la Repubblica, 4 dicembre 2022
Costretti a votare Pd
È uscita per People, una casa editrice di libri letti da coloro che pensiamo non leggano (i giovani, sì. Quello che gli interessa lo seguono, addirittura lo comprano) un’invettiva, un breve testo accorato e ironico che s’intitola Il sequestro. Sottotitolo: Controstoria del Partito Democratico. Lo ha scritto Marco Tiberi, un bravo sceneggiatore che lavora per cinema e tv, uno che conosce il linguaggio del presente ma che ha radici antiche nella militanza, nella passione politica, nella sinistra: cose del Novecento. La tesi è che il Pd abbia sequestrato il venti per cento della popolazione. Connazionali di orientamento progressista tenuti prigionieri e costretti contro la loro volontà a esprimere un voto sostanzialmente coatto, di cui neppure loro sanno dare spiegazione: perché è “il meno peggio”, “per fermare le destre”, “per mancanza di alternativa”. Il passo d’inizio è capire quando sia iniziato il sequestro. L’ipotesi – suggerita da uno spunto offerto da Cirino Pomicino, vecchio dc – è che sia accaduto a metà degli anni Novanta, data a partire dalla quale lo scopo principale della sinistra è stato combattere un solo uomo, Silvio Berlusconi, e il suo sistema di potere. Così per i successivi vent’anni. Ricorda Pomicino, Tiberi riporta, che quegli stessi anni hanno visto contrapposti due miliardari – Berlusconi e Carlo De Benedetti – in guerra per il Lodo Mondadori e per il processo Imi-Sir. La domanda è “non sarà che gli elettori italiani di sinistra, mentre pensavano di fare politica, si stavano in realtà costituendo parte civile di uno fra i due?”. Da qui una serrata cronistoria che prova a spiegare perché il partito abbia perso contatto coi ceti meno abbienti. La grande domanda.