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 2022  dicembre 08 Giovedì calendario

Intervista ai tre del Volo

Chi è dei tre che disse “Salve!” al Papa? Fuori il nome.
Piero: «Secondo lei chi è stato? Eh?»
Gianluca:«Okay, io, lo confesso. Ma nel 2014 ero maggiorenne da poco, mi ha fregato l’emozione. Sua Santità però mi ha risposto “Salve”, come niente fosse. Al terzo incontro, a Panama, nel 2019, gli ho persino chiesto una foto insieme. Fatta».
Piero: «Giuro che tra qualche anno scriverò un libro sulle nostre figuracce. C’è pure chi, all’udienza in piazza San Pietro, si è addormentato dietro gli occhiali da sole, accanto a Lewis Hamilton… vero Ignazio?».
Ignazio: «Mi ero svegliato alle 3 e mezza del mattino per arrivare a Roma alle 7, distrutto, mi è caduta la palpebra». Chiacchierata a quattro voci con Piero Barone (29 anni), Ignazio Boschetto (28) e Gianluca Ginoble (27), ovvero i tre tenori (meglio, due tenori e un baritono) de Il Volo, gruppo nato nel 2009 in un talent per bambini (Ti lascio una canzone). Dopo di che, con una vittoria a Sanremo 2015 in curriculum – adorati o snobbati, senza via di mezzo – rapidamente iscritti nella categoria «star internazionali» da sold out garantito, in perenne giro per il mondo: solo negli ultimi mesi gincana frenetica tra Canada, Usa, Giappone e Australia. Per chiudere con un tris di date italiane ( il 15 dicembre sono a Torino, il 17 a Milano, il 23 a Roma) e con il concerto di Natale da Gerusalemme («Luogo magico»), il 24 in prima serata su Canale 5.
Sul cellulare avete una raffica di selfie con Lady Gaga.
Piero: «Eccoli, vede? Sarà successo cinque anni fa, nelle cucine di un hotel di Washington».
E come ci siete finiti in cucina?
Piero: «C’era un evento benefico con la comunità italo-americana. Fuori la gente stava impazzendo, per stare tranquilli ci siamo nascosti lì dentro insieme a lei. Io e Gianluca, perché Ignazio come al solito dormiva. Lady Gaga è stata simpaticissima».
E siete molto, molto amici di...
Piero: «Del grande Placido Domingo, appena incontrato a New York. Con Laura Pausini ci teniamo sempre in contatto».
Ignazio: «E di Sharon Stone. L’abbiamo conosciuta a Montecarlo, ci si sente di continuo».
E un giorno del 2012, dal parrucchiere a Canyon Drive, Los Angeles…
Piero: «Eravamo in tour con Barbra Streisand. Mentre mi aggiustavano i capelli, facevo conversazione con una bellissima signora accanto a me. “Sa, domani cantiamo all’Hollywood Bowl”. “Complimenti, siete bravissimi”. La parrucchiera si chinò a sussurrarmi nell’orecchio: “Sai chi è, vero? L’hai riconosciuta? È Priscilla Presley!”. Ricambiai subito i complimenti. E la invitammo al concerto. Da quel momento, ogni volta che può, Priscilla viene a sentirci, è nata una grandissima amicizia».
Vi piace Elvis?
Piero: «Ma che domande: sììì».
Veloce autoritratto di voi da bambini.
Piero: «Molto vivace, troppo buono, odiavo il solfeggio ma ora ringrazio quelle lezioni. Assordavo mio fratello che cercava di studiare».
Ignazio: «Cantavo facendo finta che il pomello della tenda fosse un microfono».
Gianluca: «A 10 anni mi ponevo già dei quesiti esistenziali. Chi sono? Perché sono nato? Che senso avrà la mia vita? A quest’ultimo ho trovato risposta: il senso gliel’ ha dato la musica».
Tre adolescenti che dall’oggi al domani si ritrovano in America, sotto contratto con la Universal Music. Pensa se vi foste stati antipatici.
Piero: «Io e Ignazio abbiamo legato subito, tra siciliani. Poi con Gianluca, è venuto naturale».
Gianluca: «Tutto è stato molto veloce, non ce ne siamo nemmeno resi tanto conto. Sull’aereo per Miami guardavo fuori dal finestrino e non potevo crederci, euforia totale».
Ignazio: «Il giorno dopo mi sono fatto portare da Mel’s Diner per la colazione all’americana».
Piero: «Vivevo due vite parallele. Lì i party con Beyoncé e Quincy Jones. Tornato in Italia, non raccontavo niente a nessuno, per paura di passare per matto, ma avevo il terrore che finisse».
Nel 2013 tutto esaurito al Radio City Music Hall.
Ignazio: «Solo un anno e mezzo prima, fermi di fronte all’ingresso del teatro, sognavamo, un giorno, di salire su quel palco».
Gianluca: «L’importante è andare sempre avanti, restare al passo con i tempi, altrimenti è facile fare la fine di Nikka Costa».
La vittoria a Sanremo con «Grande Amore».
Gianluca: «Fino ad allora eravamo molto conosciuti solo all’estero, non qui in Italia, difficile da accettare. Era l’occasione perfetta, la rivincita del bel canto che al Festival non aveva più avuto successo dai tempi di Bocelli».
