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 2022  dicembre 05 Lunedì calendario

Ritratto di Lele Adani. Non si sa se fu meno peggio da calciatore o oggi da commentatore

Come diceva Lucy Van Pelt, che è un Peanuts e non un giocatore olandese, «Ho un lato ironico, un lato insopportabile, un lato amabile. Ognuno ha il mio lato che si merita». Noi, di Lele Adani, soprattutto quando comincia con la sfilza di soprannomi, di solito inventati, ci meritiamo il secondo.
Difensore di grande tecnica e invidiabile visione di gioco e ancora più opinionista sobrio ed elegante dicesi antifrasi, e non è un fondamentale del calcio – Daniele Lele Adani da San Martino in Rio, Sân Martèin Grand, tra Correggio e Carpi, Reggio nell’Emilia, terra di Lambrusco, cantautori e piedi di marmo, non si sa se fu meno peggio ieri da calciatore o lo è oggi da commentatore. In dubio pro Leo.
Messi come divinità, locos por el futbol, un’ossessione per il calcio sudamericano ereditata da Matías Almeyda, pressing alto, marcature preventive, diagonali, ululati antisportivi e frasi fatte. «Nella vita i centimetri sono tutto» (in che senso?). «Questa è la gioia che dà il calcio: la sofferenza, le lacrime di felicità». «Dove c’è un pallone che rotola c’è un cuore che batte». E quello di battere, di solito, è un brutto mestiere.

MESSIIII! MEEEESSIIIIIII! LEEEO MESSIIIII! Il sinistro migliore del mondo!!! Da DI MARIAA a MESSIII. Da la Bajada a la Perdriel! Sempre Rosario, la città del calcio! Uno per l’altro, si sblocca la partita! FUUUT BOOOLL.
Domanda. Ma può un telecronista Rai andare allo stadio con la maglia di una delle due squadre che giocherà la partita?
Certo, poi, può anche continuare a scambiare l’uomo «metronomo» con l’uomo «barometro», però... E #AdaniOut finì tra le tendenze su Twitter.
Adani ed Eva, Adani e ballerini, Andale andale, Mister Garra Charrua, El màs Grande... Il calcio come un film: La Lele land.
Adani, detto Lellone, è nato nel 1974. All’epoca di «Italia 90», il mondiale delle notti magiche, aveva 16 anni, e tifava già Argentina. Una vita da terzino, di chi segna sempre poco, che il pallone deve darlo a chi finalizza il gioco, tra il 1980 e il 2011 ha tirato pedate in otto squadre, dalla Sammartinese alla Sammartinese e finire di giocare là dove si è iniziato, un po’ è mistica, un po’ destino, un po’ una disgrazia – passando per Modena, Lazio, Brescia, Fiorentina, Inter (cosa che non fa che accentuare la modestia del calciatore), Ascoli e Empoli; una Coppa Italia, 26 gol, cinque amichevoli in Nazionale, e dopo il ritiro un’avviata carriera da allenatore interrotta per quella di opinionista tv, da Sky a mamà Rai. Qatar 2022 è la sua personalissima coppa del Mondo. Se dipendesse dai telespettatori, sarebbe uscito al primo turno.
Primo a cambiare il paradigma della seconda voce imperativa, da semplice commento tecnico ad arzigogolato paratesto paracalcistico, Lele Adani – El pibe della paternal – indubbiamente ha studiato molto. Partito svantaggiato rispetto ad altri ex calciatori-opinionisti professionalmente più rispettati sul campo, lui per rivincita si è messo davanti al computer e ha metabolizzato dati, statistiche, storie, almanacchi, manuali, citazioni, sforando anche nel simil-letterario con incursioni nella latino-americana, senza neppure aver smaltito la sbronza del realismo magico: Osvaldo Soriano, Eduardo Galeano, Splendori e miserie del gioco del calcio, Il rigore più lungo del mondo, l’affabulazione e l’estasi del gol che dura venti secondi Goooooogolasssoooooo barbarooo!!!!!!!!!!!!! – e poi, rompendo gli argini della telecronaca e abusando della pazienza del telespettatore, ti riversa tutto addosso, strabordando e stordendoti. Ma a me cosa me ne frega di quanti cross ha fatto in carriera l’ala sinistra del Congo belga? Cose che giusto su Sky, e forse neanche, potevano aver senso per i pipparoli del calcio. Figuriamoci per l’uomo-canone Rai. Come dice un collega, che lo schifa: «Adani è molto scuola Buffa, il cui mantra è: perché rovinare una bella storia con la realtà? Personalmente invece mi chiedo: perché negare una realtà vera per inventarsi puttanate?». El Lelle loco.

