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 2022  novembre 30 Mercoledì calendario

Mura cancellata dal fascismo

Lei, Silvia, è una giovane e ricca vedova. Lui, Sambadù, è un ingegnere nato in Senegal ma formatosi in Italia: parla perfettamente la nostra lingua, si è fatto strada, ha un ruolo dirigenziale in una grande azienda di costruzioni. Lei e lui si amano, si sposano, hanno un figlio. Ma alla lunga si rivelano troppo diversi, lei in particolare non regge la radice africana che riemerge in lui, arriva a interrogarsi sull’opportunità del meticciato, dell’incrocio tra etnie di cui ha il frutto sotto gli occhi, il figlio. E alla fine la coppia si lascia.
Letta oggi, sembrerebbe la trama di un romanzo intriso di pregiudizio. Fin dal titolo: Sambadù, amore negro. E fin dalla copertina, che raffigura un nero nudo, quasi caricaturale, che danza avvinto a una donna bianca, bionda, fasciata da un abito chiaro.
Eppure quel romanzo, nell’Italia di Mussolini, fu considerato troppo avanzato. Progressista. Inquietante. Pericoloso. Perché le razze non si potevano mescolare. Peggio ancora se era una bianca a sposare e fare un figlio con un nero. Il Duce lesse il libro. Lo fece leggere al cognato ed erede Galeazzo Ciano. E ordinò che sparisse dalla circolazione. Anche se l’autrice era – come scrive Marcello Sorgi – la più famosa scrittrice rosa dell’Italia fascista. Anzi, a maggior ragione.
Oggi di Maria Assunta Volpi Nannipieri, in arte Mura, si sono perse le tracce. La cancel culture ante litteram imposta dal fascismo ha prevalso. È una delle tante «vittorie della memoria» del Duce e del suo regime, di cui un numero incredibilmente alto di italiani non ha affatto una memoria negativa. Anche per questo è prezioso il nuovo libro di Marcello Sorgi, Mura. La scrittrice che sfidò Mussolini, pubblicato da Marsilio, che ha messo in copertina proprio quel disegno che oggi uno sguardo ideologico considererebbe troppo «di destra», e gli sguardi ideologici e censori dell’epoca considerarono troppo «di sinistra». Così Mura fu censurata e cancellata con la stessa logica con cui si censurò Faccetta nera. Una canzone che oggi suona insopportabilmente paternalista; ma che alle orecchie del Duce invitava in qualche modo all’integrazione – «Faccetta nera, sarai romana…» —, mentre nelle terre di conquista lui aveva voluto e imposto l’apartheid.
L’autore è uno scienziato della politica e del potere, che da tempo si concede ogni anno una licenza. Con la stessa tecnica curiosa e meticolosa con cui racconta il Palazzo sulla «Stampa» – che ha diretto negli ultimi anni dell’avvocato Agnelli —, Marcello Sorgi ha narrato storie molto diverse che hanno per epicentro la sua terra, la più letteraria d’Italia: la Sicilia. E il suo nume tutelare è un amico e cliente del padre avvocato, Nino Sorgi: Leonardo Sciascia, che lui stesso portò a scrivere sulla «Stampa», al tempo della direzione di Gaetano Scardocchia. Ovviamente, anche in Mura si affacciano sia la Sicilia, sia Sciascia. Ma la scena si apre altrove.
Siamo in Libia, all’inizio del 1940. La guerra già infuria in Europa, e tra poco scoppierà anche qui, nel deserto, con l’improvvido attacco dell’Italia fascista all’impero britannico, che costerà subito la vita a Italo Balbo e poi a migliaia di nostri soldati, dalla rotta di El Alamein alla resa di Tunisi. Mura ha lo stesso soprannome della contessa russa Maria Nicolaevna Tarnovska, la protagonista di Circe, il romanzo – tratto da una storia vera – di Annie Vivanti, la musa di Carducci. Mura è in Africa per scrivere il suo prossimo libro. Rivedrà un suo antico amante: Alessandro Chiavolini. L’ha conosciuto al «Popolo d’Italia», il giornale del Duce. Insieme hanno scritto libri di favole per bambini.
Chiavolini non ha il suo stesso talento; ma è un uomo, quindi può fare carriera. Mussolini l’ha voluto al suo fianco nell’avventura politica, come segretario a Palazzo Venezia; e Mura, anziché trarre profitto da quell’insperato colpo di fortuna, l’ha lasciato, perché si sentiva trascurata. Nel 1934 Chiavolini è caduto in disgrazia, ed è stato liquidato con una gigantesca tenuta in Libia. Poi è tornato al potere, richiamato a Roma da Mussolini come ministro, ma la tenuta è rimasta, il legame con la Libia pure. E lì Mura andrà incontro a quell’antico amore, e a una fine precoce.
Sorgi a questo punto ovviamente riavvolge il nastro, riportandoci alle origini, sul lago di Varese, che si chiamava lago di Gavirate, e facendoci rivivere le vicende che hanno messo sottosopra l’Italia un secolo fa.
La scrittrice diverrà popolarissima per i romanzi e per la rubrica delle Lettere su «Novella», la rivista più seguita dalle donne, cui risponde con uno stile asciutto che Sorgi paragona a quello di Susanna Agnelli su «Oggi». Mura morirà giovane, a quarantotto anni, in circostanze misteriose, ma forse fin troppo chiare. A un tratto, in effetti, il libro diventa un giallo. E i gialli non si raccontano; si leggono.