Piero: «Una gioia assoluta. A Catania, mi aspettavano in tanti con i cartelli, è stata una festa bellissima. Tornare a casa ogni tanto mi aiuta a ritrovare equilibrio, mi fa sentire la persona più normale del pianeta. D’estate vado sempre a pesca con il mio amico Enzo, usciamo in barca alle cinque del mattino, amo vedere l’alba. L’ultima volta ho preso una spigola da 5 chili».
Le Volovers, ossia le vostre più scatenate ammiratrici, fino a che punto di follia sono arrivate?
Gianluca: «C’è che si tatua sulla pelle i nostri nomi e cognomi. Chi ci segue in ogni tappa del tour in giro per il mondo. E chi ci aspetta ore sotto casa».
Piero: «Un giorno, in palestra a Phoenix, stavo correndo sul tapis roulant. Accanto a me c’era una ragazza che si allenava. Le sette e mezza del mattino, ero ancora assonnato. Ad un tratto metto a fuoco una scritta sulla sua caviglia. “Somiglia proprio al mio autografo”. Lo era».
Ci provano?
Ignazio: «Avoglia...».
Chi dei tre rimorchia di più?
Gianluca: «Non possiamo mica dirlo noi».
Vi bussano alla porta in hotel?
Ignazio: «Io se non conosco non apro. E poi ho fatto voto di castità» (ride).
Liti tra voi ne abbiamo collezionate?
Gianluca: «Nei momenti di stress capita. Ma abbiamo imparato a controllarci, prima succedeva più spesso».
Piero: «A Santo Domingo, eravamo in auto, io non mi sentivo bene, ero sudato. “Gianluca, dai, chiudi quel finestrino, mi arriva addosso lo spiffero”. E lui niente, un minuto dopo lo riabbassava, lo avrei ammazzato”».
Gianluca: «Si ma fuori c’erano 40 gradi e non avevamo l’aria condizionata».
Ignazio: «Mangio sempre per ultimo, spesso questi due non mi lasciano niente, manco il riso. Sono magri, ma divorano qualunque cosa».
Ha perso 34 chili. Come?
Ignazio: «Ho chiuso la bocca».
Piero: «Eravamo al buffet della colazione in Nuova Zelanda e…»
Ignazio: «No, a Kuala Lumpur».
Piero: «Vabbè, comunque di colpo Ignazio mi ha detto: “Voglio dimagrire”. “Bravo, allora vieni con me in palestra, allenati, impegnati. E da quel giorno è diventato un sex symbol...».
Ignazio: «Ora ho ripreso ad allenarmi dopo due anni, avevo di nuovo messo su 13 chili. Rinunce? No. Mangiamo sano. Piero è intollerante al maiale, così non lo prendiamo nemmeno noi. E tutti e tre non sopportiamo i latticini».
Ci vuole un fisico bestiale.
Piero: «Viaggiare tanto, scoprire il mondo è un privilegio. Amo correre, dovunque vada chiedo al concierge e mi faccio consigliare i percorsi migliori. Una volta è venuto pure Ignazio e l’ho quasi dovuto riportare in spalla».
Ignazio: «A Matera, faceva un caldo tremendo, 7 km e mezzo di salite e discese».
Gianluca: «Io mi alleno in palestra e cammino, non corro».
Il peggior difetto degli altri due.
Gianluca: «Piero è troppo razionale, Ignazio troppo istintivo. Entrambi permalosi».
Ignazio: «Io? Non è vero! Gianluca è troppo perfezionista, Piero testardo».
Piero: «Gianluca è prolisso, quando si fissa su qualcosa non smette di parlare finché non ti ha convinto, il giorno dopo ho il terrore di incontrarlo a colazione e che ricominci. Ignazio invece si tiene tutto dentro e all’ultimo scoppia e ti butta le cose in faccia. Sarebbe meglio che parlasse chiaro da subito. E poi è ritardatario, dimentica gli appuntamenti, si addormenta».
Ignazio: «No, sei tu un gran rompiscatole».
Incidenti di percorso sul palco?
Gianluca: «Ignazio è caduto e pure io, inciampando in una sedia pieghevole».
Ignazio: «Mi è capitato di uscire in scena con in mano il cellulare invece del microfono».
Piero: «A Budapest, dodicesimo brano l’Ave Maria, inizio a cantare ma non mi esce la voce. Ignazio mi guarda storto. Credeva che scherzassi. Avevo preso un colpo di freddo per colpa di una grossa ventola che sparava aria gelata. Abbiamo dovuto interrompere per una ventina di minuti, il tempo di prendere del Bentelan».
Né rapper né trapper. Chi vi critica dice che fate «musica da vecchi».
Gianluca: «Giusto rispettare ogni parere, le critiche fanno bene. Noi però andiamo avanti a fare ciò che più ci piace, che rende felici noi e milioni di persone».
Piero: «Prima i commenti negativi ci innervosivano, erano duri da digerire, adesso ci fanno bene. Però c’è una sottile differenza tra critica e offesa».
Paura che uno dei tre decida di staccarsi e proseguire la carriera da solo?
Gianluca: «Non siamo una classica band con un frontman. Ma tre cantanti, tre leader».
Piero: «Sappiamo bene che la nostra forza è il gruppo. La gente vuole sentire tutti e tre insieme. E anche se, durante i concerti, ognuno ha il proprio spazio, lo sappiamo anche noi che uniti siamo un’altra cosa».