Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2022  dicembre 05 Lunedì calendario

L’Iran sospende la polizia morale (forse)

Dopo tre mesi di proteste, con più di 400 morti e 18mila arresti, e alla vigilia di una nuova chiamata a scendere in piazza, il movimento iraniano ottiene un primo, piccolo, risultato: costringere l’establishment ad aprire una discussione sul velo obbligatorio, simbolo fondativo della Repubblica Islamica, mostrando che le posizioni all’interno della teocrazia iraniana non sono univoche.Sabato il procuratore generale Mohammad Jafar Montazeri ha annunciato la nascita di una commissione congiunta tra il Parlamento e il consiglio Supremo della rivoluzione culturale per “riesaminare” la questione del velo. È improbabile che la guida suprema Khamenei sia disposta a concessioni radicali su quello che considera il suo muro di Berlino: l’ayatollah ha in mente gli ultimi giorni dello Scià, le prime concessioni che incentivarono le piazze e portarono alla sua caduta. Ma l’esame della commissione potrebbe determinare cambiamenti nel modo in cui viene applicata e fatta rispettare la legge.
Al di là della propaganda, che accusa i manifestanti di essere burattini nelle mani di intelligence straniere, la leadership iraniana sa di trovarsi di fronte a una rivoluzione culturale. Le immagini delle donne che si tolgono il velo, delle giovanissime che lo bruciano sostenute dai loro compagni, degli universitari che a mensa abbattono le separazioni di genere sono il segnale di uno smottamento profondo, una generazione che chiede democrazia, parità, diritti civili e politici. Una generazione con cui non si può non fare i conti, in un Paese dove l’età media della popolazione è 32 anni. Qualche settimana fa è stato Ali Larijani, un moderato conservatore, potente ex speaker del Parlamento, a esprimersi a favore della libertà di scelta sul velo. Durante la conferenza, a Montazeri è stato chiesto anche come mai la Gasht-e-Ershad, la cosiddetta polizia morale accusata della morte di Mahsa Amini che ha dato il via alle proteste, non si vedesse più per le strade dell’Iran. Il procuratore ha risposto che la Gasht -e-Ershad non dipende dalla magistratura, e che «chiunque l’ha creata l’ha chiusa».
Voluta nel 2005 dal governo di Ahmadinejad per vigilare sul rispetto dei rigidi codici di abbigliamento imposti alle donne, era stata messa daparte durante gli anni del moderato Rouhani e riportata in forze per le strade dal conservatore Raisi. Dai giorni successivi all’inizio delle manifestazioni è sparita. Le parole del procuratore hanno fatto il giro del mondo, ma non ci sono conferme ufficiali che la polizia morale sia stata abolita. Piuttosto, è una sospensione de facto. La giornalista di Bloomberg Golnar Motevalli chiarisce: «Non c’è stato alcun annuncio ufficiale di un’abolizione formale o di uno scioglimento della polizia morale, ma un riconoscimento da parte di un alto funzionario giudiziario che le sue attività sono state sospese/ interrotte. La gestione delle pattuglie è da anni competenza di Polizia e ministero dell’Interno». Il quotidiano filogovernativo Al-Alam accusa la stampa estera di strumentalizzare una notizia falsa per mostrare che il governo fa concessioni in realtà inesistenti, alcuni attivisti invece considerano le parole di Montazeri un diversivo per calmare la tensione.
Negli Usa prevale la prudenza, se non lo scetticismo. Parlando allaCbs,il segretario di Stato Blinken ha commentato così la notizia: «Dipende dal popolo iraniano. Riguarda loro, non noi. Quello che abbiamo visto dopo l’uccisione di Mahsa Amini è stato lo straordinario coraggio dei giovani iraniani, in particolare delle donne, che difendono il diritto di dire ciò che vogliono, e indossare ciò che vogliono. Se il regime ha ora risposto in qualche modo, potrebbe essere una cosa positiva. Ma dobbiamo vedere come si svolge effettivamente nella pratica e cosa ne pensa il popolo iraniano». E da Roma il ministro degli Esteri Tajani osserva: «Se sarà confermato, può essere visto come un atto di buona volontà. Ma è un piccolo passo che non cambia la situazione di repressione, che resta inaccettabile»