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 2022  dicembre 03 Sabato calendario

Biografia di zio Paperone

Quando nacque, già anziano, nel dicembre 1947, doveva essere poco più di una comparsa. Una parodia con becco e piume dell’Ebenezer Scrooge di Charles Dickens. E invece, sulle pagine della rivista «Four Color», debuttò quella che sarebbe poi diventata una star del fumetto Disney (e non solo): Paperon de’ Paperoni, altresì detto «zio Paperone». Ancora non indossava la tuba, la palandrana e le ghette che sarebbero poi diventate la sua divisa d’ordinanza e non aveva neanche incontrato le sue future nemesi (dalla Banda Bassotti alla strega Amelia passando per il rivale in affari Rockerduck). Non aveva nemmeno una storia alle spalle: era solo l’anziano e curvo zio di Paperino. Da allora sono passati ben 75 anni, ma lo «zione» – come lo chiamano, affettuosamente, i nipoti – non è invecchiato di un giorno. In compenso, è cambiato parecchio. Ed è diventato un mito.

Prendiamo, ad esempio, il suo Deposito ricolmo di monete: è, forse, l’edificio a fumetti più famoso di sempre, tanto che nel 2020 è uscito un volume (serio) che ne analizza l’architettura (Mr. Bin. Architetture per il deposito di Scrooge McDuck, Maglio editore, 2020). Citarlo è indispensabile, perché l’attaccamento di Paperone al suo denaro (quantificato in spaventilioni, fantastiliardi e altre pseudo-unità di misura iperboliche) è proverbiale. Ma oltre ai soldi c’è di più. Lo zione è coraggioso, leale, capace di grandi gesti di generosità (per lo più in segreto). Ed è, senza dubbio, il più intraprendente tra i paperi, motore di alcune delle loro storie più riuscite. È lui a decidere di creare una telenovela coinvolgendo tutto il parentado (Il papero del mistero di Silvia Ziche), lui a dare vita a una band per scalare le classifiche (Paperinik e il festival di Sanromolo di Bruno Sarda e Giorgio Cavazzano), sempre lui a girare un film con cui concorrere alla mostra del cinema di Venezia (Zio Paperone alla conquista del Leone d’oro del già citato Cavazzano).
E poi ci sono le avventure. Paperone ha esplorato gli abissi per recuperare il relitto del Titanic (anzi, Paperic), fatto spostare il tempio di Abu Simbel (ben sette anni prima che accadesse nella realtà!), viaggiato più volte nello spazio e nel tempo. È stato nel Klondike, in Australia, in tutte le giungle e su tutte le vette. Ma cosa lo spinge? «In apparenza, parte sempre alla ricerca di un tesoro, ma in realtà, come un bambino, vuole scoprire cose nuove con cui riempirsi il cuore», spiega il fumettista Fabio Celoni, 51 anni di cui 31 passati a disegnare paperi, topi e altri personaggi Disney (come i tre porcellini ed Ezechiele Lupo, con cui debuttò su «Topolino», appena diciannovenne, nel 1991). «Paperone», prosegue il fumettista, «è un grande avventuriero. E, come tutti gli avventurieri, è prima di tutto un sognatore». Un po’ fanciullesco, di sicuro inarrestabile, nonostante l’età. Tanto che, in occasione del suo settantacinquesimo compleanno, lo vedremo alle prese con nuove rocambolesche avventure, scritte e disegnate proprio da Celoni.
La saga (in 5 puntate) si intitola Il destino di Paperone e inizierà sul numero 3.499 di Topolino (in edicola, fumetteria e online dal 14 dicembre). Zio Paperone riparte da zero, si legge sulla copertina (che «la Lettura» presenta in anteprima), e non è un’esagerazione: Celoni ha voluto esplorare la vulnerabilità di Paperone, andando in cerca del suo «punto di rottura». «L’ho voluto mettere di fronte a una sfida in cui rischia di perdere ciò che ha di più caro», spiega. La mitica Numero uno? Tutto il denaro del deposito? L’autore glissa, per non sciupare la sorpresa. Ma lascia un indizio. «C’è una poesia grandissima nel personaggio di Paperone. Mette la maschera dell’avaro, ma se ci si ferma a quella si vede solo il cosplay, non l’uomo. Anzi, il papero».
Del resto, è all’umanità di Paperone, e non alla sua maschera, che si sono affezionate già tre generazioni di lettori. Merito dei tanti autori che, nel corso dei decenni, hanno saputo plasmarla. A cominciare, naturalmente, dal suo creatore: Carl Barks, «l’uomo dei paperi», mente – oltre che matita – ormai leggendaria. Fu lui a intuire che Paperone potesse essere più di un bisbetico riccone. Con storie come La disfida dei dollari gli ha dato spessore psicologico, in Zio Paperone e la Stella del Polo ne ha esplorato i sentimenti, e in tanti, tantissimi fumetti ormai considerati classici lo ha tramutato in un giramondo. «Proprio lui che non si è mai mosso di casa!», commenta Celoni: «Barks – spiega – non era un gran viaggiatore, ma traeva ispirazione dai libri e dalle riviste, come Emilio Salgari. Entrambi avevano le avventure nel cuore e le vivevano attraverso i loro personaggi».
Se le peripezie che Celoni ha messo in scena ne Il destino di Paperone sono un omaggio dichiarato a Barks, nella saga si avverte anche l’eco di altri autori. Nel lessico di Paperone, ad esempio. «Per dargli voce ho attinto dalle mie letture, soprattutto giovanili», spiega il fumettista, alla sua prima prova come sceneggiatore, oltre che disegnatore, di una storia per «Topolino». Tra le fonti di ispirazione cita Guido Martina (padre nobile del ricco filone delle parodie Disney), Giorgio Pezzin, Rodolfo Cimino. E, soprattutto, Romano Scarpa, autentico maestro che di Paperone è stato uno degli interpreti più originali e influenti (non solo in Italia). Tanto che la trama della saga di Celoni ha come punto di partenza proprio una storia scarpiana del 1960, Paperino e le lenticchie di Babilonia.

