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 2022  dicembre 06 Martedì calendario

Alberto Angela parla di Nerone

«Nerone era solo un ragazzo estroso che amava la musica, come un rapper di oggi, o come Elton John. Allo stesso modo dei giovani moderni, amava la velocità: in mancanza di motociclette, guidava le quadrighe». Alberto Angela parla del suo nuovo libro, Nerone – La rinascita di Roma e il tramonto di un imperatore (HarperCollins), in libreria dal 9 dicembre, terzo volume di una trilogia dedicata al grande incendio che nel 64 d.C. devastò la Città Eterna. Angela sarà a Roma sabato 10 (ore 15,30, Auditorium della Nuvola dell’Eur) per una lectio su Nerone a Più libri più liberi. Il grande divulgatore fa a pezzi la leggenda nera che incolpa l’imperatore del disastro, e che lo ritrae mentre suona la lira alla vista delle fiamme. «Sono tutte fake news – sottolinea Angela – Nerone era un innovatore e anche un uomo spietato, come Adriano, ma al contrario dell’imperatore filosofo, è stato dipinto come un mostro».
Lei paragona Nerone al Joker di Batman, perché?
«Consideri che è diventato padrone del mondo a 17 anni, ed è morto prima di compierne 31. Era un ragazzo che faceva dei concerti, era un ribelle. Appariva in pubblico a piedi nudi, con un fazzoletto attorno al collo. E aveva i capelli lunghi, come molti aurighi».
Lei scrive anche che era molto amato dal popolo. Come è possibile?
«Organizzava gare con i carri, tanti divertimenti: lo amavano anche per questo. Finché è stato imperatore, non c’è mai stato un momento in cui il pane sia venuto a mancare. E dopo l’incendio, lui ha fatto di tutto per essere d’aiuto: ha accolto la gente che aveva perso tutto, e che bivaccava nelle sue proprietà».
Ma è stato anche un uomo malvagio, no?
«Certo, era un dittatore e massacrava i suoi oppositori. Ha ucciso persino sua madre e sua moglie, ha trucidato i cristiani. Non solo: quando ha scoperto un complotto, ha fatto fuori tutti. Anche Seneca è stato obbligato a suicidarsi, così come Petronio. Era un uomo feroce. Però, attenzione: lo era come tutti gli altri imperatori. A me è risultato un po’ incomprensibile. Perché dovrebbe essere solo lui il cattivo?»
Già, perché?
«Anche Adriano, che passa per essere stato un imperatore filosofo, era uno spietato. Una volta morto Traiano, ha fatto fuori chiunque si trovasse sul suo cammino, come Apollodoro di Damasco, che era una specie di Michelangelo del suo tempo».
Lei scrive che senza il grande incendio di Roma, la nostra storia non sarebbe stata la stessa. Perché?
«Le cause dell’incendio furono banali, quasi tutti gli storici sono d’accordo. Una lucerna che cade, o una fiaccola vicina a una tenda: accadde una notte di fine luglio, in un grande magazzino nel Circo Massimo, il più grande deposito di legna della città».
Appunto, la città subisce uno scempio e quasi subito si accusano i cristiani. Perché?
«I senatori nemici di Nerone mettono in giro la voce che Nerone fosse il responsabile. Così lui cerca un capro espiatorio e individua subito i cristiani, pochi e privi di protettori, che vengono sterminati in maniera orribile. Tra loro, c’era anche San Pietro, che viene ucciso – forse crocifisso a testa in giù come dice la tradizione – e sulla sua tomba si crea un punto di venerazione. Se non fosse caduta quella lucerna, non ci sarebbe la basilica di San Pietro, la cristianità avrebbe seguito altre vie. E lo stesso si può dire per il Colosseo...»
Perché il Colosseo?
«Perché su questa Roma distrutta Nerone crea un’enorme area aperta di laghi, boschi e palazzi del potere: voleva condividere col popolo lo stile di vita dei ricchi. Era un’idea nuova, ecco perché i senatori ce l’avevano a morte con lui. Quando lui muore, Vespasiano elimina il lago e costruisce il Colosseo. I Flavi prendono la grande statua d’oro di Nerone che era nella Domus Aurea e la spostano vicino a questo anfiteatro. Di qui Colosseo. Nerone è ancora presente nel nome. Se non fosse caduta quella lanterna, non ci sarebbe stato anche questo simbolo di Roma. Forse avremmo un anfiteatro simile, ma non in quel punto».
Nel suo libro c’è una dedica a suo padre, Piero Angela, venuto a mancare lo scorso 13 agosto.
«Sì, è una frase che dice già tutto. A mio padre, amico che manca, che mi ha trasmesso l’entusiasmo di viaggiare tra le stelle della conoscenza con la semplicità delle parole e la profondità del pensiero».
Qual è il segreto per raccontare in maniera efficace la scienza (e la storia)? È stata questa la lezione di suo padre?
«È molto importante essere chiari, usare parole semplici, frasi corte. Però, attenzione: la semplicità non dev’essere confusa con la superficialità. È un errore in cui non dobbiamo cadere. Bisogna sempre raccontare le cose come se fossimo a tavola con degli amici. Che termini usare? Questo è molto importante per vincere la paura altrui di non capire. E anche la nostra».
C’è qualche iniziativa in cantiere per ricordare suo padre?
«Il 22 dicembre, che sarebbe stato il compleanno di mio papà, sarà lui a fare un regalo agli italiani. Lui era un ottimo pianista jazz e un mese prima di morire aveva registrato tre pezzi nuovi: li potremo ascoltare in un podcast che sarà disponibile su Rai Play Sound, ci saranno in tutto dodici pezzi».
E lei quando tornerà in tv?
«Abbiamo preparato uno speciale di due ore, Milano, Stanotte a, come avevamo fatto con Napoli, Firenze, Pompei: è un viaggio in cui si scoprono le meraviglie di Milano, che andrà in onda il 25 su Rai1. Tra gli ospiti, Dolce e Gabbana, Ibrahimovic, Zanetti, Elio, Malika Ayane. Poi ci saranno tre puntate di Meraviglie: stavolta andremo in Europa, dall’Alhambra a Mont Saint-Michel».