La Stampa, 8 dicembre 2022
C’è un problema con il Tfr degli statali
«Inps: Istituto Nazionale pratiche sospese». Recitava così ieri un cartello di protesta davanti alla sede dell’Inps di via XX settembre a Torino. Il punto sono i ritardi che stanno aumentando per la gestione di tutte le pratiche e, come denunciano i sindacati, in particolare per alcune prestazioni che richiedono tempo e risorse. Uno dei casi limite è la liquidazione: si possono aspettare fino a sette anni. Ritardi che si sommano a una norma complessa che colpisce i dipendenti pubblici che vanno in pensione. Il problema è legato alla carenza di personale dell’Inps, strutturale e più accentuato nelle regioni del Nord, Piemonte e Lombardia in particolare. La norma prevede che, se si va in pensione anticipata, bisogna comunque aspettare di raggiungere i requisiti (67 anni di età o 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini) prima di avere diritto alla liquidazione. Poi c’è ancora un’attesa che varia dai 12 ai 24 mesi in base ai casi, e comunque si riceve a rate. A questo, poi, si sommano i ritardi che sono più accentuati al Nord e vanno dai 12 ai 18 mesi per evadere le pratiche. Facile così vedersi accreditare l’intero importo dopo un tempo lunghissimo, con crecenti proteste e richieste di chiarimento da parte delle persone interessate che finiscono per intasare ancora di più gli uffici già in sofferenza per le carenze di personale. A livello nazionale mancano oltre 4 mila persone da assumere negli uffici dell’ente di previdenza con percentuali che arrivano al -23% rispetto alle esigenze proprio per Piemonte (oltre 600 addetti in meno nelle sedi della regione dal 2019 al 2023) e Lombardia.«Da poco è partita una sperimentazione interna per cui i territori più in sofferenza come il torinese inviano le pratiche da elaborare alle sedi Inps delle regioni con minori ritardi. Può capitare, quindi, che il Tfr di un torinese venga elaborato ad esempio a Roma. È una fase ancora in rodaggio, tutta da mettere a punto perché poi comunque manca un’adeguata comunicazione tra i vari uffici Inps e si perde tempo e risorse a verificare lo stato di avanzamento», racconta Vittoria Scuto Rsu Cisl Inps di Torino. Un’altra possibilità – sempre più scelta – è quella di richiedere un anticipo con l’acquisto del credito da parte degli istituti di credito ma così, aggiunge Scuto, «oltre a perdere anche il 2% dell’importo comunque l’Inps deve fare il calcolo di quanto spetterebbe con tempi lunghi e un ulteriore aggravio di pratiche per i lavoratori dell’Istituto». Così le proteste degli utenti si saldano a quelle dei dipendenti, sempre sotto pressione. Per Antonella Trevisani, coordinatrice nazionale Inps di FpCgil «è un problema generalizzato che preoccupa perché la carenza di organico ha ripercussioni su tutti i cittadini. E anche la programmazione di assunzioni appare sottostimata». Ieri a questo proposito la Cgil ha manifestato davanti alla sede torinese. «Al di là della questione del Tfr e Tfs un dato rilevante è che dal 2020 a giugno 2022 sono 6 mila le pensioni nel torinese liquidate solo in forma provvisoria, quindi non c’è stato il calcolo definitivo della cifra che spetta e queste persone potrebbero ritrovarsi a dover restituire anche somme importanti – commenta Stefania Pugliese, segretaria regionale della Cgil Piemonte -. Ci vogliono anche tre anni per avere la pensione definitiva». Un altro caso è quello dell’invalidità civile. «I tempi di attesa per le visite variano tantissimo si arriva anche a sei mesi a Torino e dieci mesi a Biella. Si tratta, ad esempio, di persone che stanno aspettando la certificazione per essere inserite nelle liste delle assunzioni obbligatorie. Come si fa ad aspettare tanto?», si chiede Pugliese. In questo contesto stanno aumentando anche i ricorsi amministrativi e giudiziari per gli errori fatti nei calcoli, che hanno poi una ricaduta economica sulla collettività. «Nel torinese i ricorsi fatti solo dal patronato della Cgil negli ultimi mesi sono un migliaio». Dati indicativi di un territorio, che però possono essere estesi anche ad altre regioni. E Luca Caretti, segretario generale aggiunto Cisl Piemonte, lancia anche un altro allarme. «Mentre prima per le prestazioni di sostegno al reddito non c’erano particolari intoppi e c’è stata un’attenzione maggiore, ora anche il reddito di cittadinanza sta subendo dei ritardi. E a complicare tutto è la digitalizzazione: andrebbe considerato che l’utenza dell’Inps è sempre più anziana e non abituata a usare strumenti informatici quindi il servizio di sportello è ancora fondamentale».