il Fatto Quotidiano, 6 dicembre 2022
Erdogan è pronto all’offensiva in Siria per cacciare i curd
A due settimane dall’intensificarsi dei bombardamenti dell’aviazione turca nel nord della Siria, le forze armate curde si preparano allo scenario sempre più concreto di un’invasione di terra. Il presidente turco Erdogan ha confermato che le incursioni aeree sono il preludio a un attacco su larga scala, reiterando la volontà di sigillare il confine con una zona di sicurezza. L’annuncio è arrivato un giorno dopo le dichiarazioni del comandante in capo delle Forze democratiche siriane (Sdf), Mazloum Abdi, il quale ha annunciato la momentanea sospensione nella guerra all’Isis per la necessità di concentrare le risorse nel conflitto con la Turchia. “Il nostro lavoro congiunto insieme alle forze della coalizione internazionale contro l’Isis è stato temporaneamente interrotto a causa dei recenti attacchi aerei”. I vertici militari ritengono imminente l’avanzata di Ankara. “Abbiamo dei rapporti interni che indicano come i turchi si stiano preparando per questo assalto di terra”. Abdi ha garantito che le forze sotto il suo comando sono pronte a respingere un attacco, ma avverte: “Questa sarà molto più vasta rispetto a qualsiasi altra passata operazione, e il suo impatto non sarà limitato come in quelle precedenti”. Si temono ripercussioni non solo sui civili, ma per l’intera guerra siriana.
Emergono anche timori relativi a un riemergere dei gruppi jihadisti, che farebbe ripiombare la regione nel caos. “Sono stati fatti sforzi indescrivibili dalle Sdf insieme alla coalizione internazionale per indebolire l’Isis. Tutte le conquiste che abbiamo ottenuto insieme alle potenze internazionali saranno messe a rischio”. Il riferimento è alla presenza dei centri di detenzione e ai campi di rifugiati che ospitano membri del Daesh, difficili da controllare. “Parallelamente agli attacchi aerei turchi, abbiamo iniziato a osservare maggiori movimenti e attività delle cellule Isis”. Abdi riferisce di una situazione difficile all’interno delle prigioni, aggravata dalle incursioni aeree. “Abbiamo osservato bombardamenti aerei vicino a un centro di detenzione, e un attacco colpire le forze di sicurezza del campo di Al-Hawl”. Le conseguenze sono facili da intuire e fanno presagire scenari inquietanti. “Al fine di garantire lo stesso livello di sicurezza che abbiamo assicurato in tutto questo tempo nei centri di detenzione e al campo, abbiamo bisogno che i bombardamenti cessino”. Citando l’evasione di massa dei jihadisti dalla prigione di Haseke a gennaio, Abdi ammette che non sarebbe più possibile gestire un evento simile. E aggiunge: “Stiamo ricevendo segnalazioni relative a piani dell’Isis per ulteriori attacchi”. Secondo le Sdf, sarebbe in corso un consolidamento di forze turche nelle aree di Kobane e Manbij, Tel Rifaat e Azaz. “Stiamo organizzando la nostra mobilitazione basandoci su questi movimenti” e insiste su un punto cruciale: “Se i turchi sono decisi, se inizieranno questa operazione, sarà guerra lungo tutto il confine”.
Nei bombardamenti sulle infrastrutture civili si legge la volontà di distruggere l’amministrazione autonoma. “Ciò che è diverso questa volta è che le operazioni viste in passato erano limitate a un’area specifica”. Le tempistiche sarebbero incerte. “Riteniamo che i turchi stiano ancora valutando la posizione e le reazioni di Paesi quali Stati Uniti e Russia”. Tuttavia il generale avverte: “Da un punto di vista militare è questione di una settimana, se i turchi non dovessero vedere una decisa opposizione”. Devastante potrebbe essere l’impatto sul milione di civili che occupano l’area nel mirino della Turchia. “Tutte queste persone saranno migranti, oppure sfollati interni. Questo causerà un disastro umanitario”. Abdi si è infine rivolto agli alleati, rei di non mostrare la risolutezza necessaria a far desistere Ankara. “Sono necessarie dichiarazioni e posizioni più forti nell’opposizione all’offensiva turca da parte di tutti quegli attori coinvolti nella guerra siriana”.