Corriere della Sera, 1 dicembre 2022
Armi, la giravolta contiana
Oggi Meloni «copierà» Draghi e il titolare della Difesa Crosetto varerà lo stesso decreto redatto dal suo predecessore Guerini, quando l’Italia s’impegnò a difendere l’Ucraina dall’invasione russa.
Così fino al 31 dicembre 2023 il governo potrà decidere di inviare armi a Kiev. Aggiornando volta per volta il Copasir sul materiale bellico destinato all’esercito ucraino e informando periodicamente le Camere sugli sviluppi del conflitto. La linea atlantista viene così confermata dalla premier, che l’altro ieri – d’intesa con Crosetto – aveva accolto la richiesta del Pd di non inserire il rinnovo del decreto in un altro provvedimento, ma di farlo approvare dopo un «formale passaggio politico» in Parlamento.
Si chiude così un caso che in realtà non era mai nato, se è vero quanto racconta un autorevole dirigente dem che ha partecipato alla trattativa: «Meloni voleva solo velocizzare l’iter, non voleva “nascondere” il voto in Parlamento. Magari qualcun altro ci sperava, anche tra i nostri...». Ma il vertice del Pd e il Terzo polo, hanno sgombrato il campo da atteggiamenti ostruzionistici, tanto che il testo potrebbe essere licenziato dalle Camere entro un paio di settimane. A larghissima maggioranza.
Di quella maggioranza non farà più parte M5S, visto che Conte si è cambiato d’abito. Quando sedeva a Palazzo Chigi aveva indossato l’elmetto e aveva firmato – come chiestogli da Trump – il più massiccio investimento della Difesa nella storia repubblicana. E da capo del partito di maggioranza relativa aveva poi sostenuto la scelta di Draghi di aiutare Zelensky. Adesso che sta all’opposizione si è reinventato pacifista e prova a cavalcare i sondaggi. L’ultimo di Emg per la trasmissione di Raitre Agorà, racconta che gli italiani favorevoli a inviare ancora materiale bellico a Kiev sono scesi al 36%, mentre i contrari sono saliti al 41%. Così «Giuseppi» ha usato l’Aula della Camera per dire che il governo «ingrassa le lobby delle armi», additando Meloni e il suo ministro della Difesa come «guerrafondai».
Questa giravolta e soprattutto questa accusa hanno fatto letteralmente «impazzire» Crosetto, che medita di togliere il segreto e di rendere pubblica la lista di approvvigionamento militare agli ucraini, quando varerà il sesto pacchetto di aiuti italiani: «E allora Conte verificherà che saranno solo armi difensive, al contrario di quanto è accaduto in passato e che lui ha appoggiato», si è sfogato ieri il ministro con i suoi collaboratori. Il titolare della Difesa è pressato (quasi) quotidianamente da Kiev, che chiede armamenti per fronteggiare «l’azione terroristica di Putin», ma al momento sulla sua scrivania giacciono impegni non ufficiali presi dal precedente governo. All’inizio dell’anno prossimo, d’intesa con gli alleati occidentali, stabilirà come intervenire nuovamente.
Nell’attesa, palazzo Chigi non smette di appoggiare Zelensky. E se Meloni «copia» Draghi, è perché la linea di continuità non si limita al rinnovo del decreto ma si intensifica con il sostegno sul campo. Fonti accreditate della Nato spiegano che la parte più «rilevante» dell’aiuto di Roma a Kiev avviene attraverso l’attività di intelligence ed è destinata a «rafforzarsi» con «ulteriori e più massicce» forme di addestramento dei militari ucraini sul «territorio nazionale italiano». Il cambio di governo non ha prodotto insomma un cambio di atteggiamento, visto che – come accade ormai da molti mesi – la «collaborazione» con le forze della resistenza avviene anche attraverso «un sistema satellitare» gestito da un bunker nella campagna romana: da lì si scrutano le zone di guerra e si «individuano nelle aree del conflitto le minacce russe». Un impegno non da poco.
E per quanto i maldipancia possano attraversare la maggioranza di governo e le file dei democratici, finché non si apriranno spiragli per una sostenibile soluzione pacifica, l’Italia resterà ancorata alla linea atlantista. E il Parlamento si allineerà di conseguenza. Non solo perché Meloni ha preso il testimone da Draghi. Ma perché la staffetta è guidata da Mattarella.