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 2022  dicembre 02 Venerdì calendario

Intervista a Lodo Guenzi (che ora è un attore)

Di questa Italia in vacanza che dava il titolo alla canzone con cui stava addirittura per vincere un Festival di Sanremo con lo Stato Sociale, Lodo Guenzi salva poco o niente se non il fatto che altrimenti non saprebbe dove vivere: «Un Paese alla frutta», dice al telefono mentre, dal set romano del film di Pupi Avati in cui ha il ruolo di protagonista, viaggia verso Città di Castello, dove sta per andare in scena a teatro con Trappola per topi da Agatha Christie. Si direbbe che il cinema l’abbia scoperto all’improvviso: nelle sale con La California, il primo dicembre sarà anche su Prime in Improvvisamente Natale, con Diego Abatantuono.Come si spiega la sua nuova vita da attore?«All’inizio ho frequentato l’Accademia d’arte drammatica e giravo con un piccolo spettacolo, ma trovavo deprimente vedere lo scarto rispetto ad amici miei che suonavano, mentre a me sembrava di svanire. Quando mi hanno proposto Trappola per topi a teatro è stata come la vendetta di me stesso sul mio passato da ragazzo. Ho un pubblico che ha trent’anni più di me, una sfida interessante. Il teatro ha il vantaggio che puoi lavorare su raffinatezze diverse, mentre la musica ti dà la botta di energia e di adrenalina».E nel film di Avati che parte ha?«Sono un musicista, in una parabola che trovo bellissima e crudele, in cui vedo la storia di molti compagni di banco, perché nella vita provare a suonare è bellissimo e crudele».Lei e Abatantuono formate una strana coppia, Diego ha avuto un atteggiamento paterno con lei?«L’ho trovato una persona gentile e ancora entusiasta, più che qualcuno pronto a dispensare consigli. Diciamo che mi ha dato uno spettro di cosa significa la fase matura del mestiere di attore».Con il suo gruppo, Lo Stato sociale, avete spesso affrontato temi attuali, lei che idea ha dell’Italia oggi?«È l’unico posto dove potrei vivere e l’italiano è l’unica lingua che conosco, detto questo il Paese è veramente alla frutta, lo si riconosce dai suoi epifenomeni, come questo clamore bambino rispetto alla vittoria della destra, che è un po’ come arrivare dopo la puzza».Prego?«Nel senso che è la scoperta dell’acqua calda: non credo che l’Italia oggi sia più di destra di ieri, non è mai stata neanche di sinistra. Il fatto è che il piano inclinato della politica non può mettere in discussione il sistema capitalistico che produce salari bassi, una scuola disastrata e schiavi provenienti dai Paesi poveri. Non volendo sciogliere questo nodo, ci si ritrova con centrosinistra e centrodestra che accettano le stesse cose. Fai una vita infame in cui non arrivi alla seconda settimana, ti delocalizzano l’azienda in Polonia dove pagano i lavoratori molto meno, devi aspettare mesi per una visita medica, ma le risposte dei due schieramenti sono uguali, con la differenza che la destra ti dice che puoi prendertela con chi è più disperato di te, come chi arriva qui sui barconi».E sulla guerra in Ucraina?«Nessuno mette in discussione la posizione filo atlantista, così come nessuno riesce a immaginare un sistema alternativo. Ci siamo dentro e ci marciremo, se brucia il pianeta è perché sprechiamo un sacco di energia per produrre beni in eccesso».Ma chi si oppone veramente?«I No Global sono stati gli ultimi a mettere in discussione il sistema allo slogan “Un mondo diverso è possibile” che è del tutto dimenticato. Nella sua parte migliore il movimento è diventato identitario».La sinistra intanto si ritrova invischiata nel pasticcio Soumahoro.«Sono figlio di una giudice e preferisco aspettare l’esito di inchiesta e processo, ma se la storia fosse vera rivelerebbe la debolezza della struttura della sinistra nel sondare i suoi candidati. Sono stato il primo a vedere in Soumahoro l’abbattimento del paradigma leghista dell’immigrato ignorante. La larga alleanza fra Pd e Sinistra italiana ha portato persone di grande dignità, come lui e la Cucchi, che però sono stati usati come santini».Ha mai temuto che in Italia ci fosse una deriva autoritaria con la vittoria della destra?«Fanno molte sparate stile Trump, come quella sui rave, ma la loro politica è molto supina a quella dell’Unione europea. Culturalmente sono fascisti, ma comunque funzionali a uno scenario in cui poi devi fare le politiche economiche di Draghi». —