Corriere della Sera, 2 dicembre 2022
L’Egitto vuole la stele di Rosetta
Londra Dopo i marmi del Partenone, tocca alla stele di Rosetta: più di centomila egiziani hanno firmato una petizione per chiedere al British Museum di restituire all’Egitto il celebre reperto, che consentì duecento anni fa di decifrare la scrittura geroglifica degli antichi Egizi.
L’iniziativa, come riferito dal Times, è stata lanciata dall’ex ministro per le Antichità del Cairo, il noto archeologo Zahi Hawass: «È tempo che l’identità egiziana torni a casa – ha detto l’ex ministro —. Non chiediamo al British Museum di restituire i 100 mila pezzi egizi che possiedono, chiediamo solo che restituiscano un singolo oggetto».
Ma non è una richiesta da poco: la stele di Rosetta è forse il reperto più celebre custodito al museo londinese, certamente quello che attira più visitatori (per avvicinarsi bisogna sempre farsi largo tra una folla di «fan» intenti a scattarsi un selfie). E la richiesta di restituzione va ad affiancarsi al contenzioso che le autorità britanniche già hanno con la Grecia a proposito dei marmi del Partenone, portati via dal tempio sull’Acropoli di Atene da Lord Elgin all’inizio dell’Ottocento.
La stele di Rosetta venne scoperta nel 1799 dai soldati dell’esercito napoleonico che avevano invaso l’Egitto: la pietra fu rinvenuta nella città di Rashid, Rosetta per i francesi. Ma dopo aver sconfitto Napoleone, gli inglesi portarono la stele a Londra nel 1801 e dall’anno successivo è stata sempre esposta al British Museum. «I francesi la trovarono e la diedero come regalo agli inglesi ingiustamente – ha detto Hawass —. Questo è un furto francese e inglese».
La stele, che risale al II secolo avanti Cristo, deve la sua celebrità al fatto che contiene un’iscrizione in tre versioni: geroglifico, demotico (un tipo di scrittura egizia semplificata) e greco antico. Grazie a questa specie di versione ante litteram di Google translator, l’archeologo francese Jean-François Champollion, confrontando i testi, fu in grado di decifrare la lingua degli antichi egizi, che era rimasta un mistero per millenni: una scoperta che aprì la strada alla comprensione della civiltà dei costruttori delle piramidi. La stele è uno degli oltre centomila reperti egizi che si trovano al British Museum e che vennero in gran parte ottenuti durante il dominio coloniale inglese sull’Egitto, durato dal 1882 al 1956.
Se la petizione di Hawass avrà successo, lui spera di esporre la stele di Rosetta nel nuovo Grande Museo Egizio che aprirà l’anno prossimo a Giza, vicino alla Sfinge e alle piramidi, e che sarà il maggior museo nel mondo dedicato alla storia e alla cultura del popolo dei Faraoni.
Hawass ha fatto sapere anche che intende lanciare una petizione analoga per chiedere al Neus Museum di Berlino la restituzione del busto di Nefertiti: «Non sono contro l’esposizione di antichità egizie all’estero – ha detto —. Sono contro il metodo coloniale che i musei europei e americano ancora usano, che consiste nel fatto che comprano antichità rubate. Porteremo rispetto al British Museum se restituiranno la stele; se non lo faranno, la storia li condannerà».