La Stampa, 6 dicembre 2022
La mia vita a Londra senza cash
Il contante, questo sconosciuto. Anche il bancomat, a Londra, sputa malvolentieri le banconote. Taglio massimo, 20 sterline. Un prelievo al giorno, per ogni carta. Provateci voi ad arrivare a 5mila sterline, diventate vecchi. Ma tanto il problema non esiste. Che ci fate con le banconote a Londra? Niente. O quasi. Qui - come nella maggior parte dei paesi nordici mediamente civilizzati - le banconote non servono più. Anzi, spesso non si può pagare altro che con la carta, i contanti non li accettano proprio. Una vita "cards only", altro che litigi da massimale del Pos. Sempre più negozi lo hanno scritto addirittura all’ingresso, per non avere spiacevoli sorprese quando arrivi alla cassa. Pensate che incubo per Salvini, un paese dove si vive senza contanti. Si paga tutto, ma proprio tutto, con la magica plastichetta o in alternativa – come fanno la maggior parte dei Millenials e Gen Z – direttamente con il telefonino. "No Cash". "Credit Card or Contactless payment" sono cartelli talmente usuali che nessuno ci fa più caso.
Da "Gail’s", dove stamani ho comprato il pane, prendono solo pagamenti elettronici. Da "Tesco", il supermercato di quartiere dove faccio la spesa, si può pagare anche in contanti, ma solo nelle due casse lente per gli anziani, che comunque vengono incoraggiati a usare il bancomat, perché non rischiano di essere truffati sul resto o di subire furti. Il resto è tutto cards only, più veloce e comodo. Da "Zia Lucia", pizzeria italiana in fondo alla strada dove abito - pizzeria napoletana con forno a legna e bordo alto, una vera rarità a queste latitudini - non accettano contanti. Mi spiace, solo con la carta. Ma siete italiani, puoi protestare. Sì, ma siamo a Londra, è la risposta. Stessa solfa da "Pizza Hut" o da "Prezzo", che però sono pizzerie di catena e hanno introdotto il cash free per controllare meglio i dipendenti, una questione di sicurezza per il personale: da una parte non rischiano rapine e dall’altra non c’è la tentazione che qualcuno dello staff faccia la cresta sul conto o si metta in tasca una banconota dal sen fuggita.
Lo stesso a "Itsu", catena di sushi giapponese o dal coreano "Kokoro" non si può pagare in contanti. Ma non sto a fare la lista, che sarebbe lunghissima dato che ormai a Londra l’86 per cento degli esercizi è "cards only", nelle altre città inglesi un po’ meno, ma siamo intorno al 50 per cento.
Muniti di telefonino o contactless si passano i tornelli della metropolitana e si paga la corsa dei mitici bus rossi a due piani, semplicemente accostando al lettore. A The Indian Next Door puoi pagare in contanti sotto le tre sterline, credo per venire incontro ai bambini che comprano con le monetine la merenda e i dolci all’uscita da scuola.
L’addio alla banconota sembra una strada irreversibile. Troppi i vantaggi evidenti per tutti. I commercianti dicono che non devono contare i soldi a fine giornata e non rischiano di fare sbagli. Per chi maneggia cibo, è anche una questione di igiene che si è diffusa durante il Covid. Contare i soldi e servire i clienti non è la pratica più igienica del mondo. Ai mercati rionali si paga tutto contactless: verdure, uova, pollame, marmellate, formaggi. Nessuno vuole toccare soldi.
Addirittura, si può fare l’elemosina in chiesa contactless. E si può comprare contactless anche "The Big Issue", il giornale di strada più diffuso al mondo, venduto dai senzatetto o da persone in condizioni di vulnerabilità (principalmente ex alcolizzati), in modo da offrire loro l’opportunità di guadagnarsi un salario e reinserirsi nella società. Offerta minima 3 sterline.
C’è anche una storiella, ma forse è solo una leggenda metropolitana, sugli italiani e il cash. Si dice che gli italiani e gli arabi siano i bersagli preferiti dei pickpocket, i borseggiatori di turisti in zona Piccadilly e Oxford Street. Hanno rotoli di succose banconote che chiedono solo di cambiare tasca.