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 2022  dicembre 07 Mercoledì calendario

Le anime tormentate di Hollywood

Quel senso di dramma incombente nonostante la gloria, il successo, l’aspetto. L’immagine del bel tenebroso, del divo carismatico e maudit ha colonizzato il grande schermo e l’immaginario collettivo del secolo scorso. Sensuali, ma destabilizzanti. Belli e dannati, volti tragici del cinema del Novecento (Odoya, autore Luigi Luca Borrelli) passa in rassegna cent’anni di grandi attori dalla personalità tormentata. Splendori e malinconie, fragilità dietro la maschera. E in tutti loro c’è stata una somiglianza impressionante tra la settima arte e la realtà. Benvenuti nella casa degli specchi di Hollywood, macchina di sogni e incubi.
Il pioniere è l’italoamericano Rodolfo Valentino, seduttore universale e gender fluid ante litteram. Una figura modernissima e senza tempo, zenit del magnetismo mediterraneo in auge all’epoca del muto. La sua carriera da leggenda dura cinque anni, ma sembra infinita. È “il primo di una lunga fila di uomini belli e maledetti che, dopo aver condizionato gli stili e i pensieri di milioni di persone nel mondo, pagano l’alto prezzo dell’immortalità attraverso la morte stessa”. Quando scompare nel 1926, per una peritonite, a 31 anni, il lutto è fragoroso e globale. Nel 1939 esce anche Jess il bandito, la pellicola che fa di Tyrone Power una star. Manda in deliquio la platea femminile. Interpreta giovani uomini angustiati dal destino. Anche lui muore presto, nel 1958 e a 44 anni, sul set. A fine anni Quaranta il ribelle è lui: John Garfield, scuro come ancora d’ordinanza, nella black list paranoica del senatore McCarthy. Il suo corpo viene ritrovato il 21 maggio del 1952. Libertà sessuale, sovvertire i codici hollywoodiani dall’interno. Ecco la nuova generazione dell’Actors Studio. Purtroppo Montgomery Clift nutre una passione smodata – un classico, nel regno planetario immateriale di Los Angeles – per l’alcol. Vi annega lo spleen e un rapporto conflittuale con la dimensione di icona. Se ne va nel 1966, a 46 anni.
James Dean si schianta su una Porsche a 24 anni in un incidente d’auto. Come uno degli interpreti di Gioventù bruciata, uscito nello stesso 1955: il titolo originale è Rebel without a cause e gli aderisce alla perfezione. “Una novità nel panorama dei belli e dannati, tendente al castano e con gli occhi verdi. Distante sia dal carattere latino che dallo statunitense forte”. Generazioni di adolescenti continuano a immedesimarsi. Mascella quadrata e occhi languidi, Marlon Brando riceve fama, un benessere inaudito e altrettante batoste scespiriane. Sulla scia de Un tram chiamato desiderio e Fronte del porto, è il sex symbol degli anni Cinquanta. Rivoluziona l’outfit maschile con una maglietta bianca attillata a mezze maniche e un cappotto di pelle. Dice Elia Kazan: “È bisessuato come deve esserlo l’artista: delle cose ha una percezione al contempo maschile e femminile”. Il padrino, Ultimo tango a Parigi, Apocalypse Now: in seguito le sue fattezze prendono a trasformarsi incessantemente, radicalmente.
Biondo e occhi di ghiaccio, atletico, intrepido, Steve McQueen è uomo in rivolta contro se stesso. È consacrato al movimento, alla velocità, al futuro; “the king of cool”, col suo maglione dolcevita blu sotto la giacca di tweed con le toppe. Ci saluta nel 1980, cinquantenne, per un mesotelioma pleurico provocatogli dall’amianto delle tute da pilota che indossava per farci fantasticare in sala.
Fino all’ultimo martire a stelle e strisce all’alba dei Novanta, River Phoenix: del resto il suo film più rappresentativo si intitola così nella traduzione italiana, Belli e dannati. E in Europa? Luigi Luca Borrelli elenca numerosi esempi. Ne citiamo qualcuno. Il tragico apologo del nostro Osvaldo Valenti, fucilato insieme a Luisa Ferida dai partigiani per la sua vicinanza ai torturatori della Decima Mas. Il francese Gérard Philipe, “il volto più incantevole della Francia del dopoguerra”: quando muore di cancro a 37 anni, nel 1959, una sua fan si getta dalla Torre Eiffel. E poi misconosciuti antieroi dell’Europa dell’Est sotto la cortina di ferro. Tipo Zbigniew Cybulski, detto il James Dean polacco. Giacca di pelle e jeans, occhiali dalle lenti scure, ciuffo all’indietro e non la solita riga sovietica. In Cenere e diamanti, nel 1958, il nostro sbalordisce tutti col suo look iper-occidentale. Sapete com’è morto? L’8 gennaio del 1967 sta saltando, come sempre, su un treno in corsa. E senza cineprese. Ma stavolta scivola, cade sul binario. Il treno lo travolge. E noi lo ricordiamo.