La Stampa, 2 dicembre 2022
Il piano segreto di Teheran per uccidere il filosofo Lévy
Nell’estate del 2021, alcuni funzionari dell’Intelligence canadese bussarono alla porta di Seyed Emani, iraniano in esilio a Vancouver. Il padre era un ambientalista ed è morto nel 2018 in una prigione del regime, la madre ha il divieto di lasciare il Paese. La colpa di Seyed è quella di essere un artista che tiene un popolarissimo podcast in lingua persiana. Nella sua trasmissione parla di sesso, problemi mentali, religione. Gli agenti sono entrati in casa sua, gli hanno chiesto di mettere il suo cellulare in una busta di plastica speciale che scherma le onde e blocca i microfoni spia. Quindi gli hanno detto che il governo di Teheran aveva stilato una lista di persone – giornalisti, attivisti, ex diplomatici, iraniani e non – sgradite al governo. Non gli hanno rivelato se il suo nome compariva ma gli hanno suggerito di prendere precauzioni per la sua sicurezza. Non doveva viaggiare in paesi limitrofi all’Iran e doveva stare pure attento ai cosiddetti “honey spot”, ovvero finire adescato da qualche avvenente signorina che anziché intenzioni romantiche o cene galanti l’avrebbe condotto dritto nelle mani degli agenti iraniani. Il precedente era quando accaduto nell’ottobre del 2019 a Ruhollah Zam, giornalista iraniano che viveva in Francia: era stato invitato in Iraq per intervistare l’ayatollah Sistani. Una volta sbarcato sul suolo iracheno però è stato arrestato e deportato a Teheran.
Secondo il Washington Post che ha citato quindici persone a conoscenza dei fatti del mondo dell’Intelligence Usa e occidentale, negli ultimi due anni Teheran ha persino intensificato questi sforzi per rapire e uccidere i nemici del regime. Le operazioni sono state condotte in passato in Canada, Turchia, Stati Uniti, Gran Bretagna ed Europa. Fra il 2015 e il 2017 tre dissidenti sono stati uccisi in Europa occidentale incluso un attivista arabo-iraniano i all’Aja. Per la vicenda venne arrestato un diplomatico iraniano di stanza a Vienna. La maggior parte delle operazioni sono finite in un fiasco totale, nota l’Intelligence, che ha spiegato che molte azioni sono state «appaltate dietro il pagamento di migliaia di dollari a spacciatori di droga, ladruncoli e altri criminali». Tuttavia, negli ultimi due anni si sta assistendo a un aumento delle operazioni. Nel 2021 sono stati sventati i tentativi di assassinare John Bolton, ex consigliere per la Sicurezza nazionale Usa, e il filosofo Bernard-Henry Lévy a Parigi. Bolton era “ricercato” per il suo ruolo nel raid che nel gennaio del 2020 ha portato all’uccisione del capo dei Guardiani della Rivoluzione Suleimani; Lévy invece era nel mirino delle forze Al Quds per le ripetute critiche al regime. A uccidere l’intellettuale francese doveva essere un trafficante di droga. Ricompensa: 150mila dollari. Nella lista ci sono Masih Alinejad, giornalista basata a New York, iper critica del regime e presenza fissa sui media Usa e diversi uomini d’affari israeliani. —