Corriere della Sera, 7 dicembre 2022
Lady Soumahoro a Palazzo Chigi da Berlusconi
Ero davanti alla tv, parte un servizio su Soumahoro e appare la sua compagna. Sulle prime dico tra me e me “mah, può essere...”. Poi ho guardato meglio, ed era davvero lei».
Questo racconto comincia con la testimonianza di Laura Boldrini. Che, all’inizio dello scandalo che ha travolto la cooperativa Karibu di Marie Therese Mukamitsindo e macchiato l’immagine del di lei compagno della figlia Aboubakar Soumahoro, sta seguendo una trasmissione in tv. L’ex presidente della Camera, che ha un passato importante nell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, conosce Soumahoro e ha incontrato anche Marie Therese Mukamitsindo. Le manca, o quantomeno è quel che crede fino a quel momento, la figura di Liliane Murekatete, figlia di Therese e compagna di Aboubakar.
Sembra la scena finale de I soliti sospetti, quando il commissario interpretato da Chazz Palminteri scruta con attenzione la lavagna di fronte alla quale ha interrogato l’anonimo personaggio interpretato da Kevin Spacey. E accende un nuovo faro sulla storia della donna più «cercata» d’Italia. La cooperante dalle borse e dagli abiti firmati, la «Lady Soumahoro» che qualcuno ha ribattezzato «Lady Gucci», la «CooperaDiva» (copyright Dagospia), la donna che invoca per interposta persona «il diritto all’eleganza» (copyright Soumahoro), la bellezza che in alcuni scatti del Web ripiombati dal passato posa in vesti a dir poco succinte. Ma soprattutto, e qui la storia è talmente sorprendente da far impallidire anche l’intreccio del Bel Ami, l’ex sconosciuta che attraversa quattro diverse legislature con quattro travestimenti differenti: governi Berlusconi II e III, Prodi II, Berlusconi IV e l’inizio del Meloni I come ultracelebre compagna di un deputato dell’opposizione.
Intervistato su La7 nel programma di Massimo Giletti, l’ex berlusconiano Michelini racconta di come la giovane Liliane Murekatete, che all’inizio degli anni Duemila lavora con lui, si presentasse come «nipote del premier ruandese». Quando la Task Force del governo Berlusconi per l’Africa va in missione in Rwanda, «il premier me l’ha presentato lei dicendo: “È mio zio”».
Ma com’era arrivata una ragazza poco più che ventenne a lavorare per il governo Berlusconi? Racconta Laura Boldrini: «Ogni 21 giugno si tiene la Giornata mondiale del rifugiato. Per l’occasione, l’Alto commissariato chiede alle organizzazioni di segnalargli alcuni testimoni da far intervenire alle celebrazioni. Viene segnalata Liliane. Che infatti prende la parola. Era l’inizio degli anni Duemila. Qualche tempo dopo incontro Michelini, che mi dice: “Ma lo sai che quella ragazza che è intervenuta il 21 giugno l’abbiamo presa a lavorare con noi?”». Solo quindici anni dopo, nel 2017, durante la consegna di un premio, Boldrini farà la conoscenza della mamma Maria Therese Mukamitsindo e ritroverà la giovane Liliane conosciuta anni prima.
Ma che cos’aveva fatto lei negli anni precedenti? Dai primi anni Duemila all’autunno del 2011, quando cade il governo Berlusconi IV, non si muove da Palazzo Chigi. Nel 2006 Michelini la segnala al governo Prodi insieme a un’altra componente della sua segreteria. E quando i berlusconiani tornano al governo due anni dopo, ecco che Liliane è ancora al suo posto. Solo che stavolta sale di grado e «assume addirittura il ruolo – è sempre Michelini che parla – di rappresentante personale facente funzioni». Racconta l’ex senatrice Mariarosaria Rossi, in quella fase il braccio operativo del Cavaliere: «C’era una persona che assomigliava a lei che lavorava per il governo a quel tempo. Potrebbe essere la compagna di Soumahoro? Col condizionale rispondo sì, potrebbe». È possibile che Liliane Murekatete frequentasse le residenze private di Berlusconi? «La risposta è assolutamente no. Ad Arcore di sicuro non è mai venuta», replica Rossi.
Il 21 giugno di una ventina di anni fa, durante la Giornata mondiale del rifugiato, la vicenda di Liliane prende un’altra piega. Vent’anni dopo è tutta un’altra storia, con decine di altre storie in mezzo. Gli scatti piccanti tornati a circolare sulla Rete hanno adesso una firma, quella del fotografo Elio Carchidi. Scattate nel 2012, non erano state richieste o acquistate da nessuno. Oggi vanno a ruba. Anche se è partita, dai legali di lei, una diffida alla pubblicazione.