il Fatto Quotidiano, 6 dicembre 2022
Myrta Merlino è cattiva. Lo dice chi lavora con (per) lei
Tutto è cominciato il 30 novembre con un comunicato sindacale, che il giorno dopo è stato affisso nelle bacheche della sede di La7 in via Umberto Novaro, a Roma: “La RSU ha riportato all’Azienda le numerosissime segnalazioni pervenute da parte dei lavoratori sull’atteggiamento della giornalista Myrta Merlino. Il volto di rete frequentemente adotta nei confronti dei colleghi e del personale in appalto comportamenti incivili e maleducati; influenza la possibilità di prolungare contratti di personale specializzato che lavora professionalmente nella nostra azienda e condiziona le turnazioni del personale interno con motivazioni che non possono essere considerate né di tipo professionale e né di tipo etico”.
La denuncia della Rsu è stato il lampo, da quel giorno è piovuto un diluvio di assurde, grottesche e quasi comiche denunce – ovviamente anonime – sulle presunte angherie di Merlino e sulle sue bizze da star. Le hanno riportate, giorno per giorno, Fanpage e Dagospia. Chi lavora con la diva Myrta racconta, per esempio, come pochi giorni fa sia arrivata in sede “tutta infreddolita” e “abbia chiesto a uno degli assistenti di studio di riscaldarle la testa con un phon, salvo poi dare in escandescenze accusando il malcapitato di scompigliarle l’acconciatura”. Tremende, secondo gli anonimi accusatori, le reazioni della conduttrice a inconvenienti o veniali errori di chi lavora con lei: lanci di sgabello, sceneggiate perché il cornetto e il tè della colazione non erano all’altezza delle aspettative, angherie e sfoghi padronali sugli assistenti (“Siete a mia disposizione 24 ore su 24”).
A più di qualcuno – scrive Dagospia – sono spettate mansioni non proprio edificanti e in linea con la professione: c’è chi ha dovuto prenotarle la ceretta, chi le ha portato i vestiti in tintoria o persino il cane dal veterinario. Un anonimo lavoratore di La7 ha raccontato al sito di D’Agostino questo retroscena drammatico: “Lei arriva alle 10-10.30 per andare in onda alle 11 e tu devi spiegarle la puntata mentre si lava i capelli e qualcuno le deve spalmare la crema ai piedi”. E ancora, una gola profonda a Fanpage: “Insulta giornalisti e produttori in maniera pesante. È il quinto assistente di studio che licenzia in diretta. L’ultimo, proprio due giorni prima che uscisse il comunicato”. E poi “lancia le spazzole in faccia alle parrucchiere e c’è chi deve occuparsi del suo abbigliamento, dalle scarpe alla biancheria intima”.
In attesa che Merlino rettifichi o smentisca, o che La7 proferisca almeno una parola su questi scenari da padroni del vapore, se ne può trarre almeno una considerazione di natura quasi psicologica. Pochi mestieri possono sollecitare in chi li pratica un distacco dalla realtà tanto vertiginoso. In altre parole: i giornalisti hanno un drammatico problema di narcisismo. Non tutti, certo, ma in ogni redazione – proprio ogni redazione – c’è almeno un esimio portatore di questo virus, di questa patologica percezione di sé.
Dev’essere per questo che, almeno fino a oggi, i principali giornali nazionali hanno ignorato il caso: forse per paura di guardarsi allo specchio. O forse perché gli studi di Merlino, di giornalisti, ne hanno ospitati e ne ospitano tanti. O ancora, perché Myrta è frequente e apprezzatissima moderatrice di eventi mondani, presentazioni di libri, piccole e grandi camere di compensazione tra politica, giornalismo e quello che c’è in mezzo.
Le parole forse più lucide, sulla professione, sono dell’immenso Sergej Dovlatov in Compromesso: “Sui giornalisti si è espresso in modo eccellente Ford: ‘Un cronista onesto si vende una volta sola’. Ritengo tuttavia che questa affermazione sia idealistica. Il giornalismo ha i suoi punti-vendita, i suoi negozi dell’usato e persino il suo mercatino delle pulci. Cioè è un commercio su larga scala”. Dove oltre al potere, la moneta più preziosa e vacua – a volte l’unica considerata – è la reputazione, l’affermazione di sé.