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 2022  dicembre 05 Lunedì calendario

Sessant’anni fa nasceva Enel


La sera del 6 dicembre 1962 Jader Jacobelli annunciava al tg Rai: “La Camera ha approvato la legge che nazionalizza l’energia elettrica”. Domani ricorrono i 60 anni dalla fondazione dell’Ente Nazionale per l’Energia Elettrica (Enel), un passaggio cruciale nello sviluppo industriale del Paese. La legge istitutiva (n. 1643) prevedeva il trasferimento allo Stato delle aziende elettriche nazionali e la concentrazione delle loro attività in un unico ente pubblico, supervisionato dal ministero dell’Industria. L’Italia si uniformava così a Francia e Regno Unito, che già avevano nazionalizzato l’industria elettrica negli anni 1946-1947.
Circa il 60% del settore elettrico in Italia, prima della nazionalizzazione, era controllato da un “oligopolio elettrico” di gruppi privati operanti prevalentemente nel Centro- Nord: fra tutti la Sade, la Centrale e la Edison. Quest’ultima, nel 1961, era la principale società quotata in Borsa. Il “trust elettrico” privato, a cui si adeguavano le aziende elettriche in capo all’Iri, operava con margini di profitto estorsivi, non garantiva l’universale copertura del territorio e impediva le efficienze di scala implicite in un’infrastruttura unica. La nascita dell’Enel soddisfò molteplici intenti: portare l’elettricità a 1,2 milioni di abitazioni che ne erano sprovviste, contenere le tariffe e differenziarle per classi di reddito, sviluppare un’unica rete nazionale ad alta tensione e incrementare la generazione di elettricità per l’espansione dell’attività economica.
La centralizzazione del settore elettrico in un soggetto pubblico verticalmente integrato dotò l’Italia di un ulteriore strumento diretto di politica energetica (l’altro era l’Eni), indispensabile per diversificare la produzione elettrica dopo la crisi petrolifera del 1973. L’Enel trainò la ricerca e la sperimentazione nel nucleare (fino al suo abbandono nel 1987) e fu pioniere nelle rinnovabili. Nel 1981 completò ad Adrano (in Sicilia) la prima centrale a concentrazione solare termica al mondo capace di produrre e immettere elettricità nella rete nazionale. Nel 1984 entrarono in funzione la prima centrale fotovoltaica nell’isola di Vulcano e la prima centrale eolica in Alta Nurra (Sassari). L’Enel contribuì all’affermazione dell’industria elettrotecnica nazionale, tramite rapporti di fornitura utilizzatore-produttore per centrali elettriche, turbine a gas e componenti varie (con l’Ansaldo) e cavi elettrici (con la Pirelli).
Si è spesso gettato discredito sulla capacità dell’ente pubblico, ma a torto. Nel 1992 Enel era terza al mondo per energia elettrica prodotta e prima per clienti (passati da 13 a 27,8 milioni): maturava ricavi per 29,5 mila miliardi di lire e un risultato d’esercizio in attivo di 234 miliardi. Impiegava 107mila dipendenti (quasi tutti italiani), pur registrando una produttività del lavoro superiore a quella delle aziende elettriche britanniche, tedesche e francesi. Aveva diminuito del 30% il costo reale dell’elettricità per kWh rispetto al 1963.
Dal 1962 al 1992, l’Enel contribuì a portare la produzione nazionale di energia elettrica da 64,9 a 226,2 TWh (289,1 TWh nel 2021). La rete di trasmissione da 380 kV, che nel 1962 non esisteva, nel 1992 era lunga 8.630 Km (11.323 km nel 2021); quella inferiore ai 150 kV diventò più capillare, dai 24.711 Km del 1962 ai 40.621 del 1992 (48.935 Km nel 2021). La penetrazione dell’energia elettrica sul totale dei consumi energetici nazionali passò dal 24,1% al 33,4% (ancora solo 35,2% nel 2020).
Con il decreto n. 333 dell’11 luglio 1992 che trasformò l’Iri, l’Ina, l’Eni e l’Enel in società per azioni, l’ente pubblico per l’energia elettrica intraprese una trasformazione societaria che lo portò in Borsa nel 1999. Oggi, Enel S.p.A. è una società quotata a controllo statale (il Mef mantiene una quota di maggioranza del 23,6%), in cui è rilevante la presenza dei fondi esteri come BlackRock e Capital Group (con il 5% a testa del capitale azionario).
Negli ultimi 30 anni, Enel ha ricalibrato il suo focus geografico. Mentre nel 1992 era prevalentemente impegnata in ambito domestico (a cui forniva più dell’87% dell’energia elettrica), oggi è una multinazionale operativa in 47 Paesi, con una forte presenza in Spagna e Cile. Solo il 45,7% dei suoi 66.279 dipendenti sono italiani. L’Italia pesa per meno del 30% della capacità elettrica installata del gruppo. Nondimeno, Enel rimane il primo operatore nazionale per generazione e vendita di elettricità, con quote rispettivamente del 18,4% e del 34,5% nel 2021. Ma soprattutto controlla l’85,5% del redditizio segmento della distribuzione: E-Distribuzione vale oltre il 40% degli utili, nonostante rappresenti solo l’8,4% dei ricavi.
Infine, Enel ha mutato la sua struttura operativa, tramite cessioni e diversificazioni: nel periodo 1997-2005, ad esempio, si inserì con Wind nelle telecomunicazioni. L’anno chiave, però, fu il 1999. Il Decreto Bersani che liberalizzava il settore elettrico mise fine all’integrazione verticale di Enel, separando generazione, trasmissione, distribuzione e vendita. La rete nazionale di trasmissione fu trasferita a una società terza (Terna), oggi controllata al 29,9% da Cdp Reti. Enel fu poi costretta a cedere alcuni impianti di produzione per scendere sotto la quota nazionale del 50%.
Al 2008 risale la strategica creazione di Enel Green Power (Egp), che con gli attuali 56 GW di potenza installata rappresenta la principale società elettrica al mondo operante con le fonti rinnovabili. A Catania, Egp sta trasformando la fabbrica 3Sun nel più grande centro per la produzione di pannelli fotovoltaici in Europa (grazie anche ai fondi del Pnrr). Al contempo però, Enel mantiene in Italia il 35% della sua capacità installata in centrali termoelettriche. Secondo i dati dell’Agenzia europea dell’ambiente, le sole centrali a carbone di Civitavecchia e Brindisi pesavano per il 4,7% del totale delle emissioni nazionali di CO2 nel 2017.
A distanza di 60 anni, l’Italia continua a generare il 59% dell’elettricità con fonti fossili e a importare il 13,4% del fabbisogno. La quota di rinnovabili sul totale dei consumi è ferma a poco sopra il 18% (il target Ue è 45% entro il 2030). Con la crisi energetica che impone di accelerare l’elettrificazione dei consumi, la transizione verde e l’autonomia energetica, lo Stato dovrebbe dotarsi di uno strumento di intervento diretto in ambito energetico. C’è da chiedersi se Enel possa ricoprire questo ruolo nella sua attuale configurazione o se sia necessaria una nuova forma di impresa pubblica energetica che rivalorizzi lo spirito del 1962.