana da quella di Craxi. La prima e più evidente ragione è che Meloni ha scommesso da tempo sul posizionamento atlantista tanto del suo governo quanto del suo stesso partito. E, nell’attuale fase di geopolitica a blocchi contrapposti, le frizioni con partner occidentali finirebbero per fare il gioco di Cina e Russia. Meloni sa che l’Italia non può pensare di giocarsela da sola contro i propri partner, ma assieme a loro. La stessa Eni è oggi un colosso energetico globale e non è più la neonata compagnia di Mattei che doveva ancora farsi largo tra le altre compagnie. La sua trama di intese con i partner europei è fitta, tanto più ora che occorre assicurare la sicurezza energetica della Ue affrancandosi dal gas russo.
È pressoché certo che Meloni in Mattei ammiri soprattutto il patriota e il modernizzatore, determinato a dare una spinta decisiva alla ricostruzione post-bellica e all’industrializzazione del nostro Paese.
Del ruolo di Mattei nella politica e sulla scena mediatica italiana, invece, Meloni non ha mai fatto parola. Non sembrano interessarle più di tanto il ruolo di Mattei nel finanziamento dei partiti della Prima Repubblica e nel controllo di mezzi d’informazione.
I frequenti riferimenti a Mattei, piuttosto, segnalano una ricerca di profondità strategica da parte dell’Italia nel Mediterraneo e in Africa: aree che fanno tradizionalmente parte del pensiero strategico italiano, e che oggi riacquistano centralità in una fase di ripensamento complessivo delle catene produttive occidentali. Molti gruppi industriali europei si sono scoperti pericolosamente esposti verso la Cina e stanno spostando le loro fabbriche in prossimità dell’Europa.
Meloni, di questi tempi, non è la sola a pensare intensamente a Mediterraneo e Africa. Se ne occupa anche Annalena Baerbock, la dinamica ministra degli Esteri tedesca, quasi coetanea di Meloni, con la giusta enfasi su diritti umani e sviluppo. Le foto di Baerbock che si intrattiene e scherza con altre donne in un villaggio del Niger, o che viene ricevuta con ogni onore in Mali e in Marocco, non sono passate inosservate. Baerbock è seguita a ruota dalla potente agenzia per la cooperazione allo sviluppo tedesca, e da una folta rappresentanza dell’industria tedesca. A fine agosto, ad accompagnarla in Marocco, c’erano ben centosessanta aziende tedesche.
Meloni, quindi, è ampiamente consapevole della partita in corso nel nostro vicinato prossimo. I primi passi sulle scene internazionali, e in particolare alcuni bilaterali a margine di vertici internazionali, rivelano un marcato interesse da parte sua per Mediterraneo e Africa, del cui gas di qui a non molto l’Italia potrebbe diventare un fondamentale hub per il resto d’Europa.