Robinson, 3 dicembre 2022
I delitti della camera chiusa
Quando ho cominciato a pensare a come costruire Quel che la marea nasconde, avevo già la soluzione del caso impossibile. In effetti, prima di digitare l’incipit sul mio computer, mi era già chiaro come sarebbe stato eseguito il crimine della «camera chiusa». Sarebbe stato impossibile per me avviare un’impresa del genere senza un’attenta progettazione e un lavoro preliminare. Credo che un buon libro vada lavorato e osservato come un grande quadro, dal quale ci si allontana per ammirarlo nel suo insieme e al quale ci si accosta per apprezzarne i dettagli, per verificare se l’esecuzione sia adeguata. I pezzi del romanzo devono collimare come in un orologio; non si devono né si possono ammettere errori, in nessun caso, perché se il meccanismo è difettoso il pezzo potrà anche essere bello, ma di certo non funzionerà. Di tanto in tanto lo si contemplerà, poi finirà dimenticato in un cassetto. Detto questo, torno alla premessa iniziale: prima di cominciare ascrivere, conoscevo già la soluzione del caso. Correva l’anno 2004, esercitavo la professione di avvocata in uno studio legale e vi garantisco che non mi passava per l’anticamera del cervello di cambiare mestiere e diventare scrittrice. Tuttavia, l’idea apparve e mi si piantò dentro. Senza volerlo, andavo a dormire ogni notte sognando intrighi, immaginando scene. Mi succede fin da piccola. Sogno incessantemente, visualizzo possibili scene quotidiane della vita di chicchessia. Spero di cuore che fra di voi ci sia qualcuno a cui accada la stessa cosa e che non mi lasci da sola davanti a questa inesauribile sorgente di fantasie che mi circonda giorno e notte. Tuttavia, con una delle solite piroette della vita, ho finito per diventare scrittrice. Il delitto impossibile diQuel che la marea nasconde, in cui una donna muore – apparentemente accoltellata, anche se l’arma non si trova – chiusa nella cabina di una nave, doveva basarsi su un fatto verosimile. Bisognava che la mia storia fosse solo una versione di qualcosa che può accadere nella vita reale. E così è nata l’idea di quella goletta che solca la baia di Santander: a bordo solo otto ospiti che – naturalmente – odiano la vittima, la quale prima di morire lancia un urlo straziante. Per dar seguito alla mia idea di omaggio ai romanzi del primo Novecento, avevo bisogno di un certo ambiente d’élite, di personaggi di un certo livello sociale. Ho subito associato l’ambientazione al Palazzo della Magdalena, all’avenida Reina Victoria di Santander e all’Hotel Real. È vero che oggi il palazzo è adibito a museo e ospita una bellissima sede di eventi, che l’avenida non è altro che una strada elegante che si snoda lungo il mare, e che l’Hotel Real non simboleggia più il classismo né mette limiti all’accesso. Ma quel che cercavo era il simbolismo, ciò che ai suoi tempi quello spazio avrebbe significato per la società o l’ambiente del luogo, cose che descrivo nel romanzo. C’è poi l’aspetto della pianta: ce n’era bisogno, dato che la stragrande maggioranza dei gialli della camera chiusa che mi hanno ispirato ne avevano una incastonata tra le pagine. Confesso che mappe simili non mi sono mai state di grande aiuto, quando si trattava di scervellarmi alla ricerca dell’assassino, ma a studiarle mi divertivo, per verificare se lì si nascondesse l’astuzia del crimine. Lo ammetto: mi sono divertita moltissimo a scrivere questo romanzo, volevo giocare con tutti i lettori, aggiungere un po’ di pepe. E rendere omaggio ai miei scrittori preferiti: per questo quasi tutte le citazioni provengono da gialli a camera chiusa, anche se per opportunità mi sono concessa qualche eccezione, rispettando comunque la regola che l’autore citato avesse effettivamente costruito romanzi di natura simile. I buoni libri non danno risposte, fanno domande. Ogni lettore deve decidere sui vari personaggi secondo le loro azioni e manifestazioni, e secondo le proprie convinzioni e idee proverà più simpatia per l’uno o per l’altro. È stato questo l’aspetto più complesso del romanzo, ancor più della soluzione del caso impossibile. Il difficile è stato dar vita a questi testimoni e potenziali sospettati di omicidio, rendere credibili loro e il loro odio per la vittima. Spero di avercela fatta.Maria Oruna Quel che la marea nasconde Ponte alle Grazie