ItaliaOggi, 7 dicembre 2022
Il Grana di Verdi
Non solo uno dei più grandi compositori di tutti i tempi. Ma anche illuminato imprenditore agricolo e tra i «padri nobili» del Grana Padano. È il ritratto di un Verdi inedito quello restituito dal volume Viaggio tra i caseifici del maestro, edito da Mondadori Electa, con il contributo del Consorzio tutela Grana Padano. Non tutti forse sanno che nelle vaste tenute di Piantadoro e Castellazzo, che l’autore del Nabucco e della Traviata possedeva nel comune piacentino di Villanova sull’Arda, Verdi applicò «modelli di produttività fondati sui sistemi adottati dalla più moderna borghesia agraria italiana ed europea».
L’interesse per l’agronomia, si legge nel volume, è documentato dai numerosi trattati presenti a Sant’Agata, la residenza nella quale Verdi abitò per 50 anni e dalla sua corrispondenza con esperti del settore e con i fattori delle sue tenute. I criteri moderni furono adottati anche nell’allevamento del bestiame e nella produzione e trasformazione del latte: in particolare, Verdi «si rivelò conoscitore di tecnologie all’avanguardia, finanziò la costruzione di moderni fabbricati e suggerì agli operatori la necessità di frequentare scuole di professione casearia».
Proprio a Sant’Agata, dunque, dove trascorse l’ultimo mezzo secolo di vita, Verdi non solo scrisse quasi tutte le sue opere, ma fu anche, come sottolinea Renato Zaghini, presidente del Consorzio Tutela Grana Padano, «imprenditore agricolo attento e innamorato della sua tenuta», oggi in provincia di Piacenza, in un territorio che produce il Grana Padano Dop. Ironia della sorte per un parmigiano (o, meglio, parmense, dal momento che nacque a Roncole, piccola frazione del comune di Busseto, in provincia di Parma) doc come il grande musicista.
Come raccontano gli autori del volume (Maura Quattrini, insegnante di lettere e autrice di diverse ricerche di storia locale, e Davide Demaldé, farmacista, appassionato di musica e storia locale), ai frati cistercensi si attribuisce la produzione, già nel XII secolo, del caseus vetus (formaggio vecchio), così chiamato per la lunga stagionatura. «Nelle campagne la gente, che aveva poca dimestichezza con il latino, cominciò a chiamarlo grana in virtù della sua pasta compatta e granulosa per i piccoli cristalli di calcio residui del latte trasformato». Oggi il termine «grana» costituisce parte integrante e caratterizzante della Denominazione di origine protetta (Dop) e come tale può e deve essere utilizzato unicamente in abbinamento al termine «padano» e con riferimento al formaggio che presenti le caratteristiche previste dal disciplinare dell’omonimo formaggio Dop.
Tornando a Verdi, le visite del maestro ai suoi caseifici erano un evento per le comunità locali, come testimoniano i racconti dei pronipoti dei cosiddetti «casari di Verdi»: il Campioli, gestore del caseificio di Castellazzo e gli Allegri e i Cavalli a Piantadoro. Ricordi, aneddoti e memorie, tramandati di generazione in generazione, raccolti, ricostruiti e contestualizzati dagli autori del volume, la cui particolarità è proprio che, oltre che su fonti di archivio e documenti inediti, si basa su testimonianze orali in grado di restituire un minuzioso quadro di costume.
Realizzato grazie allo stimolo e al contributo del Consorzio Grana Padano, il volume (144 pagine, 45,00 euro) è anche corredato da un ricco apparato iconografico.