La Stampa, 7 dicembre 2022
Romania, italiani sul fronte
«A-l-p-h-a scramble, A-l-p-h-a scramble». Una voce metallica di donna rompe i cieli grigi e gonfi di nuvole della base Nato di Costanza, l’estremo avamposto del fianco Est. Poi, la sirena. Quattro secondi a tutto volume e l’allarme è partito. Un velivolo sospetto ha invaso lo spazio aereo romeno dell’Alleanza e non comunica più con la base. Notte, giorno, non c’è tregua né vacanza, né Natale, per i soldati italiani che fanno scudo alle minacce dall’alto, a novanta chilometri dal confine ucraino e a duecento dalla Crimea, dalla "russa" Sebastopoli.
I sette piloti dell’Aeronautica militare sono arrivati il 14 novembre e da oggi sono operativi, dopo i test. Per difendere la regione del Mar Nero da minacce e ingressi non autorizzati, hanno meno di quindici minuti per partire: «Scramble, decollo rapido». In volo potrebbe esserci un aereo che si è perso per errore, o potrebbe essere la guerra. Infilare la tuta, prendere l’attrezzatura, ogni secondo è prezioso. E poco importa se, come ieri, il termometro segna 3 gradi e il vento taglia la faccia a 25 nodi. I caschi sono in posizione su due dei quattro Eurofighter Typhoon parcheggiati al caldo negli hangar costruiti in tempo record. Scatta la corsa per raggiungerli. Si apre il "deposito", rollaggio, in volo: «Con questi motori siamo in grado di alzarci praticamente in verticale, se necessario», spiega il colonnello Michele Morelli, comandante della Tfa-Romania (Task Force Air) Gladiator, che fino al 31 di luglio farà pattugliamento dei cieli su questo fronte, per conto degli Alleati. Enhanced air policing, difesa aerea rafforzata. È la terza volta dal 2019. Abbiamo dato il cambio ai canadesi, e prima ancora c’erano i britannici.
Ma è chiaro che, dal 24 febbraio, il mondo è cambiato, e l’allerta dei militari stanziati sulle coste della Romania è ad alti livelli. La base Mk (Mihail Kogalniceanu) è costruita su asfalto sovietico. Confina con quella americana, che quattro mesi fa ha visto un evento storico: dopo ottant’anni, Washington ha deciso di rafforzare questo fianco inviando la 101ª Brigata Aviotrasportata, che non veniva in Europa dalla Seconda Guerra Mondiale. Da 2.000 soldati, sono passati a 5.000, perché la situazione internazionale lo richiede. «La capacità di deterrenza dal territorio romeno - continua Morelli - funziona, perché a differenza che in altre aree, ad esempio la Polonia, i velivoli russi non hanno mai varcato il confine Nato». Eppure, gli "scramble" sono più che frequenti, nell’attività del contingente dell’Alleanza dispiegato qui, in un Paese che ormai ospita una notevole presenza militare, dove sono presenti anche i francesi con il loro sistema di difesa missilistica Mamba. «Quando il centro operativo di Torrejon, in Spagna, che sorveglia i cieli di tutti i Paesi Nato a Sud delle Alpi, lancia un allarme, due dei nostri Eurofighter partono e affiancano il velivolo sospetto, fino all’identificazione».
Sono armati e pronti a sparare: missili infrarossi a corto raggio, missili aria-aria a medio raggio Amraam e cannoni Mauser per il combattimento ravvicinato, ben visibili appena ci si avvicina al caccia, «che finora, fortunatamente, non sono mai stati usati». Ieri, nubi troppo basse, sotto i settanta metri di altezza, hanno impedito un’esercitazione. Ma in caso di rischio, gli uomini del colonnello Morelli partono anche con scarsa visibilità. Il comandante ha prestato servizio in Afghanistan, a Herat, nel 2014, dove ha guidato la missione che ha costruito scuole per le studentesse minacciate dai taleban, e visto le prime elezioni nel Paese, partecipate anche dalle donne. Ora, è a capo di 150 soldati e soldatesse a Costanza. «Il nostro impegno non è cambiato con la guerra - dice -, ma è chiaro che abbiamo una grande responsabilità».
A pochi chilometri dal contingente italiano, un altro battaglione sorveglia h24 i cieli. È quello francese, arrivato ad aprile, dopo l’invasione di Putin in Ucraina. Ironia della sorte, nel 2008 proprio da Bucarest la cancelliera tedesca Angela Merkel ribadiva il suo no all’ingresso di Kiev nella Nato. Oggi, da questi stessi confini, i soldati di Macron e la tecnologia missilistica di fabbricazione francese Mamba, ci difendono coi radar dai pericoli aerei: missili da crociera, missili balistici tattici, droni. Dopo chilometri nel nulla, arriviamo verso il mare. La centrale operativa è agile, montata su dueveicoli blindati che fungono da cabina di regia delle operazioni. In caso di necessità, viene autorizzato il lancio di otto missili della contraerea. I militari francesi scandagliano il cielo coi radar, per un raggio di 100 chilometri in direzione delle acque. Muovono continuamente l’obiettivo sui computer. «In 10-20 secondi, i missili sarebbero pronti a partire - spiega il Chief Operation, Chris -. Per fortuna, non abbiamo intercettato nessuna minaccia russa».
Sono le 16,36 e il sole cala sulla gelida terra della base militare. Lì, come dagli italiani a Mk, dove fucilieri dell’aria addetti alla sicurezza e piloti si danno il cambio, si continua a lavorare senza sosta. Di qualche ora prima, le notizie che un drone ha colpito la regione russa di Kursk. Solo due giorni fa, un razzo è caduto sul territorio moldavo dopo un raid di Mosca. Se la guerra sembra sempre più un conflitto lento e lungo da risolvere, gli avamposti americani e della Nato, sul fianco Est, sono l’ultimo baluardo. «Un’offensiva di Mosca verso questo territorio dovrebbe arrivare dritta dal mare», spiega ancora il colonnello Morelli. Fortezza Bastiani di un attacco alla Nato, che si spera non arriverà mai: «Noi siamo preparati ad ogni scenario».