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 2022  novembre 30 Mercoledì calendario

Intervista ad Alessandro Del Piero

La Coppa del Mondo è stampata nei ricordi e sulla t-shirt, ieri gioia senza confini e oggi emozione rubata. A due passi dall’Aspire Tower, il grattacielo più alto, dove Alessandro Del Piero racconta il suo Qatar, si mescolano i colori del tifo, l’effetto più bello di un Mondiale raccolto, l’arcobaleno che nessuno potrà vietare. Però manca l’azzurro e, se spunta, è solo per orgoglio. Il vecchio capitano della Juventus, in fondo, accresce il rimpianto, rimanda con la sola presenza al “Come eravamo": la chiacchierata in un salottino dell’Adidas Brand Center, all’interno dello Sport Accelerator Business District, dove le più grandi realtà sportive del mondo convivono e si confrontano, dovrebbe cominciare con l’analisi di un vuoto. Invece il terremoto bianconero dirotta al altrove.
Del Piero, la sua prima reazione?
«Sono scioccato. Per commentare in maniera articolata dovrei conoscere meglio la situazione, ma è una cosa triste perché sono tutti amici, da Agnelli a Nedved. Abbiamo condiviso cose belle, li ho visti anche di recente».
Sembra di essere tornati al 2006.
«È incredibile che una società come la Juventus debba vivere questi alti e bassi. Sono iniziati con la Serie B, ma poi ci sono stati 9 scudetti di fila. Ma non è come nel 2006, non riguarda il team, ma la gente, perché è un’accusa sulle persone, sul presidente e sui componenti del Cda».
È molto colpito…
«Ho passato vent’anni alla Juventus e il legame con i tifosi è profondo. Qualsiasi notizia sul club mi coinvolge».
I tifosi sognano il suo ingresso in società.
«Nessuno mi ha chiamato: non conosco il piano ma conosco bene il club. A Torino ho ancora casa».
Intanto segue il Mondiale come talent di BeIn Sports. Che sensazione provoca l’assenza dell’Italia?
«C’è leggerezza, perché possiamo goderci lo spettacolo senza alcun coinvolgimento emozionale, nel contempo manca quell’energia che solo la presenza della tua nazionale trasmette. Spiace non esserci, ancora di più perché è la seconda volta di fila».
Stupito?
«Fino a un certo punto, il calcio è cambiato: nazioni che mai immaginavamo potessero raggiungere certi livelli, sono cresciute tatticamente e tecnicamente. Nessun risultato è scontato. Mai».
Le sorprese non sono mancate.
«Argentina e Germania sono cadute al debutto in partite apparentemente facili. È la prova che nessuno possiede più certezze».
I tedeschi sono ancora in corsa, ma hanno rischiato grosso...
«Si sono arresi al Giappone, poi hanno fermato la Spagna. Confermano anche nella seconda sfida l’imponderabilità e quindi la bellezza del calcio: fra tante stelle, ha segnato uno dei meno famosi».
L’Argentina s’è riscattata.
«La caduta con l’Arabia è stato un altro specchio delle gerarchie cambiate che non si riflettono solo sui risultati: penso, per esempio, ai 23 tiri fatti dal Canada. Si è rifatta contro il Messico, ma non è ancora certa di passare».
Ha tanta pressione addosso.
«Messi in particolare. E dire che la Copa America sembrava un liberazione. È stato determinante nel momento più delicato, ma continua ad avere tutti gli occhi addosso. Forse anche perché può essere il suo ultimo Mondiale. Come (sorride, ndr) per l’altro ragazzotto».
Cristiano Ronaldo, il disoccupato di lusso: che consigli darebbe per il futuro?
«Nessuno. Eppoi (sorriso più largo, sguardo misterioso) so dove andrà».
Fra i campioni più attesi, è Mbappé quello che ha maggiormente impressionato?
«Più dei singoli protagonisti, sinceramente, di questo Mondiale mi hanno colpito alcune caratteristiche: su tutte, l’intensità».
Forse perché siamo a metà stagione e la condizione beneficia del minor logorio?
«È possibile, questo è un Mondiale diverso e tutto da scoprire. Viste le squadre arabe? Arabia Saudita e Marocco hanno ottenuto belle vittorie».
Le sudamericane aspettano da vent’anni il successo.
«E la conseguente pressione può favorire le europee. Il Brasile è partito benissimo, ma ha il problema Neymar: può sopperire perché ha una rosa ricca, ma per vincere deve averlo in campo».
Il ct Tite ha denunciato il gioco duro: dopo la gara con la Serbia, ha parlato di rodeo contro il suo fantasista.
«È giusto tutelare i campioni, ma non esageriamo: quindici anni fa era peggio, io di botte ne ho prese tante, certi pestoni che erano il benvenuto in campo oggi non si vedono. Si può fare di più, ma tanto è stato fatto».
Cosa pensa dei maxi recuperi? Si va verso il tempo effettivo?
«Penso sia giusto, se la direzione è quella mi piace. Restituisce sul serio il tempo perduto a causa di un infortunio e preserva il gioco: non si può sprecare un minuto per protestare su un fallo laterale».
Che effetto le hanno fatto i gesti di Nazionali come Iran e Germania?
«Entriamo in dinamiche che vanno oltre il calcio. Sono gesti forti, e credo che ognuno sia in condizione di esprimere se stesso nel miglior modo. Questa è una piattaforma di grande visibilità che diventa opportunità per andare dappertutto, mandare messaggi in maniera più forte».
Tra i protagonisti del Qatar, c’è il francese Rabiot: da ex bianconero, crede rinnovi il contratto con la Juve?
«Bisogna chiedere a lui».
E del suo futuro cosa dice?
«Sto preparando la seconda parte della mia vita, ma per adesso non posso svelare nulla». E chissà che non sia colorata di bianconero come la prima. —