la Repubblica, 8 dicembre 2022
Storia dell’Eni
La storia di Eni è una storia di molti. Un carotaggio profondo, e attualissimo, che si snoda attraverso Paesi - il nostro in primis, ma lo scenario è internazionale - delicati equilibri politici, guerre, rivoluzioni, complesse tattiche economiche, rivolgimenti sociali e culturali. Scanditi lungo un secolo di vita, o quasi, manca poco. Il volume Eni, la storia di un’impresa - passato, presente e futuro del cane a sei zampe(Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, pp. 349) la racconta con una serie di saggi a partire dalla fondazione di Agip nel 1926, pietra miliare della società, fino agli anni Novanta. Rinfrescandola con le voci dei suoi amministratori delegati, da Franco Bernabè, che la portò alla privatizzazione, fino a Claudio Descalzi, in carica dal 2014. Conoscerla aiuta a «capire meglio noi stessi, è un enorme giacimento culturale da seguire nelle sue mille traiettorie» spiega Luciano Segreto, autore dell’introduzione e docente di Storia economica all’Università di Firenze. «Questo libro è solo un inizio: a natale uscirà in cofanetto con un secondo volume che raccoglie le fotografie storiche delle esplorazioni, gli scatti di grandi autori, immagini tratte dalla comunicazione. Ma ne seguiranno altri», aggiunge, «il bacino di informazioni e i filoni di studio sono tanti, e possono contare su un archivio eccezionale».
Per raccontare uno dei più grandi gruppi industriali del mondo bisogna partire dalla fame di combustibili nata dopo la Prima guerra mondiale, quando la questione energetica assume una nuova consapevolezza, sia per l’importanza militare che tecnologica e il petrolio comincia a ricoprire un ruolo essenziale. I pionieri del settore sono gli americani, l’Italia arriva negli anni Venti fondando la sua società più importante, Agip, qualche tempo dopo. La prima detonazione geosismica per esplorare il nostro sottosuolo avviene il 10 giugno del 1940, lo stesso giorno in cui il Paese entra nel secondo conflitto mondiale, il tempismo non manca. La benzina diventa una parte importante della retorica fascista, dell’orgoglio nazionale, e all’interno della società petrolifera comincia a formarsi un gruppo di tecnici di alto profilo professionale.«Tuttavia, perché quel potenziale, in termini non tanto di risorse quanto di competenze tecniche e manageriali, potesse esprimersi», ricorda Segreto nella sua introduzione, «era necessaria la presenza di un catalizzatore, di un reagente in grado di legare insieme questi elementi». Arriverà con Enrico Mattei, imprenditore, politico, partigiano, simbolo del boom economico che nel 1953, invece di liquidare la società come chiedeva il governo della nascente democrazia, la ingloba in una nuova, fondando l’Eni con il suo marchio del cane a sei zampe. Aveva intuito il passaggio epocale - e mondiale verso gli idrocarburi. E «diventa il vero ministro degli esteri italiano:era lui a dare la linea, ancora lui a entrare in competizione con le famose sette sorelle cambiando le carte negli accordi con i Paesi produttori di petrolio (africani e mediorientali come l’Iran )aumentando la loro percentuale di profitto, passando dal consueto fifty–fifty al 75%», continua Segreto. Sconquassa equilibri consolidati, crea il cosiddetto neoatlantismo che allarga la platea delle collaborazioni internazionali ai Paesi non allineati al Patto atlantico. Poi la morte improvvisa, l’aereo che esplode in volo nel 1962, un attentato. Sui mandanti c’è ancora mistero, ma la sua eredità rimane. Fabrizio Maronta, responsabile delle relazioni internazionali della rivista Limes, assieme a Lucio Caracciolo ha raccolto le interviste degli amministratori delegati di Eni. Parlando con Paolo Scaroni, alla guida della società fino al 2014, la continuità con «l’idea Mattei di una politica di presenza nei Paesi in cui si va ad estrarre, che non si riduca solo a mera captazione e spoliazione, ma che lasci utili e infrastrutture, è venuta fuori chiaramente», spiega Maronta. «Creare una relazione che vada al di là dell’energia, oltre al semplice utilitarismo, è una cosa che l’azienda continua a rivendicare. Seppure, sempre secondo Scaroni, alla fine dei conti la figura di Mattei non è stata coltivata molto, né all’interno né fuori», precisa. Certo, dopo di lui il mondo è cambiato, e molto, come Eni che nel 1992 diventa società per azioni e si quota in borsa. Artefice del punto di svolta è Franco Bernabé «che la vuole fuori dall’orbita dei partiti. Era diventata un refugium peccatorum per aziende sull’orlo del collasso che la politica aveva spinto dentro Eni. Rischiava di essere smantellata come l’Iri, e lui decide di farne una macchina da guerra », continua Maronta, «tagliando, scremando, lasciando allo Stato il controllo ma sottraendola a un destino da Titanic». Era l’epoca di Tangentopoli, delle grandi privatizzazioni di Prodi, altri rivolgimenti storici.
Oggi assistiamo a una nuova rivoluzione dovuta a una crisi climatica dai contorni apocalittici, e l’azienda sta mirando con forza alla diversificazione, alla sostenibilità, con le bioraffinerie, l’eolico, il fotovoltaico, con il cane a sei zampe che continua a correre veloce.