La Stampa, 30 novembre 2022
La cementificazione di Ischia
Il refrain è noto: Ischia tragedia annunciata. Lo ripetono un po’ tutti, tranne gli autoctoni, sin dai primi momenti dopo la tragedia di Casamicciola. Magistrati, religiosi, scrittori, politici, ieri è stato il turno del Wwf: «Suona come una grande ipocrisia piangere le vittime di questi giorni quando si continua a costruire dove non si dovrebbe, si continua a strizzare l’occhio a possibili condoni edilizi e non si approva in tempi rapidissimi una legge sul consumo di suolo». Un j’accuse, quello dell’organizzazione ambientalista internazionale che, come sempre, è circonstanziato: «Purtroppo – spiegano – la situazione dei sei Comuni dell’isola è nota da tempo: le mappature delle aree a rischio sono ufficiali e pubbliche. Sulla base delle perimetrazioni del Piano di assetto idrogeologico, nel Comune di Ischia (il più grande dell’isola) si stima che quasi 3.700 persone vivano nelle aree con pericolosità di frana elevata o molto elevata». E poi c’è Barano, dove un terzo della popolazione vive in zone considerate a rischio frane «elevato o molto elevato», e percentuali sostanzialmente analoghe si registrano anche a Serra Fontana. A Forio si stima che oltre 1.150 persone vivano in zone a rischio elevato e circa 900 quelle nelle zone ad alto rischio, mentre a Lacco Ameno (il più piccolo) sarebbero oltre 550 quelli nell’area a rischio molto elevato e più di 400 quelli nella zona di rischio elevato. E infine: «Nel comune di Casamicciola, quello interessato dai drammatici fatti di questi giorni, circa 800 abitanti sono nelle aree a rischio molto elevato e oltre 1.200 in quelle a rischio elevato».
Il consumo del suolo, un’emergenza poco nota ai più, è anch’esso oggetto degli studi dell’Ispra, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, e a occuparsene è l’ingegner Michele Munafò: «È una risorsa non rinnovabile – spiega – e anche per questo a livello mondiale il problema è stato sollevato ai massimi livelli. In Italia il territorio è notoriamente fragile, eppure abbiamo un consumo di suolo del 7,3%, il doppio della media europea». Tornando a Ischia? «Sull’isola si è costruito per diecimila metri quadri in un anno, un ettaro, pensi che a Bari sono stati 2 e Firenze 3. E negli ultimi anni sull’isola verde si è registrato un consumo di suolo di 15 ettari e quasi un terzo è situato in aeree a rischio frana». Sorge la curiosità per le grandi città… «A Roma abbiamo 100 ettari in un anno, mentre tutta l’Italia è arrivata a 7000 ettari ed è stato il picco massimo raggiunto nell’ultimo decennio, dunque il trend è purtroppo in rapida ascesa. Insomma, dovremmo consumare meno suolo di altri e invece ne consumiamo di più». Sul resto del mondo assicura: «L’Agenda delle Nazioni Unite punta all’azzeramento totale entro il 2030». E l’Italia? «Aspetta ancora di avere una legge in materia”.
Dal suolo perduto alle criticità idrogeologiche il passo, mai come questa volta, è davvero breve. Lavora all’Ispra anche il geologo Alessandro Trigila, responsabile dell’Inventario dei fenomeni franosi in Italia, dunque anche uno dei curatori del “Rapporto sul dissesto idrogeologico in Italia: pericolosità e indici di rischio 2021”, una sorta di bibbia per la materia.
Appena saputo del disastro di Casamicciola, il Dottor Trigilia ha ricordato: «In questi casi la domanda che ci si pone è sempre la stessa: quanta consapevolezza c’è da parte dei cittadini? Lo sa che lì c’è una strada che si chiama Lava? Spesso in Italia i toponimi raccontano il territorio, tramandano la memoria storica, ci ricordano delle loro caratteristiche, a cominciare da quelle pericolose. Il punto dove vengono giù dei massi, quello dove il terreno ogni tanto si allaga, il posto dove ci sono dei cedimenti. Un tempo faceva parte di quella saggezza legata all’esperienza che i più anziani della comunità si assicuravano che venisse tramandata ai più giovani». Perduta la saggezza, restano i dati dell’Ispira. «Su tutta l’isola sono state mappate 308 frane (309 con quest’ultima), a cominciare da quella segnalata proprio da La Stampa il 26 ottobre del 1910». Non tutte disastrose evidentemente. «Le frane non sono tutte uguali, o tutte distruttive, alcune sono attive, altre quiescenti, dipende da vari fattori, anche dal ruolo delle cause innescanti». Compresa l’opera dell’uomo? «Le attività antropiche hanno il loro peso, certo. La cosa più dannosa è la velocità della frana, è quello che la rende particolarmente distruttiva, non dà il tempo di scappare e ha un maggiore impatto». L’isola di Ischia, certo, è particolarmente fragile: «È un caso emblematico, ma non dimentichiamo che il 93% dei comuni ha almeno una porzione del proprio territorio a rischio. Nel nostro inventario, in Italia abbiamo censito 620 mila eventi franosi in Italia, i due terzi di quelli dell’intera Europa, dal primo, avvenuto nel 1116 in Toscana, sino al 2021. Solo negli ultimi cinquanta anni ci sono stati oltre mille morti». Un quadro inquietante su scala nazionale. «Ischia è un caso, ma è tutto il Paese a presentare situazioni critiche. Sono più di 14 milioni gli edifici ubicati in area di pericolosità da frana. Le regioni con i valori più elevati di popolazione a rischio frane e alluvioni oltre la Campania sono Emilia Romagna, Toscana, Veneto, Lombardia e Liguria. Oltre mezzo milione le famiglie a rischio». —