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 2022  dicembre 06 Martedì calendario

Il drone fatto in casa dagli ucraini

Gli ucraini potrebbero aver usato un nuovo drone-kamikaze di produzione locale per colpire una o due basi russe distanti oltre 450 chilometri dal confine: un’azione spettacolare avvolta, al solito, dalla cortina fumogena.
Poche settimane fa la compagnia Ukroboronprom aveva annunciato di aver realizzato un nuovo velivolo senza pilota con un raggio d’azione di quasi mille chilometri: a bordo una testata da 75 chilogrammi e apparati per superare le contromisure, un sistema per replicare al martellare incessante deciso dal generale Surovikin, il comandante alla testa dell’Armata russa. È possibile che la nuova «freccia» sia stata impiegata per prendere di mira la pista di Engels-2 di Saratov, in territorio russo, a 750 chilometri dalla frontiera ucraina, usata dai bombardieri strategici Tu-95 impiegati proprio nella campagna di terrore. Un paio di aerei potrebbero aver subito danni. La seconda botta ha riguardato la base di Ryazan, 185 km a sudest di Mosca, che ospita il centro di addestramento per l’aviazione a lungo raggio e aerei cisterna: qui la versione è diversa, si parla di tre morti.
Come per ogni incursione in Russia c’è sempre nebbia di guerra, con molte voci, smentite e mezze ammissioni. Nella prima reazione il portavoce del Cremlino ha detto di non avere particolari, però ha aggiunto che Putin è stato informato. Difficile pensare che abbiano disturbato il grande capo per un incidente: forse la precisazione è la conferma indiretta del fendente portato dagli avversari. L’episodio ha innescato il consueto duello di propaganda: il ministero della Difesa russo ha sostenuto di aver intercettato droni ucraini nei pressi delle due basi, Kiev ha risposto affermando di aver fatto altrettanto con 60 dei 70 missili piovuti sul suo territorio.
Kiev, anche nei momenti di grande difficoltà, ha spesso colto di sorpresa Mosca. Lo raccontano molti episodi: l’affondamento della Moskva, le sortite oltre confine, i raid con i barchini radiocomandati nella rada di Sebastopoli, ricorso a missili di produzione locale (i Neptune), i tiri precisi con i lanciarazzi Himars sui depositi, il danneggiamento del ponte di Kerch, in Crimea. E lo sviluppo di un drone in grado di arrivare lontano racchiude tre elementi: 1) Risponde alle distruzioni inferte da missili e droni iraniani. 2) Amplia le possibilità dei difensori. 3) Coinvolge le retrovie più profonde: Zelensky ha chiesto più volte a Washington la fornitura di armi con un braccio operativo di 150 chilometri, però ha sempre incassato un no. Ora i tecnici hanno rimediato da soli.
A questo proposito, funzionari americani hanno ammesso al Wall Street Journal che il Pentagono avrebbe modificato i 20 Himars forniti a Kiev a partire da giugno, in modo che non possano essere usati per colpire il territorio russo: una precauzione per evitare che il conflitto con Mosca si allarghi. Né il Pentagono né la Casa Bianca hanno commentato l’indiscrezione.