Corriere della Sera, 7 dicembre 2022
Biografia di Yassine Bounou
Yassine Bounou, detto Bono, nella decisiva partita contro il Belgio ha chiesto il cambio durante l’inno per un attacco di vertigini e chissà cosa proverà adesso che il Marocco è arrivato sin lassù, per la prima volta nei quarti del Mondiale e tanto per merito suo (il re del Marocco si è congratulato con tutta la squadra). Prima dei rigori ha scherzato e abbracciato il suo collega Unai Simon, avviandosi con lui verso la porta. Tranquillo, sereno, apparentemente distaccato. Ma anche concentratissimo. Tanto bravo, quanto modesto. «Ho avuto un po’ di fortuna, in certi momenti serve anche quella», racconta dopo aver stregato Soler e Busquets e aver mantenuto inviolata la propria porta.
«Sono felice per la gente che ci sostiene. Aver battuto la Spagna è un’impresa. Nessuno lo avrebbe detto all’inizio, ma noi conoscevamo il nostro valore. Con i tifosi al nostro fianco possiamo arrivare lontani». Attorno a lui si scatena la festa, fuori dall’Education City e dentro lo spogliatoio dove fanno tenerezza le immagini di Hakimi con il figlioletto. Bounou è tranquillo, come se fosse finita una partita qualsiasi. «Ancora non mi rendo conto di cosa è successo. So che ora dobbiamo rilassarci e pensare alla prossima partita perché il Mondiale non è finito e il Marocco vuole continuare a stupire».
Per Bono è una soddisfazione doppia visto che la Spagna è il suo campionato. Nato in Canada, a Montreal, da genitori marocchini, ma a due anni è andato a Casablanca dove si è formato e ha cominciato la sua avventura. Sono 14 i giocatori del Marocco nati all’estero, ma solo lui lontano dall’Europa. A 19 anni gioca la finale della Champions d’Africa per l’infortunio del portiere titolare. Perde la partita, ma desta una grande impressione e si trasferisce in Spagna dove non ha vita facile nell’Atletico Madrid, chiuso da Oblak, uno dei migliori del mondo. Ma Bounou non è tipo da perdersi d’animo e con pazienza e fiducia prova a risalire la corrente partendo da Girona, poi Saragozza, adesso al Siviglia dove si prende la soddisfazione di vincere il premio Zamora davanti a Courtois, il portiere del Real Madrid. La sua carriera dopo l’exploit in Qatar potrebbe decollare anche se ha superato la trentina (ha 31 anni per la precisione). Ma non lo dite a questo ragazzo dalla faccia d’angelo, altrimenti vi risponderà che lui pensa solo al Mondiale. Come dargli torto. È uno dei leader, uno dei più ascoltati nello spogliatoio insieme a Amrabat e a Hakimi, e adesso che si sente al centro dell’avventura più bella del mondo non vuole svegliarsi. La squadra che ha battuto la Spagna vuole altre imprese, sabato c’è il Portogallo. Con il cuore e con l’anima, con la difesa di ferro e le ripartenze. Anche con le parate di un portiere che si è fatto da solo.