il Fatto Quotidiano, 7 dicembre 2022
Er Piotta si racconta in un libro
“Sento un fischio, non resisto, Musica maestro, vai cor disco”: è con questi versi che Piotta, al secolo Tommaso Zanello, irrompe sulla scena della musica italiana in una stagione, quella “indipendente” sul finire degli anni 90, che segna un profondo cambiamento nella cultura musicale italiana. È il periodo in cui la musica “alternativa” raggiunge la testa delle classifiche e riempe i palazzetti, regalando una visibilità fino ad allora impensabile a band come Marlene Kuntz, Afterhours, Casino Royale, Subsonica. Quando nell’ambiente ci si rese conto che era diventato necessario cantare in italiano affinché la gente capisse quello che gli artisti avevano da dire. E il Piotta, da giocoliere della parola qual è, da Supercafone con tanto di cappellino e pantaloni oversize, diventa un maestro nel cavalcarne l’onda, fino a salire su in cima. La sua “arma” è quella voglia di arrivare a tutti traducendo il rap a chi di rap non sa nulla, come il suo benzinaio che non si rispecchia nei testi, e la sua ricetta musicale è semplice: ritornelli melodici, slang quotidiano e citazioni da film popolari, con i Manetti Bros a curarne i videoclip. “Il tempo passa e io passo sul tempo”: a distanza di anni, il rapper romano torna in libreria con Il Primo Re(p) – Alle origini del Rap Italico (Il Castello), una sorta di diario dove attraverso la propria storia umana e artistica, ripercorre la nascita della cultura hip-hop in Italia e della sua carriera. Un volume ricco di aneddoti e racconti personali, “non volevamo essere inglobati né inglobare, perché la regola aurea della città è che Roma non vuole padroni, il nostro motto era “padroni de niente, schiavi de nessuno”. Dal rapporto con i genitori e il fratello Fabio, scomparso durante la pandemia (“Una mente pazzesca dentro a un carattere fragile, la sua, come il motore di una Lamborghini Diablo incastrato dal destino nella carrozzeria di una city car”), all’amicizia con tanti artisti storici del rap capitolino come Colle der Fomento, Cor Veleno, Flaminio Maphia e tanti altri, “è stato scritto durante il lockdown, un capitolo e un ricordo per ogni giorno di quel calvario”.
Anno 1999: dalla nascita di Supercafone – spinta da Mtv, all’epoca ancora sugli scudi, in heavy rotation – la vita del Piotta cambia repentinamente e arriva il successo di massa. “Quel pezzo lo cantavano tutti, ma in pochi hanno capito che era un hip hop intellettuale declinato a greve per arrivare alla pancia di tutti”. Un vero peccato, però, che con quell’ambiente, Tommaso, non c’entrasse nulla: “C’ho messo 90 giorni, 77 concerti e diverse interviste nazionali e internazionali, un disco d’oro, un premio come Artista dell’anno e svariati altri riconoscimenti per capirlo”. Meglio tardi che mai.