La Lettura, 4 dicembre 2022
La rete degli alberi
l 7 agosto 1997 la rivista scientifica «Nature» dedicò la copertina del numero 388 allo studio di una scienziata canadese della Columbia Britannica, Suzanne Simard. Venne scelta la foto di una foresta e un titolo, Il Wood Wide Web, capace di scatenare un dibattito scientifico piuttosto acceso che dura ancora oggi. I redattori della rivista, impressionati dalla ricerca di Simard, coniarono quest’espressione con l’intenzione di rendere più immediati i risultati pubblicati nel numero. L’idea che gli alberi si scambino molecole e nutrienti nel sottosuolo grazie alle radici e al contributo delle comunità di funghi che vivono in simbiosi con loro, dando origine a una rete che ricorda internet, il World Wide Web, è riuscita ad arrivare al grande pubblico, affascinandolo.
Simard ha raccontato la genesi del suo studio in un libro, intitolato L’Albero Madre. Si tratta di un volume corposo, narrativo, in cui l’autrice ha voluto raccontare non soltanto le sue ricerche ma anche la sua vita personale, dall’infanzia passata nei boschi del Canada occidentale in una famiglia di taglialegna agli anni difficili dell’università, senza tralasciare la lotta contro il tumore al seno. È un libro che, come L’ordine nascosto di Merlin Sheldrake e La vita segreta degli alberi di Peter Wohlleben, cambia la prospettiva del lettore, portandolo a guardare gli alberi a partire dalla rizosfera, l’universo a noi per lo più invisibile che circonda le radici.
Negli anni il concetto di Wood Wide Web ha ricevuto diverse critiche, soprattutto perché a molti esperti di funghi e di foreste pare una costruzione narrativa che non rispecchi la realtà dei fatti. Il rischio, sostengono i detrattori, è che comunichi un’idea sbagliata di che cosa sia una foresta e di come funzioni. In particolare, propone la foresta come un mondo cooperativo, in cui gli alberi si aiutano l’un l’altro, scambiandosi sostanze vitali. Eppure nel libro Simard rimarca questa visione, proponendo l’idea che alcuni alberi, chiamati «alberi madre», funzionino come gli hub di una rete e siano quindi in grado di sostenere gli altri grazie a un’interconnessione complessa che nasconde ancora segreti.
Consapevole di utilizzare spesso un linguaggio scientificamente inadeguato, la scienziata canadese si difende sostenendo di «usare termini come “madre” e “bambini” per aiutare i ragazzi a comprendere i concetti», sicura che saremo in grado di difendere le foreste soltanto se riusciremo a comunicare la loro complessità alle nuove generazioni. L’Albero Madre tuttavia non è soltanto la storia di un’idea e di cosa si nasconde nel sottosuolo. Simard infatti racconta anche le difficoltà che ha dovuto affrontare in quanto donna nel corso della sua carriera. La gestione forestale e l’industria del legname sono ancora oggi mondi prettamente maschili, dove il machismo regna sovrano. L’affermazione dei suoi studi e del suo successo arrivarono dopo anni di lotte e dibattiti, conferenze infuocate e paure legate non tanto ai numerosi grizzly presenti nelle foreste canadesi ma agli squali che dirigono aziende capaci di radere al suolo intere foreste secolari in nome del profitto, senza voler ascoltare il parere degli scienziati o sottostare alle leggi che regolano il settore.
Una vera battaglia, quella combattuta da Simard, che purtroppo non resta un caso isolato. Lo dimostra un altro libro intitolato La mia vita con gli alberi. L’ha scritto l’arborista e tree-climber francese Karine Marsilly, che ha dedicato la sua vita alla cura degli alberi, diventando la prima donna in Francia a specializzarsi nell’arte della potatura. Il libro, un memoir accattivante che svela i segreti di un mestiere inconsueto ed è accompagnato dalle splendide illustrazioni di Anna Regge, si apre con una scena inequivocabile: un cliente impedisce a Marsilly di salire su un albero da potare per proteggerla da eventuali rischi. Se L’Albero Madre svela la rizosfera, La mia vita con gli alberi è un libro che porta il lettore sugli alberi, nel folto delle loro chiome, fra rami pericolanti, nidi d’uccello e nugoli di calabroni. Si tratta di una prospettiva nuova, inconsueta, che permette di comprendere come gli alberi crescano, come si sviluppino e soprattutto come spesso vengano considerati un rischio o un impiccio senza che in realtà lo siano davvero. Dopo aver assistito oltre 7 mila alberi in 15 anni, Marsilly svela perché la potatura sia un’arte che va esercitata con grande precisione, dato che la salute di un albero può facilmente essere messa in crisi da un intervento scorretto o grossolano, tipico di chi, motosega alla mano, si improvvisa potatore.
Marsilly, come Simard, si fa ambasciatrice di alberi e foreste, sottolineando come sia «difficilissimo far arrivare la voce degli alberi», soprattutto a cittadini preoccupati di subire danni o a politici spaventati all’idea di prendere le difese di un albero e non degli elettori. Un impegno che però dovrebbe, secondo il botanico francese Francis Hallé, rispettare e preservare prima di ogni altra cosa l’alterità della pianta, la sua unicità. Come scrive nel libro In difesa dell’albero, è importante «preservare l’alterità degli alberi come una delle risorse più preziose tra quelle che ci aiutano a vivere, in un mondo sommerso dall’umano».
Hallé descrive l’albero rimanendo all’interno di una cornice classica, dato che l’interfaccia uomo-albero rimane il solo punto di incontro che possiamo utilizzare per guardare foreste e boschi. Tuttavia, nel corso del libro non dimentica mai di mettere in evidenza i diversi problemi che incontriamo nello studio e nella descrizione del funzionamento e dell’anatomia arborea. Le parole, sostiene il botanico francese, sono lo scoglio più grande. Sebbene l’intero libro esplori in dettaglio il mondo della silvicoltura e delle tecniche con cui ci prendiamo cura di alberi e piante da secoli, Hallé ammette che il glossario tecnico è purtroppo insufficiente per descrivere la complessità degli alberi e, soprattutto, la loro sensualità.
Suzanne Simard L’albero madre. Allascoperta del respiro e dell’intelligenza della foresta Mondadori