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 2022  novembre 30 Mercoledì calendario

Il Qatar ammette 400 morti per i Mondiali, poi smentisce

Si accende di nuovo la polemica sugli operai morti nei cantieri dei Mondiali, questa volta dopo che il capo del comitato organizzatore della Coppa del mondo, Hassan Al Thawadi, ha ammesso che oltre 400 migranti hanno perso la vita in Qatar negli ultimi 12 anni – da quando la Fifa ha assegnato i Mondiali al Paese del Golfo – durante i lavori di costruzione di tutte le infrastrutture per il grande evento. In un’intervista televisiva con il giornalista britannico Piers Morgan, Al Thawadi ha affermato che “la stima è tra le 400 e le 500” vittime, ma ha confermato che il numero dei decessi attribuiti con certezza ai progetti del Mondiale – quindi sotto la responsabilità del comitato – è stata di tre morti sul lavoro e 37 attribuiti ad altre cause.
Dopo che la polemica è scattata velocemente sui social e su tutti i media, il Comitato Supremo ha chiarito in un breve comunicato che le dichiarazioni di Al Thawadi si riferiscono ai lavoratori “di tutti i settori e di tutte le nazionalità” deceduti sul lavoro in Qatar dal 2014 al 2020: un totale di 414, secondo le statistiche nazionali.
Un’inchiesta del Guardian aveva stimato che fossero oltre 6.500 gli operai morti tra il 2010 e il 2020, solo tra quelli provenienti da India, Pakistan, Nepal, Bangladesh e Sri Lanka. Uno di loro potrebbe essere il padre di Ram Pukar Sahani, un giovane del Nepal che ha lavorato anche lui in Qatar, prima di tornare a casa per sposarsi. Invece, Ganga Sahani non è mai tornato: “È morto mentre stava lavorando, sul posto, con l’uniforme, ho visto una foto. Ma sul certificato c’è scritto che è stata una morte naturale”, ha raccontato durante una conferenza stampa online organizzata da Human Rights Watch. L’organizzazione per la difesa dei diritti umani afferma che è difficile fare un calcolo dei lavoratori migranti morti in Qatar, ma considera che “non c’è giustificazione per la morte inspiegabile di migliaia di giovani adulti sani”.
Il padre di Ram Pukar “stava molto bene, era molto sano. I suoi amici mi hanno detto che stava lavorando ed è crollato morto”, ricorda suo figlio ancora scioccato. È successo lo scorso maggio, quando la temperatura in Qatar può raggiungere i 40 gradi. L’impresa per la quale lavorava Ganga Sahani non ha neanche avvertito la famiglia, alla quale è stato poi consegnato il suo cadavere ma senza ricevere “né un indennizzo né nient’altro”.