Momenti di grandissima commozione: quando Lele Adani attiva il generatore casuale di soprannomi argentini. «El loco del Barrio Viejo». «El pibe asado de San Martin». «El tren de la concha libre». «El matador de la recontra puta». «El tinto alegre de Mendoza». «El alfajor flaco de Pinamar»...
Fine pena Rai.
Quando il dibattito calcistico non era ancora inquinato da quintalate di retorica fanatica: Sant’Enrico Ameri, San Nando Martellini, San Bruno Pizzul, San Sandro Ciotti, pregate per lui. San Beppe Viola avresti dovuto essere qui a sentirlo.
Ci meritiamo la Bobo TV.
Sorta di Colombre televisivo che ha i baffi e l’asma di Roberto da Crema, il tifo acritico di Tiziano Crudeli, la comicità involontaria della Gialappa’s e l’abruptum genus dicendi di Aldo Biscardi, Lele Adani – al quale si può rimproverare tutto ma non l’ understatement («Messi è il più grande genio del XXI secolo», «Messi trasforma l’acqua in vino!») alla fine però, al netto dell’essersi autonominato esperto di calcio, campo in cui in realtà vanta zero tituli, è un tipone, dài.
Hipsterone, urlatore, profilo indio, capello lungo, sintassi corta, sguardo da sparviero pigmeo del Sudamerica, eccellente gradimento da parte del pubblico femminile, milf e midfielder, una fidanzata che è un po’ come la sua carriera e le sue dirette (così così), collezionista d’arte contemporanea, nuova casa a Milano molto di design, style, hype e le scimmie di Simone Fugazzotto.
La garra Charruaaaaa. L’ultima parola agli uruguagi! Sempre a loro! L’ultima parola nel calcio! Hanno un cuore differente! Lo capisci o no? L’artiglio che graffia! A proposito: come si dice la garra Charruaaaaaa in coreano? Mò sta bon, va là...

Punti a sfavore di Lele Adani. Mischia le lingue senza motivo. È molto vanesio: già la seconda volta che ci pranzi insieme ti viene voglia di farti un giro, è come alla tele: un monologo troppo caricato. Fa foto a cazzo. Ha simpatie e idiosincrasie troppo accentuate. Viene da Correggio ed è convito di essere un gaucho delle Pampas.
Punti a favore di Lele Adani: nessuno.
Tatticismo esagerato, gergo super tecnico, in perenne autoerotismo con la propria voce, Pampero e coppa Libertadores anche di notte, Lele Adani ha fatto del calcio una religione, delle telecronache folklore e del commento una mistica rivelata: «Ha parlato Messi, io ho solo trasferito». Venera gli uruguagi più di se stesso, parla in rosarino, pensa in rosarino, cade in un’estasi selvaggia evocando Diego Armando Maradona: un coribante su RaiPlay. Ma il calcio, si sa, resiste a tutto. Anche a Lele Adani.
Come direbbe Vujadin Bokov: «Io pensa che telecronache di partite è peggiorate da quando qualcuno à deciso che serviva seconda persona per fare chiacchiere da bar e poi chiamato commento tecnico». Poi certo. Una telecronaca si può fare in tanti modi. Il problema è che Adani la fa solo per se stesso.
Y ahora vámonos a Montevideo, Lelito!