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 2022  dicembre 06 Martedì calendario

Intervista a Irvine Welsh

Mi ribello, dunque siamo. Lo diceva Albert Camus, lo incarna Irvine Welsh. Che non sarà esistenzialista e nemmeno filosofo quanto il leggendario autore francese. Ma la massima finale “Scegli la vita” del suo capolavoro Trainspotting è manifesto della sopravvivenza contemporanea. Un’altra rivolta di giovani (o vecchi) arrabbiati à laAlan Sillitoe e Harold Pinter. Ora però l’irriducibile scrittore scozzese, 64 anni, snobbato dall’establishment letterario come l’altro rivoltoso oltre il Vallo di Adriano James Kelman (che pure vinse un controverso Booker nel 1994), non solo sciabola sentenze quotidiane su Twitter, soprattutto contro i politici conservatori come il leader britannico Rishi Sunak «sciocco, bigotto, noioso, totalitario come un preservativo usato» o l’americano Ron DeSantis «fucking idiot». Ma soprattutto, Welsh ha scritto un nuovo, intenso romanzo poliziesco, I lunghi coltelli(Guanda). Che è il seguito del lodato
Crime con il redivivo ispettore Ray Lennox. Che tocca tanti temi delicati — diritti gender, politici assassinati, abusi sessuali — senza rinunciare all’immancabile black humour. E ora è protagonista, con il suo autore da remoto, al Festival “In Noir” di Milano (il suo intervento è anche online suwww.noirinfest.com ).
Welsh, perché da remoto? Dove si trova?
«A Miami, dove vivevo fino a qualche anno fa. Ho ancora un appartamento. E poi ancora non avevamo fatto la luna di miele».
Ah già, lei si è sposato per la terza volta questa estate a Brighton, con Emma Currie, attrice della serie poliziesca scozzese “Tarrant”.
«Esatto. Abbiamo bisogno di un po’ di tempo insieme, prima di tornare in Inghilterra a Natale».
E come si sente ora, da fresco marito ma anche implacabile ribelle di 64 anni?
«Bisogna godersi la vita in ogni momento, almeno fino a quando rimarremo coscienti. L’importante è sentirsi sempre felici. Per esempio,ho rimosso i ricordi difficili del passato. Stamattina in palestra a Miami ho fatto boxe, una meraviglia!».
A proposito, “I lunghi coltelli” si apre proprio con una dedica allo “spirito brillante e immortale” di Bradley John Welsh, il 42enne titolare di una palestra e attore anche in “Trainspotting 2” di Danny Boyle, ucciso a colpi di arma da fuoco nel 2019 a Edimburgo.
“Ogni giorno mi manca e mi ispira”, lei scrive.
«Già. Brad era un amico, aveva una gran personalità, un animo straordinario. La sua verve mi ha sempre influenzato. E poi mi ha fatto riscoprire la passione per la boxe.
Ogni volta che sono in palestra sento la sua voce: è sempre con me».
Da questa commovente dedica al titolo del libro: perché “I lunghi coltelli”. Riferimento ai nazisti?
«In parte. Ma la stessa frase venne utilizzata anche in Inghilterra nel 1963 quando si dimesse in blocco un terzo del governo di Harold Macmillan».
Il plot del romanzo si innesca quando un deputato conservatore,Ritchie Gulliver, viene ritrovato morto in un magazzino della ruvida Leith, mutilato dei genitali. È il lato oscuro del suo subconscio anti-politico?
«Purtroppo oramai una cosa nobile come la politica viene umiliata da chi non la prende sul serio. In questa era neoliberalista, conta solo fare carriera e frodare i cittadini, oramai alla luce del sole».
Ma almeno la conforta che i conservatori a Londra sembrano essere arrivati al capolinea, dopo i recenti disastri e 12 anni al potere?
«Secondo me invece torneranno ancora più forti. Perché oramai molte persone credono che non ci sia alternativa agli stupidi e corrotti leader che abbiamo. L’intero sistema è allo sbando».
Quindi non ha fiducia nemmeno nel nuovo Labour di Keir Starmer, favorito alle prossime elezioni nel 2024?
«Starmer dice le stesse cose dei conservatori. Non cambierebbe nulla con lui».
E cosa ne pensa della possibile indipendenza della sua Scozia?
Giorni fa la Corte Suprema hadetto di nuovo no a un referendum indetto senza l’ok del Parlamento britannico.
«Il movimento indipendentista scozzese non è forte in sé. Lo è per la debolezza dello screditato sistema di potere a Londra, di un Regno Unito moribondo dopo industrialismo e imperialismo. Gli indipendentisti in Scozia sono la manifestazione di questo fallimento, dell’assolutismo delle élite contro il welfare state e contro la ridistribuzione delle ricchezze, delle conseguenze della Brexit, dell’austerity degli ultimi anni, e anche del flop degli stati nazione di oggi. Insomma, sta venendo giù tutto».
Ma per lei l’indipendenza scozzese è una cosa buona?
«In questo contesto lo è. Ma non credo sia fattibile. Il movimento è altro figlio del neoliberalismo: dicono di volere l’indipendenza, ma non sanno neanche loro come.
Siamo tutti in un reality show. Anche la premier indipendentista scozzese Nicola Sturgeon è parte del sistema.
Non incarna il cambiamento vero».
A proposito di cambiamenti, “I lunghi coltelli” sembra avere una trama noir più ortodossa rispetto ai suoi romanzi precedenti basati su una costruzione istintiva.
«Cerco sempre di mescolare gli approcci. Di certo, quando scrivo noir o gialli, penso sempre alla loro trasposizione in tv o al cinema, per questo forse sembrano più convenzionali. Del resto, credo che oggi la vera ispirazione per i romanzi polizieschi siano serie tv come iSopranos più che i libri in sé. In ogni modo, io resto sempre uno scrittore del subconscio, come dimostra una mia recente novella con John King e Alan Warner, The Seal Club ».
Per la prima volta lei introduce personaggi transgender in un romanzo.
«Mi sono fatto aiutare da una consulente trans. Qualcosa abbiamo cambiato nel libro, qualche passaggio ambiguo. Ma non è censura, è stato molto istruttivo. Ho sempre scritto di personaggi in crisi di identità: le persone transgender rivendicano la propria identità».