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 2022  dicembre 12 Lunedì calendario

Gian Arturo Ferrari snocciola aneddoti sui boss dei libri

Gemelli diversi. Angelo Rizzoli e Arnoldo Mondadori nascono a distanza di due giorni sul finire del 1889 e a distanza di otto mesi muoiono, entrambi ottantunenni. Sempre per primo Rizzoli, in nascita e in morte. Entrambi proletari, con le pezze sul sedere. Povero Mondadori, figlio di un contadino e calzolaio ambulante, analfabeta fino a cinquant’anni. Poverissimo Rizzoli che addirittura nasce già orfano perché suo padre, ciabattino e anche lui analfabeta, sconvolto da un licenziamento è andato mesi prima a uccidersi. Al cimitero di Musocco, per maggiore comodità.


Infanzia da Ferrari (Gian Arturo). Quando riesco ad acchiappare di nascosto una rivista (i miei genitori non hanno piacere che io le prenda in mano) guardo le fotografie, che sono molto più interessanti, e, se c’è tempo, leggo le didascalie.


Antenati. Emilio Treves e Edoardo Sonzogno nascono e muoiono a distanza non di giorni ma di pochi anni tra i 30 dell’800 e i 10 del 900. Saranno loro i primi editori dell’Italia unita, per la quale si sono concretamente battuti. Treves si è persino arruolato volontario nei Cacciatori delle Alpi di Giuseppe Garibaldi… Al contrario di Rizzoli e Mondadori, due miserabili, sono entrambi borghesi e agiati.


Girl power. Non c’è dubbio che l’esplosione dell’editoria europea dell’Ottocento dipenda dalla narrativa e dalle donne che in prevalenza la leggono.


Maestri “gravi”. “Credo poi che fareste bene ad astenervi dall’accettare libri di romanzi, novelle e letteratura amena e ciò per comparire come editore con una fisionomia determinata: ossia come editore di libri politici, storici, di storia artistica, di filosofia ecc.: editore di roba grave”, Benedetto Croce a Giovanni Laterza.


Case di Moda. Pubblicato da Ulrico Hoepli, diventa bestseller il Manuale dell’ingegnere di Giuseppe Colombo… Benito Mussolini nel 1934 affiderà proprio a Hoepli l’edizione completa, in dodici volumi, dei propri Scritti e discorsi.


Allegria! Delio Tessa, poeta in milanese (forse il maggiore dopo Carlo Porta), avvocato per finta, scioperato e puttaniere… Pubblica con Mondadori l’opera più importante, il poemetto L’è el dì di Mort, alegher! (È il giorno dei morti, allegri!) dedicato alla Milano attonita all’indomani della catastrofe di Caporetto.


Peace and Love. Secondo Valentino Bompiani l’editore deve metterci l’amore.


Mecenati. Nel 1933, a 21 anni, Giulio Einaudi apre la sua casa editrice. I soldi necessari, per stare a un’informativa della polizia, vengono da Nello Rosselli, fratello di Carlo già esule a Parigi; dal professore e senatore Francesco Ruffini, che aveva rifiutato di prestare il giuramento fascista; dal senatore Luigi Della Torre, banchiere e massone; e dal padre, il professor Luigi Einaudi, economista e senatore… Versione, quella della polizia, contraddetta da Giulio che menziona invece tre finanziatori, Santorre Debenedetti, il filologo zio di Cesare Segre, l’ingegner Ghersina di Trieste e soprattutto il senatore Luigi Albertini, vale a dire lo storico direttore e proprietario del Corriere della Sera, estromesso dal regime. “Mio padre non mise una lira per la fondazione della casa editrice” puntualizza Giulio, e c’è da credergli, vista la proverbiale parsimonia del genitore.


Piume di struzzo. Alberto Moravia, mai stato einaudiano, avrà modo di dire: “Bisogna riconoscere che Einaudi è l’unico editore che non ha mai pubblicato un libro per far soldi”… Il tallone d’Achille della casa editrice torinese – sempre stato e sempre sarà – sono i soldi. Quelli che servirebbero, quelli che non ci sono.


Da Silvio. Il problema cruciale della Mondadori, della “berlusconiana Mondadori” come dicono i detrattori, è la totalità. E i paradossi che ne derivano. È estesa su tutto, deve fare tutto, nulla può sfuggirle: ogni successo altrui le viene imputato come mancanza, distrazione, imperizia. Colpa.


B. Di suo, personalmente, Berlusconi chiede solo che in occasioni elettorali la Mondadori pubblichi raccolte di suoi discorsi, destinate ai militanti.


Collettivo Saviano. Tra i molti aspetti che rendono la vicenda di Gomorra unica e forse irripetibile (tre milioni di copie vendute), il meno apprezzato perché meno noto è quello propriamente editoriale. Il fatto cioè che, almeno per una volta, tutti gli attori hanno recitato al meglio la loro parte, che tutti i pezzi si sono quasi per miracolo incastrati al punto e al momento giusto. Che alla fine il libro è nato figlio di numerosi padri e madri, di un lavoro di squadra, come si usa dire e come prescrive l’editorialmente corretto.


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