La Stampa, 7 dicembre 2022
Sissi, icona femminista
Le Principesse funzionano sempre, meglio ancora se infelici. Nello scorso secolo era stata Soraya, infelice sposa di un sovrano che l’aveva ripudiata causa infertilità. Trasversali alle generazioni sono state le vicissitudini delle principesse di Monaco, da Grace (Kelly) a Carolina e Charlène. Altrettanto mediatizzata fu Margaret, sorella di Elisabetta II per non parlare di Diana Spencer: dopo il matrimonio del secolo, la separazione più chiacchierata, fino alla morte violenta che l’assegnava per sempre all’empireo degli eroi giovani e belli.
Questo per dire che l’immortalità di Sissi, al secolo Elisabetta Amalia Eugenia di Wittelsbach, duchessa di Baviera e imperatrice d’Austria (1837-1898), personaggio storico innestato su una figura da fiaba, non è cosa poi così strana. Anzi per molti il parallelo tra lei e Lady D è immediato, per questo destinato alla stessa inesausta dedizione popolare; il che significa decine di film e serie tv, tutti, va detto, molto lontani dalla verità storica. Ma le leggi dell’amor romantico e dell’audience l’impongono, qualche «piccolo aggiustamento».
Il culto per Sissi prende le mosse un secolo fa con il film muto Elisabetta Imperatrice d’Austria di Rolf Raffé, ha la sua apoteosi con l’eterna saga della Principessa Sissi interpretata da Romy Schneider a metà Anni 50 e nel 2009 una tappa italiana, protagonista Cristiana Capotondi. Dopo anni di quiete, la principessa tedesca è tornata nel 2022 a furor di popolo: protagonista di due serie (entrambe rinnovate per una seconda stagione) e un film. Questo, Il corsetto dell’Imperatrice arriva oggi nelle sale preceduto dal successo al Festival di Cannes: la regista Marie Kreutzer, rivale austriaca di Mario Martone nelle nomination agli Oscar e agli Efa mette in scena una Elisabetta quarantenne, in crisi coniugale e di identità: si nasconde dietro a un velo, si strizza nel corsetto del titolo per celare il passare del tempo, vagheggia gli amori passati e fugge da Vienna nella speranza di tornare invisibile. La sua interprete, Vicky Krieps, ha vinto il premio per l’interpretazione nella sezione «Un certain regard».
È invece giovanissima la Sissi affidata a Devrim Lingnau in L’imperatrice-The Empress, serie Netflix tra le più viste dell’autunno sulla piattaforma, di cui è stata subito commissionata la seconda stagione. Qui, rapidamente archiviata la fase innamoramento e corteggiamento tra lei e Franz, la vediamo imperatrice a Vienna, mentre il popolo rumoreggia e lei deve destreggiarsi tra una suocera invadente, i cortigiani nido di vipere e un cognato che la insidia.
Quella che più accentua il parallelo con Lady D è la serie in onda su Canale 5: un anno fa la prima stagione di Sissi lanciò il fenomeno: fu vista da una media di 3 milioni di spettatori a episodio, con percentuali femminili anche molto giovani (oltre il 40% sotto i 35 anni). Dal 28 dicembre, per tre serate, Mediaset propone la seconda stagione: interpretata sempre dall’americana di origini svizzere Dominique Davenport, la sua Elisabetta è irrequieta e un po’ depressa, vagamente anoressica e ribelle alle imposizioni di corte. «Parte dell’aumento di interesse per Sissi è il desiderio di trovare pià narrazioni femminili», dice Devenport, secondo cui le domande che Sissi pone a se stessa nella serie sono quelle con cui molti giovani di oggi possono relazionarsi: «Come posso rimanere me stesso; quali decisioni prendo, come tengo il passo con ciò che ci si aspetta da me?». Nelle puntate in arrivo si parte dalla nascita dell’erede, per poi spostarsi sulle incomprensioni tra lei e Franz, che pare avere un debole per le lusinghe (e le belle donne) della corte, mentre Elisabetta si trova a dover resistere all’attrazione per un impavido ungherese, il Conte Gyula Andrássy. Canale 5 ci conta molto per tenere alti gli ascolti sotto l’Albero.