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 2022  dicembre 12 Lunedì calendario

Il trapianto fegato-cuore che ha salvato Silvia. Ha 5 anni

Questa è la storia di un doppio prodigio. Un trapianto sofisticato, che ha salvato una bimba di cinque anni, eseguito in un ospedale pluridatato. «Non solo il contenitore è obsoleto, ma pure le arterie», precisa il professor Renato Romagnoli, direttore Centro trapianti di Fegato delle Molinette, con una metafora anatomica applicata all’architettura: i volumi interni, l’impiantistica, etc.
Sul primo fronte, quello dell’intervento, il sorriso aperto e sollevato di Niko – estetista, da 17 anni residente in Italia con la moglie Melisa e la piccola Silvia – vale più di mille parole. Silvia? «In italiano la chiamiamo così… ora sta bene, aiutatemi anche voi a ringraziare i medici – ripete ai giornalisti elencando i nomi -. Professionali, gentili, sempre disponibili». C’è da capirlo. Nel giugno 2021 Silvia si trovava in Cina quando si è manifestato un raro ma gravissimo tumore del fegato tipico dell’età pediatrica. La famiglia si era recata nella terra di origine per le festività del Capodanno cinese ed era stata trattenuta in quel Paese nell’ambito delle misure di contenimento della pandemia da Covid. Subito dopo la diagnosi, le prime cure direttamente in Cina, non risolutive. Tra luglio ed ottobre 2021 il rientro in Italia, non appena consentito.
Da allora è stata una corsa contro il tempo. Prima al Regina Margherita, dove la piccola è stata presa in carico dall’équipe dell’Oncoematologia pediatrica con l’avvio di protocolli chemioterapici di ultima generazione. Dopo un anno di cure, ottenuta la regressione del tumore, la decisione di procedere al trapianto, grazie alla disponibilità di un fegato prelevato in Germania. Un trapianto difficile, dato che la vena cava inferiore della bimba era inservibile. La sfida si è spostata alle Molinette, dove il professor Romagnoli e il dottor Carlo Pace Napoleone, direttore Cardiochirurgia pediatrica dell’Infantile, hanno impiantato il fegato del donatore, con tutta la vena cava sovraepatica, sull’atrio destro del cuore della bambina. Una maratona di 12-13 ore, 4 i chirurghi mobilitati, ora seguita da due cicli chemioterapici “di consolidamento”. «Una soluzione definitiva, mai impiegata per un bambino, e in queste condizioni – aggiunge Romagnoli -. Certo, per il futuro dovrà prendere i farmaci antirigetto. Ma più il trapianto si fa da piccoli e più aumenta la tolleranza: anche in questo i bambini hanno una plasticità ineguagliabile». Oggi Silvia procede con il recupero post-operatorio presso la Gastroenterologia del Regina. «Siamo grati e orgogliosi di avere una squadra sanitaria eccezionale», plaude Alberto Cirio su Facebook.
Tutto questo, nonostante il Covid. «In realtà per i trapianti non è più un problema – spiega Romagnoli -. Il problema, semmai, è il contraccolpo seguito al biennio più duro dell’epidemia: la stanchezza». E per molti versi, l’amarezza per la rapidità con la quale l’opinione pubblica ha cestinato l’icona dei “medici eroi”. Per di più, «a fronte di risorse che per la Sanità sono sempre troppo poche». Quanto alle Molinette, «ci sono entrato per la prima volta nel 1988, già allora avevo pensato che si trattava di una struttura vecchia». Siamo nel 2022 e il Parco della Salute resta un progetto. «E dire che a Milano negli ultimi anni ne hanno inaugurati tre o quattro, di ospedali». Ma questa è un’altra storia. —