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 2022  dicembre 04 Domenica calendario

Il mercato degli ovini vale un miliardo

Dici Chèvre o Roquefort di capra il primo, di pecora il secondo e passi subito per un esperto di formaggi e in particolare di quelli francesi. Eppure, è l’Italia il primo produttore europeo di caci a base di latte di pecora (terzo per la produzione di latte ovino dietro Grecia e Spagna e al settimo posto per la produzione di carni ovicaprine). Con un valore della produzione di poco sotto il miliardo di euro, il comparto ovicaprino incide per poco più dell’1% sulla produzione agricola nazionale e per il 4,4% nella produzione zootecnica. «Questo ha denunciato ieri Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura, nel corso della Fiera Internazionale Zootecnica che chiude oggi a Cremona è un comparto dimenticato, dalla politica nazionale ed europea. Fuori dalla Sardegna quasi non si sa nemmeno cosa siano le pecore, ma per tante ragioni la pastorizia è attività economica fondamentale. Lo dico senza timore di smentita. Altri paesi, penso ad esempio all’Australia con la lana, hanno scommesso sul settore. Dobbiamo riportarlo al centro, parlando di latte, di carne e di lana».
LE ALTERNATIVE
Puntare sulla produzione e la lavorazione di lana è la chiave di svolta più innovativa per unire in un unico progetto agricoltura e moda, due ambiti riconosciuti dell’eccellenza italiana e simbolo dell’italian style nel mondo. Al di là dei numeri, il settore è un presidio essenziale per il mantenimento di intere comunità e a tutela delle campagne in aree spesso a rischio idrogeologico che altrimenti rischierebbero lo spopolamento totale. Non mancano ancora a proposito di connessioni tra mondi apparentemente lontani esperienze come quella annunciata la scorsa settimana a Pompei: 150 pecore – già definite eco pascolo- consentiranno in maniera ecosostenibile e senza alcuna spesa per l’amministrazione, il mantenimento all’interno dei parco archeologico delle superfici ancora non scavate, assicurando il contenimento delle malerbe e la concimazione naturale dei terreni. «A volte l’innovazione più grande è il ritorno alle nostre radici», ha spiegato il direttore del Parco archeologico, Gabriel Zuchtriegel. La Sardegna è la regione regina del settore con un giro d’affari di 572 milioni di euro, seguita da Toscana (300 milioni) e Lazio (87.138). Sicilia e Calabria sono le altre due aree maggiormente interessate. Nei 135.707 allevamenti al momento i capi sono 7,5 milioni di capi (400 mila in meno rispetto a cinque anni fa). La produzione di formaggi ovini italiani pesa il 31,9% del totale europeo (233 mila tonnellate), tant’è che i soli 18 formaggi ovicaprini dop e igp italiani sono la metà di tutti i formaggi europei di settore a marchio tutelato. In termini di fatturato il pecorino romano batte tutti. «Contiamo ha affermato ieri il presidente del consorzio del pecorino romano Gianni Maoddi – su 12.161 allevamenti tra Sardegna, Lazio e provincia di Grosseto e 44 trasformatori, con oltre 245 milioni di litri di latte conferiti e 1.167.584 di forme prodotte ogni anno. Il 66% della nostra produzione è esportata all’estero, con gli Stati Uniti che rappresentano il 70% del mercato, seguiti dall’Unione Europea con il 28%».
I RISULTATI
Lusinghieri anche i risultati del Pecorino Toscano, prodotto in Toscana, in due comuni dell’Umbria e in 11 nella parte nord del Lazio. Carlo Santarelli, presidente del consorzio sintetizza i dati: «I capi sono 250.000 e 19 caseifici che lavorano 40 milioni di litri di latte conferiti ogni anno. L’export estero aumenta. Abbiamo chiuso il 2021 con un ottimo +10%, con Stati Uniti e Germania principali destinazioni. La prossima frontiera sono i mercati asiatici». Non mancano i problemi. «Purtroppo afferma Angela Saba, responsabile del settore in Confagricoltura anche noi stiamo vivendo una difficile congiuntura a causa dell’aumento dei costi di produzione e delle quotazioni insoddisfacenti che, sebbene in aumento, non consentono di coprire i maggiori costi, soprattutto a causa dei rincari per mangimistica ed energia».