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 2022  dicembre 04 Domenica calendario

Biografia di Ida Galli raccontata da lei stessa

È bellissima. Seduta sul divano di casa, Ida Galli, parla della sua vita con il divertimento e il distacco simile a chi racconta la trama di un film coinvolgente o quella di un romanzo interessante.
Lei è una sorta di meteora – volontaria – di lusso del grande schermo: in quindici anni ha recitato con e per i big, è passata da Vittorio De Sica a Marcello Mastroianni, da Luchino Visconti a Vittorio Gassman e Alberto Sordi. È stata avvolta dal successo, dal glamour, sia dalla Dolce vita reale (“La sera andavo spesso a via Veneto”) sia dalla trasposizione cinematografica (“Fellini era una persona dolcissima”).
Poi basta. Addio. “E l’ho deciso io. Però ho ancora il piacere del cinema, ma ci devo andare di nascosto da mia figlia: è preoccupata per il Covid”.
I suoi film li vede?
Quasi mai, giusto se passano qualcosa in televisione; (cambia tono) da qualche tempo mi chiamano da Francia, Inghilterra e Stati Uniti per interviste: loro trasmettono spesso i miei film. E pensare che la mia carriera è durata poco.
Come mai?
Ho deciso di smettere non per carenza di possibilità: quando mi sono ritirata avevo ancora sette o otto copioni da valutare e anche dopo il mio addio, per anni, hanno provato a contattarmi.
Cosa era successo?
Ero stato viziata dal cinema, da subito avevo lavorato con i grandi, ero partita con due star come Domenico Modugno e Vittorio De Sica per Nel blu dipinto di blu(fissa negli occhi) chi vuole rivedere Roma per com’era deve riprendere quel film…
Insomma.
Poi sono stata sul set con Gassman e Mastroianni, con Visconti ne Il Gattopardo, con Fellini, ma negli anni Settanta era cambiato il cinema, era scomparso quel tipo di realtà. Mi proponevano solo pellicole in cui era obbligatorio spogliarsi, dentro un clima di mediocrità. Io avevo già due figli.
I suoi quindici anni di cinema sono da ghota.
E neanche me ne rendevo pienamente conto; (sorride) al tempo credevo di essere stata un personaggio secondario de Il Gattopardo, di non aver girato quasi nulla. E sbagliavo: l’ho rivisto da poco e sono continuamente presente, esattamente come sosteneva Visconti; Visconti mi voleva sempre vicino a Lancaster, secondo lui ci assomigliavamo tantissimo. Dopo Il Gattopardo avevo deciso di mollare.
Di già?
Mi ero sposata, pensavo fosse giusto smettere. Eppure mi chiamavano tutti (interviene la figlia Deborah: “Secondo Visconti era il viso più bello d’Italia, e proprio Visconti è un rimpianto”).
Che rimpianto?
Mi cercava per Morte a Venezia, per mesi la produzione ha torturato mio marito per convincermi, ma una sorta di timore mi ha bloccato: ero certa che se avessi girato quel film non sarei più potuta tornare indietro, avrei perso la libertà di scegliere il mio futuro, sarei stata per sempre un’attrice.
Come ha iniziato?
Con mia sorella andavamo al mare in uno stabilimento di Ostia, lo stesso frequentato da un attore francese, Gérard Landry: proprio lui, una mattina, inizia a scattarmi qualche foto. Quelle foto poi le mostra al suo agente e il suo agente le porta a Piero Tellini; Piero era disperato perché da sei mesi cercava una ragazza adatta al suo film.
E…
Mi chiamarono subito, solo che non volevo, il mio sogno era quello di insegnare, e poi su di me incideva il fattore timidezza: in fin dei conti arrivavo da Sestola; (cambia tono) mamma e le mie sorelle erano d’accordo, mi spingevano, soprattutto perché stavamo vivendo un momento particolare: papà era morto da un anno e non era una situazione economicamente facile.
Così…
Accettai il provino.
Emozionata?
