Corriere della Sera, 8 dicembre 2022
La Cina quadruplicherà le sue testate nucleari
È possibile che l’andamento della guerra in Ucraina stia modificando i piani di Xi Jinping su Taiwan, l’isola che Pechino considera parte della Cina e vuole portare sotto il proprio controllo. I vertici del Partito Comunista Cinese (Pcc) si sono resi conto che, nel Ventunesimo Secolo, modificare i confini con la forza è un’impresa pericolosa, sia sul terreno sia sul piano politico e diplomatico. La lezione dell’Ucraina è oggi uno degli input che determinano le strategie dell’Esercito Popolare di Liberazione (Pla nell’acronimo inglese). Ciò non significa però che il rafforzamento militare cinese stia rallentando. In un rapporto presentato la settimana scorsa al Congresso di Washington dal ministero della Difesa americano («Sviluppi militari e di sicurezza che coinvolgono la Repubblica Popolare di Cina»), si legge che entro il 2035 Pechino moltiplicherà quasi per quattro il numero di testate nucleari che ha a disposizione: ora sono 400 e la previsione Usa è che salgano a 700 in sei anni, a mille nel 2030 e a 1.500 nel 2035. Finora, il Pla ha puntato relativamente poco sul nucleare militare ma, se il calcolo degli americani è corretto, il gap oggi esistente con l’arsenale nucleare Usa, di 3.750 testate attive, si restringerebbe significativamente. Il rapporto del Pentagono sottolinea che il XX Congresso del Pcc dello scorso ottobre ha dato l’indicazione di «accelerare e intensificare» la modernizzazione dell’Esercito nei prossimi cinque anni, «incluso il rafforzamento del suo “sistema di deterrenza strategica”», cioè la capacità nucleare. Un pilastro della strategia cinese è la fusione di attività militari e civili in modo che le une rafforzino le altre. Il documento americano sottolinea poi l’ammodernamento e lo sviluppo del Pla: 975 mila donne e uomini attivi in unità da combattimento; 340 navi e sottomarini, per numero la maggiore flotta al mondo (ma non ancora la più potente); 2.800 aerei ed elicotteri di cui 2.250 da combattimento, la prima forza aerea della regione e la terza al mondo; numerosi lanciatori e basi missilistiche, con 135 missili testati nel 2021. Tutto integrato e digitalizzato. Nel frattempo, invece, la spesa militare americana, attorno al 3% del Pil, è in calo e sotto alla media di oltre il 4% degli scorsi 50 anni. Una tendenza che ai militari Usa (e a Taiwan) non piace.