la Repubblica, 11 dicembre 2022
Un altro film su Sissi
Del funesto imperatore Francesco Giuseppe, imperatore d’Austria, re di Ungheria, re di Boemia, sappiamo quel che ci hanno insegnato alle medie studiando il Risorgimento. Della sua signora Elisabetta sappiamo quel che ci mostrano i celebri ritratti di Winterhalter e il cinema: che era bellissima. Almeno 28 sono i film a lei dedicati, sin dai tempi del muto, e ancora verso Natale capita che qualche rete ridia la trilogia diSissi, 1955 -1957, con il volto paffuto di Romy Schneider, che nel 1972 è stata di nuovo l’imperatrice inLudwig di Visconti, non più pazzerella adolescente ma donna inquieta. Anche Ava Gardner è stata Elisabetta inMayerling (1968) come madre del principe Rodolfo, e pure Cristiana Capotondi nella recente miniserie Sissi.Un musical e un cartone animato l’hanno raccontata come volevano, diversi documentari hanno tentato di ridarcene una approssimata verità. Solo negli ultimi due anni in Germania sono stati prodotti cinque film sulla sfruttatissima creatura, e attualmente da noi se ne intrecciano contemporaneamente due, una su Netflix, l’altra nei cinema. La prima tipo la Sissi anni ‘50 giovinetta andata sposa all’imperatore, due bei ragazzi innamorati con suocera-madre dispotica, la seconda a una età in cui, le spiega il medico, per una donna non resta che la fine.L’imperatrice è la serie di 6 puntate (con seconda stagione annunciata) ideata da Katharina Eyssen, nel ruolo della sedicenne protagonista la a me ignota tedesca Devrim Lingnau, 24 anni. Il corsetto dell’imperatrice è il film diretto da Marie Kreutzer, protagonista la lussemburghese Vicky Krieps, 40 anni come il suo personaggio, premio alla miglior attrice a Cannes nel Certain Regard di quest’anno e agli European Film Awards che si sono svolti ieri. Se ne parla sui social e nessuno per ora ha avuto il coraggio di confessare il rimpianto per la vecchia, indimenticabile birichina Schneider, e in questo caso poi bisogna tener conto che a servirsi di quel personaggio del passato lontano sono due donne di oggi, tempo apparentemente delle donne, ma non poi così tanto. La fiction, come è suo diritto se non dovere, è molto romanzata: Elisabetta è un po’ contadinotta e priva del suo celebre vitino, brutti vestiti ma avida di baci, e nudità, Francesco Giuseppe belloccio e sempre in divisa militare o bianca o rossa, non le nega abbracci se non per litigare con francesi, russi, piemontesi. Bella ed elegante è invece la suocera Sofia di Baviera, anche nella realtà esperta di politica internazionale. L’Arciduca Massimiliano è un donnaiolo che trama per sostituirsi al fratello Imperatore e circuisce Sissi cui è impedito di metter becco in politica, spingendola all’alcol e alle notti pazze, mentre il povero sposo fa colazione solo e porta al disastro ilsuo immenso impero. Katharina Eyssen insiste su alcuni temi che non sempre il femminismo accetta: se la Donna nel patriarcato è esclusa da tutto ed esiste solo in quanto “grembo” (come si tenta di tornare oggi) è la Madre a dominare il suo mondo o il mondo, col dominio sul figlio maschio. (lo racconta anche su Netflix la serie coreana in costume Sotto l’ombrello della regina in cui le donne sempre in ginocchio davanti agli uomini, spadroneggiano su principi e re di cui sono madri o nonne anche picchiandoli). Nel film di Marie Kreutzer l’imperatrice ha il bellissimo viso estenuato e smarrito di Vicky Krieps e sta perdendosi nella solitudine e nel vuoto del futuro. È il 1877, e ha compiuto 40 anni, la svolta fatale, e dal film scompaiono l’invadente suocera Sofia morta di polmonite nel 1872 e il cognato e amico Massimiliano diventato imperatore del Messico e fucilato nel 1862. Francesco Giuseppe bussa alla porta dell’appartamento di Elisabetta da un corridoio che pare abbandonato e non sempre viene ricevuto, lei è prigioniera del terrore di perdere il solo suo valore di imperatrice, la bellezza straordinaria, quei capelli che le arrivano alle caviglie, quel vitino di vespa che la martirizza nei corsetti strettissimi, la dieta che forse è anoressia, ginnastica, scherma, bagni caldi. Si dà a pazze cavalcate, fuma, è sempre in fuga, viaggiando per l’Europa in incognito, una mascherina di pizzo nero sul volto. Ha fame d’amore, di sesso, di corpi, forse ha avuto una storia col fascinoso maestro d’equitazione, passa molto tempo col cugino Ludwig di Baviera in uno dei suoi assurdi castelli: nel film di Visconti, Helmut Berger tenta di baciare Elisabetta che lo respinge, qui è Elisabetta che viene respinta da Rudolf, ed è la conferma che lui preferisce gli stallieri. Si sa che la bellissima aveva brutti denti tanto che in nessun quadro o foto sorride, invece in questo film ad avere la dentiera in un bicchiere e orribili denti è Ludwig. Col marito ha condiviso una grande passione, ormai spenta, eppure ancora gli si offre, in una scena di assoluto strazio per noi signore; lo ha visto baciare la quindicenne Anna Nowak, poi sarà la stessa Elisabetta a incoraggiare la relazione del marito con l’attrice Katharina Schratt: non vedrà più suo marito togliersi i favoriti a tavola per riporli in una scatola, potrà allargare il busto e mangiare un dolce. E viaggiare, donna tra donne. Dunque oggi le donne sono libere, invadono il mondo, hanno il potere che vogliono, diventano premier, però ancora giovinezza e bellezza sono la loro forza: invecchiare è un affronto, la vita diventa una lotta con diete e chirurgia, e sono loro a non saper imporre l’età come un valore. Il film non rispetta volutamente la realtà della fine di Elisabetta, che avverrà nel settembre 1889, sette mesi e dieci giorni dopo il suicidio del figlio Rodolfo.