E qui c’è un paradosso: normalmente ero timida, eppure non ho mai avuto problemi a recitare, neanche quando De Sica mi ha voluto accanto mentre cantava; (cambia tono) se rivedo quelle immagini di Nel blu dipinto di blu, mi commuovo, perché più dei film, il cinema mi è mancato per le persone che ho avuto la fortuna di conoscere.
Ha mai frequentato una scuola di recitazione?
No, e lo chiedevo a Visconti: “Cosa mi consiglia?”. E lui: “Vanno evitate, altrimenti si perde questa spontaneità”.
A Visconti dava del lei?
(Stupita) Sempre. Anche a Rina Morelli, con la quale ha lavorato a lungo, non ha mai concesso il “tu”. E sul set era obbligatorio un certo contegno: per Il Gattopardo, noi contessine, eravamo obbligate a stare sempre al piano superiore della villa, isolate; (sorride e ci pensa) io altissima per allora, un metro e 74, ogni giorno indossavo le calze d’epoca molto più piccole del necessario, sopra avevo quattro sottovesti e gli stivaletti alti.
Sempre?
Certo, e pretendeva anche il profumo, la pettinatura e altre amenità: per Visconti era tutto necessario per entrare nel personaggio e restarci.
Visconti non amava molto gli attori.
Ne sono convinta, ma se avevi qualche dote venivi trattata da pupilla; (sorride) adoravo Burt Lancaster, era fenomenale: la sala trucco era sempre al piano superiore della villa e lui non prendeva mai le scale, ma si arrampicava da fuori, entrava dalla finestra, gigioneggiava, ma nel momento in cui finiva la sua preparazione, si trasformava fisicamente e mentalmente nel Gattopardo; (pausa) pure Mastroianni era un po’ così (la figlia la blocca: “Mamma, e Alain Delon?”.Che succede con Delon?: “Abbiamo ritrovato una sua cartolina con su scritto: ‘Ti prendo e ti porto a Parigi’. Peccato che non gli hai mai risposto”).
Ha snobbato Delon?
(Sorride) Nel caso avrei scelto Lancaster. E comunque ero fidanzata; (si ferma, mostra una foto) qui c’è pure Giuliano Gemma: prima del film, Visconti, ci ha spedito a lezione per due mesi: lui di canto, io di pianoforte. E con me fu terribile: “Sai suonare?”. No, maestro. “Come può una ragazza della tua età non possedere neanche un po’ di cultura musicale?”.
Però nel film non si vede mentre suona.
Era uguale. Non importava. Se per entrare nella parte Visconti pretendeva le calze antiche, figuriamoci per una scena di canto e pianoforte: dovevamo essere perfettamente preparati, non importa se inquadrati o meno. Io e Giuliano atterriti, e non esagero, se qualcosa non andava, volavano schiaffoni.
Chi ne ha preso uno?
In particolare? Delon.
Insomma la scena della musica?
Mi siedo al piano, tocco i tasti, e non sento nulla: li aveva silenziati, non avrebbe sopportato una stonatura.
Si è mai stressata?
In realtà mi divertivo; (cambia tono) una volta ho preso una Ferrari e ho guidato fino a Catania.
Ferrari di chi?
Di Delon. E si è pure fermata in mezzo alla strada, c’è una foto di me con il fazzoletto in testa, in mezzo al nulla, con quattro contadini stupiti, seduti su un muretto a secco; sul set ero molto ligia, fuori dal set totalmente indipendente, con Visconti incavolato perché non partecipavo alle cene della compagnia. E Palermo era ai nostri piedi, ogni giorno organizzavano feste.
Quanti film ha girato?
63 o 64 con in mezzo due maternità.
Nel 1989 è tornata per un ruolo in Fratelli d’Italia.
Perché me l’ha chiesto Christian De Sica e mi sono pentita. Alla fine delle riprese ho deciso nuovamente di mollare; De Sica è bravissimo, umile, Neri Parenti è una persona deliziosa e mi hanno trattato benissimo, ma quello non è il mio genere.
Qual è il suo genere?
