Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2022  dicembre 02 Venerdì calendario

I 7 presidenti di Fauci

«Giurano che, quando controlleranno la Camera, mi renderanno la vita impossibile. Sarà quel che sarà. Io sono cresciuto a Brooklyn e me la caverò». Anthony Fauci, 82 anni il prossimo 24 dicembre, lascerà a fine anno gli incarichi di una vita, con «l’estrema destra che mi considera il nemico pubblico numero uno». È stato consigliere di 7 presidenti, ha trascorso 54 anni ai National Institutes of Health (38 come direttore dell’Istituto nazionale per le allergie e le malattie infettive) e l’ambasciatrice Mariangela Zappia gli ha organizzato una festa nella sua residenza a Washington.
Ci sono colleghi venuti da lontano e tanti giornalisti. Fauci, l’unico con la mascherina, si affretta a scusarsi perché, dopo la conversazione con Antonio Monda, scrittore e docente italiano all’Università di New York, non potrà cenare a Villa Firenze: la moglie Christine ha il Covid, lui ha fatto due test ed è negativo, ma bisogna seguire il protocollo e indossare la mascherina. «Primo perché è la cosa giusta; poi perché sono io e c’è un mega-riflettore puntato su tutto ciò che faccio».
Domenica scorsa, in tv, alla consueta domanda sulle origini del virus e la possibile «fuga» da un laboratorio di Wuhan, Fauci ha risposto che nonostante i virologi ritengano probabile che il «salto» dagli animali agli esseri umani sia avvenuto in natura, ciò non è «stato provato in via definitiva» e lui ha la «mente aperta, benché la gente pensa che non sia così». Ma ieri le origini di cui ha parlato sono state le sue: i nonni materni napoletani, quelli paterni siciliani, l’infanzia a Brooklyn. «Sono cresciuto a Bensonhurst, il 99,98% erano italo-americani. Non sapevo come fosse un irlandese fino alle elementari». La «cura degli altri» che ha appreso in quella comunità ha «influenzato ciò che volevo fare con la mia vita: essere di servizio agli altri».
Gli anni con Ronald
«Reagan era conservatore sui gay, non capì l’Aids. Lo convinse Liz Taylor»
Il suo primo presidente fu Reagan, che faceva finta che l’Aids non esistesse. Fauci, ricercatore sull’Hiv, ascoltò gli attivisti e capì che i protocolli per i test clinici erano troppo rigidi («una delle cose migliori che ho mai fatto fuori dall’ambito scientifico»): i malati sarebbero morti in un anno, serviva subito l’accesso ai farmaci. «Reagan era una brava persona ma credo che il suo conservatorismo sulla comunità gay gli impedisse di capire il problema, finché Elizabeth Taylor non lo costrinse».
Il periodo più difficile? «L’ultimo anno dell’amministrazione Trump», racconta Fauci. «La gente di estrema destra si è convinta che fossi una talpa liberal di Nancy Pelosi alla Casa Bianca, ma fu doloroso doverlo contraddire – sottolinea lo scienziato – poiché ho sempre avuto rispetto per la presidenza». E aggiunge: «Non alzai la mano», fu la stampa a chiedergli se fosse d’accordo, quando «Trump diceva cose non vere sull’idrossiclorochina che funzionava e la candeggina che era meravigliosa». Fauci ha sottolineato che «non è una questione di democratici contro repubblicani», e ha ricordato «la grande empatia» di George W. Bush che gli affidò il compito di dirigere il piano anti-Aids per l’Africa.
Fauci non andrà in pensione nel senso «classico». Viaggerà e scriverà, facendo tesoro della lezione del Covid: il successo di decenni di investimenti nel settore biomedico, ma anche il peso delle diseguaglianze, di divisioni politiche che portano al ripudio della scienza e il grave degrado del sistema della salute pubblica in America