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 2022  dicembre 12 Lunedì calendario

Intervista a Giovanni Legnini

Tutti vogliono Giovanni Legnini. Tutti lo cercano, tutti gli chiedono di restare. I vescovi marchigiani, i terremotati di Amatrice, gli alluvionati di Ischia, i geometri, gli ingegneri, anche i sindaci. Tra dieci giorni il governo deve decidere se rinnovargli l’incarico di commissario alla ricostruzione del centro Italia.
Lei, al tempo in cui fu vicepresidente del Csm, appariva veloce come quei bradipi tridattili della foresta. Lentissimi movimenti, prudentissime azioni. Insomma: il niente o quasi.
Si sbaglia invece. Forse non ho saputo comunicare bene ma mi è toccata in sorte la più violenta delle decisioni e il più traumatico degli impegni possibili. Dalla sera alla mattina sostituire nelle funzioni 1200 magistrati, perché il governo Renzi aveva deciso di ritoccare, in un colpo solo, la soglia della pensione anticipandola di cinque anni (da 75 a 70 anni in quiescenza). Un lavoro enorme e quasi zero contestazioni o conflitti o ricorsi.
Legnini, enorme tronco democristiano dentro un’anima scolorita di sinistra.
Ero bersaniano, non direi scolorita.
Forse per punirla due anni fa le hanno affidato il gran casino della ricostruzione del centro Italia.
Due anni fa sono arrivato ed era davvero un gran casino. Ricostruzione privata al di sotto del 5 per cento del totale, quella pubblica nemmeno a parlarne.
E qui Legnini si scopre Speedy Gonzales.
Mi sono applicato alla semplificazione, scegliendo di ridurre i passaggi, un cammino obbligato per dare una speranza di futuro a chi lo aspetta sul dorso dell’Appennino italiano.
E fa il miracolo.
Finora me la sono cavata abbastanza bene. Undicimila cantieri privati aperti, cinque miliardi di euro impegnati.
Non tutto per merito suo.
Assolutamente no. Glielo stavo per dire. Forse da me è venuta la spinta risolutrice.
Poi c’è la ricostruzione degli edifici pubblici.
Altri tre miliardi di euro.
Finora l’odore acre delle mazzette non si è sentito.
I controlli sono rigorosi e io rispondo per quel che mi riguarda. Il massimo della trasparenza e della dedizione.
Di lei anche gli ischitani dicono un gran bene.
Il governo mi chiama per risolvere il gran rebus di Casamicciola, terremotata nel 2017. Troviamo una strada finalmente per dare una speranza, eravamo pronti a partire quando è caduta quella frana.
E a gran richiesta è stato nominato anche commissario per il dissesto idrogeologico.
Ischia diventerà un case history: alto livello di pericolo in un territorio ad alto rischio idrogeologico con alti vincoli ambientali e ad elevata antropizzazione. Il meglio del peggio.
Ischia è un problema al cubo.
Un’enorme prova, possiamo dire che è uno stress test di prima categoria.
La frana è un guaio, perché aggiunge sale su una ferita ancora aperta, ma rappresenta anche un’opportunità. Adesso gli ischitani accetteranno anche le decisioni più radicali.
Dovremo essere rigorosi e fare scelte impopolari. Non c’è altro da aggiungere.
Quanto guadagna un commissario?
Cinquantamila euro lordi per l’incarico e altre cinquantamila, sempre lordi, come premio di risultato.
L’emergenza fa ricca tanta gente, ma non chi decide.
È un lavoro duro, impegnativo e pieno di responsabilità.
Chi mai avrebbe detto che Legnini sarebbe stato giudicato il migliore tra i commissari visti all’opera?
Il suo giudizio mi pare approssimativo. Non ci conosciamo bene.
Fino a prova contraria…
In settimana licenzio il Testo unico della ricostruzione. Si saprà, d’ora in avanti, chi deve fare cosa. I vari livelli organizzativi territoriali sono individuati e a ciascuno è assegnata una funzione. Però resta il Codice della ricostruzione da definire compiutamente: le responsabilità tra le varie Istituzioni.
Lei vorrebbe restare commissario del centro Italia e anche di Ischia.
Sarei onorato di concludere l’opera.
Forse però Giorgia Meloni è di diverso avviso.
Beh…
Eh?
Buonasera.