Corriere della Sera, 8 dicembre 2022
Castillo arrestato, macato golpe in Perù
Finale da operetta per la presidenza di Pedro Castillo in Perù. Ieri pomeriggio, alla vigilia del voto in Parlamento che lo ha poi destituito «per incapacità morale», l’ex maestro-contadino eletto a sorpresa nel 2021 ha tentato la mossa disperata. Un auto-golpe: ha annunciato la dissoluzione del Congresso e lo stato di emergenza nazionale. Nessuno, però, lo ha seguito in quest’avventura senza rete. Quasi tutti i ministri hanno dato le dimissioni immediate, denunciando il colpo di Stato mentre i deputati continuavano a votare per liberarsi da un leader senza più seguaci. Dall’ambasciata statunitense a Lima è arrivato un duro altolà e anche i vertici di forze armate e polizia hanno subito preso le distanze. Finalmente, la tensione si è dissolta con un lungo applauso nell’aula del Congresso: con 101 voti favorevoli, 6 contrari e 10 astensioni, i deputati hanno destituito il presidente, «in difesa della nostra democrazia e della Costituzione».
Lo psico-dramma si è concluso in poche ore con l’arresto di Castillo che assieme alla famiglia aveva lasciato alla chetichella, dalla porta posteriore, il palazzo di governo e stava tentando la fuga verso un’ambasciata “amica” – forse quella messicana – su un’auto carica di valigie. Secondo le prime ricostruzioni, sarebbe stata una folla di cittadini infuriati a circondare e bloccare la vettura per impedirgli la fuga. Alla fine, l’ormai ex presidente è stato arrestato sull’avenida España ed è stato trasferito nella sede della Prefettura di Lima. L’accusa è di «sedizione in flagranza di reato», in violazione della Costituzione. La vicepresidente Dina Boluarte ha giurato assunto le funzioni di capo di Stato.
Il Perù è abituato ai colpi di scena presidenziali ma non si era mai vista un’uscita di scena così umiliante. Insediato nel luglio 2021, Castillo è stato ripetutamente oggetto di richieste di impeachment per “incapacità morale” e di ben sei inchieste giudiziarie per corruzione e traffico di influenze. L’11 ottobre, la magistratura inquirente ha presentato ricorso costituzionale, accusandolo del reato di “organizzazione criminale”. Non era mai successo prima in Perù, Paese pure abituato alla corruzione dei propri leader.
Dal 2016, il Paese latino-americano è prigioniero di una lotta senza quartiere fra congressi e capi di Stato che cercano di eliminarsi a vicenda. Il presidente Martin Vizcarra (2018-2020) ha sciolto il Congresso nel 2019 e indetto elezioni anticipate, ma la nuova legislatura lo ha rimosso l’anno successivo. Poi è toccato al presidente Manuel Merino, durato meno di una settimana. Il suo successore, Francisco Sagasti, ha resistito a fatica nove mesi prima dell’elezione di Pedro Castillo.
Vedremo ora se una donna riuscirà a districarsi nella palude politica che stringe in una morsa il Perù ormai da vari decenni ma anche ad affrontare una crisi economica aggravata dalla peggiore siccità degli ultimi cinquant’anni e dal Covid che continua a colpire. Dina Boluarte, avvocato di 60 anni, è la prima presidente donna negli oltre 200 anni di repubblica indipendente del Perù. Bilingue in spagnolo e quechua, è stata ministro dello Sviluppo e dell’inclusione sociale.
Si chiude per sempre invece la parabola di Castillo, il primo presidente di umili origini contadine in un Paese finora dominato da un’élite politica urbana, che alle elezioni sconfisse per una manciata di voti la candidata delle destre Keiko Fujimori, figlia dell’ex presidente-dittatore Alberto.