il Giornale, 7 dicembre 2022
Intervista a Jack Herndon: «La Cina considera l’Italia il ventre molle d’Europa»
«Non ci sono frontiere. Il Partito Comunista Cinese (Pcc) pratica i suoi metodi di repressione politica ovunque, se teme che gli interessi e la longevità del partito siano insidiati». Jack Herndon studia la Cina da circa 15 anni. Responsabile di diversi programmi per l’International Republican Institute, organizzazione non-profit fondata nel 1983 da Ronald Reagan per promuovere libertà e democrazia nel mondo, dopo due master all’Università di Nanchino e alla Johns Hopkins University, Herndon dal 2018 monitora l’influenza della Repubblica popolare cinese (Rpc) a livello globale. E ci aiuta oggi a capire cosa sta succedendo a livello mondiale, e soprattutto in Italia, dopo la denuncia della Ong «Safeguard Defenders» sulla presenza di 102 «stazioni di polizia» cinesi non ufficiali, sparse per il pianeta, di cui ben 11 in Italia, e che hanno lo scopo di controllare ed eventualmente costringere i dissidenti a tornare in patria, anche se ufficialmente lavorano per il disbrigo di pratiche burocratiche.
È la prova che il regime cinese sta usando metodi brutali in tutto il mondo?
«Il Pcc ha una metodologia sistematica per tracciare e monitorare le attività dei cittadini della Repubblica popolare cinese nel mondo. Teme che i paesi stranieri possano diventare focolai di dissenso politico e utilizza influenza e coercizione, spesso prendendo di mira i familiari dei cittadini cinesi, in Cina, per impedir loro di parlare in modo critico del partito. Succede spesso agli studenti cinesi all’estero».
Come si può fermare questa pratica? Come dovrebbe muoversi l’Occidente?
«La soluzione alle stazioni di polizia segrete, istituite in Europa senza la conoscenza e il consenso del paese ospitante, è la loro chiusura. Dovrebbe essere chiaro alla Cina che la sorveglianza extraterritoriale dei suoi cittadini in Europa non sarà tollerata e potranno esserci conseguenze reali nei rapporti bilaterali, visto che la cooperazione tra forze dell’ordine di due Paesi non è rara».
In Italia le «stazioni di polizia» sono 11. È il numero più alto al mondo. Roma ha forse chiuso un occhio?
«Le stazioni di polizia sono segrete, non sono certo state istituite con la conoscenza e il consenso del governo italiano. Sotto questo aspetto, il vostro Paese non è diverso da altri dove sono sorti quegli uffici. Ma Pechino percepisce chiaramente l’Italia come il ventre molle d’Europa su molte questioni di interesse strategico. Così i servizi di intelligence cinesi hanno dedicato più risorse per monitorare e potenzialmente costringere la diaspora cinese in Italia».
Tredici Paesi, ultima ieri la Nuova Zelanda, hanno avviato indagini di polizia. È abbastanza? Che altri strumenti servono?
«Abbiamo bisogno di uno sforzo governativo organizzato per sviluppare abilità e capacità umane per comprendere la Cina e il Pcc in modo da capire le sue attività finalizzate a influenzare e infiltrarsi nelle nostre società democratiche. Abbiamo investito troppo nello sviluppo di legami commerciali con la Cina e abbiamo ignorato lo sviluppo di una comprensione più profonda del sistema politico cinese e delle strategie del Pcc».
Le ultime settimane di proteste in Cina sono un segnale per il regime? Che momento vive Pechino?
«Penso che sia troppo presto per presumere che le proteste in Cina significhino che Pechino sta mostrando crepe nella sua capacità di esercitare il controllo sulla società».
La notizia delle stazioni di polizia segrete è la prova che se sei nato sotto una dittatura non sarai mai davvero libero? Anche se vivi in un paese democratico?
«Se sei un cittadino cinese o hai legami significativi con la Cina, sei sempre soggetto a potenziale coercizione o repressione per servire gli obiettivi statalisti di Pechino. Questo non significa che ogni cittadino cinese all’estero lo sia».
Una nuova legge in Cina stabilisce la piena extraterritorialità su cinesi e stranieri per alcuni reati. Pechino può fare tutto ciò che vuole anche all’estero?
«Sappiamo che la Cina applica attivamente queste leggi extraterritorialmente, dove non ha giurisdizione. Pechino continuerà a sondare fino a quando non incontrerà l’acciaio, continuerà ad applicare queste leggi ed eserciterà la sua influenza in modo più determinato fino a quando non ci sarà una risposta inflessibile ed energica dei governi democratici per limitare la sua portata. Non pensano di poter fare quello che vogliono, ma faranno tutto ciò che possono».