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 2022  dicembre 10 Sabato calendario

Il caso della febbre di Giorgia Meloni

Nella Ciudad de la luz, maestosi studi cinematografici con vista sulla Costa blanca, l’ultimo ciak immortala una sedia vuota: quella di Giorgia Meloni, che nell’insolita sede del vertice dei nove Paesi euromediterranei non c’è. Nell’immediata vigilia della partenza per Alicante, e nella piena tempesta diplomatica con Parigi, la premier dà forfait a causa di un’influenza. «Sono malata, resto a casa», fa sapere di prima mattina ad Antonio Tajani, invitandolo a sostituirla: il ministro degli Esteri è costretto a fare gli straordinari, presiede un consiglio dei ministri lampo e vola in Spagna, mentre Palazzo Chigi smentisce seccamente che ci sia un collegamento fra la decisione di Meloni di restare a casa e lo scontro di giovedì sera, quando fonti dell’Eliseo avevano chiuso la porta alla possibilità di un bilaterale fra i presidenti di Italia e Francia ad Alicante. «La aspettiamo a Parigi», era stata la posizione fatta trapelare dall’Eliseo.
«Mai ricevuto un invito», la replica di Chigi. In questo clima, il cielo grigio della cittadina a sud di Valencia, nella mattinata del summit, si addensa di sospetti. Non aiutano a diradarli, da Roma, le dichiarazioni del ministro Paolo Zangrillo, che ai microfoni di Un giorno da pecora dice che Meloni «ha un po’ d’influenza, è un po’ febbricitante ma credo sia roba da niente». Non esattamente una robusta giustificazione per un’assenza a una conferenza fra leader internazionali.
Tajani, nel frattempo, è arrivato ad Alicante, quando i capi di governo degli altri otto Paesi protagonisti del vertice – con Ursula von der Lyen e Charles Michel – sono già al termine della colazione alla Casa Mediterraneo, sul litorale. È al momento del dolce che Tajani si rivolge a Macron: gli fa presente che da parte dell’Italia c’è la volontà di recuperare il dialogo ma gli fa anche notare che per riuscirci bisogna tenere a bada la burocrazia. Nel mirino, insomma, finiscono le esternazioni di “fonti” dell’Eliseo o dei collaboratori di Macron. «Faccio notare che non ci sono mai state dichiarazioni ufficiali ma solo infornali», dirà più tardi il titolare della Farnesina.
In realtà, il governo francese giovedì sera ha accolto con «stupore» la risposta finale di Chigi, una reazione giudicata sproporzionata rispetto a una posizione che – viene riferito – non aveva intento polemico. Resta il giallo dell’invito all’Eliseo. Tajani ribadisce: «Non c’è nessuna visita programmata di Meloni a Parigi, andiamo avanti». Ma il punto è un altro: al di là degli aspetti formali, finché non ci saranno le premesse di un’intesa sul tema dell’accoglienza dei migranti il chiarimento fra Meloni e Macron non ci sarà. Anche se il vicepresidente del Consiglio è giunto ad Alicante con le vesti di pompiere: «Ho salutato Macron che conosco da tanti anni, possono esserci posizioni divergenti ma bisogna trovare soluzioni a livello europeo, non insistere sulle divisioni». Secondo Tajani «quello delle migrazioni è un problema globale, non è una questione tra Italia e Francia. È un tema che può essere risolto solo a Bruxelles. Continueremo a porre il problema». Nel frattempo, sempre in chiave distensiva, Tajani può far giungere ai leader europei la notizia dell’apertura dei porti italiani alle navi delle due Ong che avevano chiesto un approdo sicuro: «Non manca mai da parte dell’Italia una risposta solidale, l’importante è che si rispettino le regole». Gesto apprezzato, fra i protagonisti della conferenza di Alicante.
Nel documento finale lungo sette pagine, d’altronde, la questione migranti è limitata a un capitoletto, di certo in secondo piano rispetto al tema dell’energia, con l’intesa per la realizzazione di un corridoio “verde” per il trasporto di idrogeno dal Portogallo al Marsiglia, e con la richiesta alla commissione europea dell’introduzione «di un tetto al prezzo del gas basato sul mercato in modo temporaneo ed efficace». Di certo, il forfait di Meloni ha impedito anche il bilaterale con il premier socialista Pedro Sanchez, che in mattinata ha comunque telefonato alla collega italiana ribadendo il legame fondamentale «fra Italia e Spagna». E slitta così il ritorno della presidente di FdI nella terra di uno dei suoi più grandi alleati in Europa, Santiago Abascal, capo del movimento di ultradestra Vox. Che proprio ieri ha annunciato una mozione di sfiducia nei confronti di Sanchez. Strani incroci degni di un film, negli studios di Alicante rimasti orfani di una primattrice.