Matteo Sacchi per “il Giornale”, 5 dicembre 2022
MANCANO VERI LEADER? KISSINGER SA COME TROVARLI – NEL LIBRO “LEADERSHIP”, IL MITOLOGICO EX SEGRETARIO DI STATO AMERICANO SPIEGA QUALI SONO LE QUALITA' CHE UN CAPO POLITICO DEVE AVERE. SU TUTTE, LA CAPACITA’ DI FREGARSENE, RISCHIARE E NON ESSERE SOLO IL MEGAFONO DEL SENSO COMUNE – E RACCONTA I SEGRETI DI 6 PERSONAGGI CHE HANNO SEGNATO IL NOVECENTO: ADENAUER, DE GAULLE, NIXON, LEE KAN YUW, SADAT E MARGARET THATCHER… -
Cos' è un leader? Dove si pone il discrimine tra la «recita» nel grande teatro della politica e la capacità di architettare una regia della politica medesima? Quali sono le linee guida che consentono a chi ha il potere di non esercitarlo per se stesso ma di dargli, al contrario, una direzione precisa, un senso storico? Sono domande di difficile risposta, soprattutto in un'epoca in cui l'immagine che si vende all'elettore, in fretta e via social, sembra essere diventata preponderante rispetto alla realtà del fare, necessariamente costruita sul lungo periodo.
A fornire delle linee guida, più fattuali che puramente teoriche, prova un politico, di lunghissimo corso e altissimo spessore, come Henry Kissinger con il suo Leadership. Sei lezioni di strategia globale (Mondadori, pagg. 590, euro 28). Kissinger- classe 1923, dottorato di ricerca ad Harvard dopo essere fuggito con la famiglia dalla Germania nazista e aver affrontato qualunque genere di fatica per integrarsi negli Usa - analizza nel libro il percorso di una manciata di grandi politici del Novecento evidenziando di ognuno una particolare virtù: Konrad Adenauer, Charles de Gaulle, Richard Nixon, Anwar Sadat, il meno noto (in Occidente) Lee Kuan Yew e Margaret Thatcher.
Kissinger prima di delineare queste vite, quasi plutarchescamente parallele, traccia con precisione quasi chirurgica un distillato di cosa sia la vera leadership. «Ogni società, qualunque sistema politico abbia, si trova eternamente in bilico tra un passato che rappresenta la sua memoria e una visione del futuro che ispira la sua evoluzione. Lungo questa strada è indispensabile avere una leadership... è necessaria una guida che aiuti il popolo a passare dal punto in cui si trova a un punto in cui non è mai stato e, a volte, non sa neanche immaginare di andare».
Insomma il leader incrocia nella maniera giusta l'asse tra passato e futuro, tra valori profondi e aspirazioni dei popoli. E spesso deve riuscirci in brevissimo tempo, studiando la Storia ma sovrapponendole sopra un azzardo a cui nessun docente o studioso è mai lontanamente chiamato. Ecco allora la grandezza nella differenza.
Prendiamo Konrad Adenauer (1876 1967) a cui Kissinger dedica il primo capitolo. L'arma fondamentale dell'ex borgomastro di Colonia che visse gli anni del nazismo in un silenzioso dissenso fu l'umiltà. In una Germania smembrata, che avrebbe potuto non recuperare mai la sua indipendenza politica, il fondatore dell'Unione Cristiano-democratica seppe convincere i tedeschi ad assumersi ogni responsabilità per l'aggressività nazista e rinunciare a ogni ricerca di dominio sull'Europa.
Un percorso difficile che riuscì a realizzare ancorando l'Ovest del Paese alla Nato e attraverso una scelta profondamente «morale». Una identità nazionale quasi «kantiana» ricostruita in mezzo a enormi difficoltà grazie a una tenacia sommessa. L'ora più bassa per il popolo tedesco superata conquistandosi la fiducia dei vincitori, edificando una società democratica e puntando su un'Europa federale con i nemici del giorno prima.
Un miracolo in un certo senso. Ma un miracolo molto diverso da quello compiuto da De Gaulle, altro politico che finisce sotto la lente di ingrandimento di Kissinger. In questo caso il pregio del generale francese è tutt' altro che l'umiltà. Semmai una volontà di ferro e la capacità di presentare sé stesso come un'incarnazione della Francia.
Una capacità quasi da illusionista soprattutto quando De Gaulle esule a Londra riuscì ad accreditarsi come rappresentante di una «Francia libera» che nella pratica non esisteva. Ecco, De Gaulle è un buon esempio di quanto l'immagine conti secondo Kissinger, ma solo se sotto la «maschera» c'è una virtù vera che, nel caso del futuro presidente, era la determinazione unita a una visione del futuro quasi messianica.
Anche gli altri leader incarnano differenti modelli di potere: Nixon, la capacità di tenersi in equilibrio; Sadat, la capacità di combattere ma anche di superare i contrasti; Lee Kuan Yew, la capacità di creare una città stato multietnica - Singapore - basata sull'idea di eccellenza; e, infine, la Thatcher che ha fatto della determinazione la sua arma fondamentale per rifondare l'Inghilterra.
Quindi per Kissinger non esiste un leader per tutte le stagioni e gli individui contano nella grande storia, oh se contano. E gli individui che contano, non possono essere solo un megafono del senso comune. Quello basta solo ad essere eletti (forse).