Mi piacerebbe Pupi Avati, le sue storie con le signore di una certa età (su questa storia di Pupi Avati si apre una querelle che dura a lungo. È preoccupata: “Per favore non metta questa risposta, non vorrei apparire come una che si propone”. E la figlia: “Che c’è di male?”).
Tarantino lo ha conosciuto?
No, ma sa chi sono (la figlia: “Stavano organizzando un incontro…”). Non ci sarei mai andata, come non vado da tempo in televisione, né a Venezia quando mi hanno chiamata per celebrare i film western: ne ho girati otto con Gemma, per tre volte ho interpretato sua moglie. Ed eravamo molto amici.
Perché non va?
Davvero, è un mondo che non mi appartiene, non racconto mai il mio passato.
E da fuori, come giudica gli attori?
Persone molto fragili; (cambia tono) ricordo Mastroianni sul set di Fantasmi a Roma, era frastornato. E spesso ripeteva “io che non ho mai avuto una crisi, ora sono nervosissimo, non riesco a dormire?” Il problema era uno: dopo il successo della Dolce vita non sapeva come restare a quel livello di popolarità.
E Gassman?
Uomo divertente. Divertente da matti, saltava, urlava, prendeva in giro. E non si poneva troppi interrogativi: quando recitava era più leggero, mentre Mastroianni studiava come nessun altro, non riusciva ad arrivare al ciak senza una preparazione perfetta; (sorride) anche la Morlacchi era tesissima, metteva un’ansia incredibile.
Alberto Sordi?
Con lui, sul set, non si poteva mai scherzare, impossibile ridere. Si controllava, anzi si dominava; in alcuni momenti decideva che era giunto il momento di riposare: “Ora dormo quindici minuti”. E non era un modo di dire, quindici esatti e tornava. In quanto a simpatia, recuperava fuori dalla liturgia cinematografica.
Qual è stato l’attore con l’ego più forte?
Solo i mezzi attori sbandierano il loro ego, i grandi non ne hanno bisogno; uno antipatico da morire era Jack Palance, con lui ho girato negli Stati Uiti, aveva perennemente quell’atteggiamento distaccato, di superiorità.
Il suo momento di massima fama.
In realtà da subito; dopo Il blu dipinto di blu raggiungo il mio futuro marito a Palermo, giocava a pallone con i rosanero. Andiamo al porto, perché voleva mostrarmi le navi che partivano per l’America, con quelle scene da film: le donne che piangevano dalla banchina, i figli sui parapetti con il fazzoletto in mano; insomma camminiamo, passiamo davanti a una nave della Marina, e all’improvviso i militari iniziano a correre sul ponte e a cantare nel Blu dipinto di blu.
Con i primi guadagni, come si è comportata?
Ho acquistato la casa per la mia famiglia.
La sicurezza.
Ci tenevo, nonostante il mondo incredibile che avevo davanti; il secondo film è stato Una fille pour l’été di Édouard Molinaro; partii a giugno, anche lì trattata da regina, peccato che dopo un mese Molinaro entra in crisi morale e a me, nell’attesa di una soluzione, mi assegnano una suite in un super hotel di Nizza. Quella crisi è durata un mese e mezzo.
E lei?
Ero entrata nel gruppo dello champagne, con sette o otto motoscafi a disposizione, poi andavamo a Saint Tropez, alle feste di Brigitte Bardot, a Montecarlo al casinò. Una gioia incredibile.
Suo marito geloso?
Era in una tournée in America con il Palermo (la figlia: “Papà aveva capito che andava lasciata libera”).
I produttori l’hanno mai infastidita?
Poteva capitare, era quasi normale, ma non mi sono mai trovata in situazioni eccessive; (cambia tono) una volta, proprio un produttore, innamorato di me, mi propose di andare in Inghilterra per studiare e per alcuni progetti. Erano chiare le sue intenzioni. Ho rifiutato.
Lei chi è?
Una persona molto fortunata; (abbassa la voce) ho avuto i miei guai, come capita nella vita, ma ho conosciuto persone straordinarie in situazioni straordinarie e senza scendere a compromessi; (pausa) davvero, mi raccomando su Avati: non voglio tornare a recitare.