Barks, Scarpa, Cimino, Martina, Ziche, Cavazzano, Celoni. Ma anche l’americano Don Rosa, artefice della mastodontica (e amatissima) Saga di Paperon de’ Paperoni, biografia-epopea che ripercorre dall’inizio la vita dello zione. Gli autori che si sono cimentati con la figura del papero con la tuba sono tanti – troppi per elencarli tutti in queste righe – e ciascuno di loro ne ha dato una sua interpretazione, pur restando all’interno del solco disneyano. Un minimo comun denominatore, però, c’è. E non è l’avarizia, bensì, giura Celoni, l’«indistruttibile forza d’animo» di Paperone. Anche perché, precisa il fumettista, lo zione «non è avaro come si pensa»: «È capace di scommettere tutta la sua fortuna nel nome di un sogno».
La verità è che Paperone non si lascia semplificare. «È complesso, sfaccettato – conferma Celoni – e ha dei lati che non rivela a tutti. Forse è proprio questo che fa di Paperone il personaggio più profondo, e più umano, del fumetto Disney. E non solo di quello». Lo pensava anche Dino Buzzati, che nel 1968 scrisse che la statura di Paperone e Paperino, «umanamente parlando», non è «inferiore a quella dei famosi personaggi di Molière, Goldoni, Balzac o Dickens». E probabilmente lo pensano anche gli oltre 200 mila aficionados che affollano i profili social della community Ventenni che piangono leggendo la saga di Paperon de’ Paperoni, nata nel 2013 e da allora in continua ascesa. Per lasciare un segno così profondo nell’immaginario collettivo non basta un deposito pieno di monete: ci vuole carattere. E quello, a Paperone, non manca. Ma cos’ha da insegnare ai ragazzini e alle ragazzine di oggi un plutocrate vecchio di 75 anni? «A credere nei propri sogni», risponde Celoni. «Valeva 75 anni fa e vale ancora oggi, nel 2022».