la Repubblica, 28 novembre 2022
In Argentina non ci sono curve. Marco Risi ricorda Il sorpasso del papà (con il papa)
Il sorpasso lo conoscono tutti, anche il Papa. Quando l’ho incontrato nel febbraio dello scorso anno a casa di mia zia Edith (Bruck), a un certo punto gliel’ho chiesto. Non a freddo, il discorso stava vagamente scivolando verso il cinema: «Santità, da argentino forse conosce un film di mio padre che ha avuto un grande successo nella sua terra… Il sorpasso?». Papa Francesco non ha avuto un attimo di esitazione: «Eh, come no, tutte quelle curve!» e ha sorriso, con quel suo bel sorriso simpatico e allegro.
“Tutte quelle curve” aveva un senso che mi ha svelato qualche tempo dopo Tatti Sanguineti: «In Argentina non ci sono curve». Non ci avevo pensato, io che in Argentina ho girato due film. Effettivamente è vero, in Argentina non ci sono curve. Poi ho chiesto, sempre al Papa,se avesse visto un altro film di mio padre, girato proprio lì in Argentina, Il gaucho. Ma no, non lo aveva visto. Il gaucho è un film molto bello che non ha avuto il successo del Sorpassoma che a me piace tanto e a tratti quasi più di quello (esagero!). Fu rifiutato anche in Argentina. Papà sosteneva per colpa della scena in cui Gassman sputava il mate (bevanda sacra in Argentina), aggiungendo anche “Ammazza che schifo, oh” Il Clarín,giornale della capitale, uscì con un titolo a nove colonne “Gassman escupió el mate”.
Ma torniamo al Sorpasso che cambiò la nostra vita e anche quella del produttore Mario Cecchi Gori. Noi ci trasferimmo sulla Cassia, loro ai Parioli. Cecchi Gori, che se avesse piovuto un altro giorno non avrebbe permesso di girare il finale del film, l’incidente e la morte, per intenderci, non sopportava di vedere la troupe in albergo con le mani in mano in quel penultimo giorno di pioggia: “Finisce così, con loro due che se ne vanno via allegri…”. Per fortuna non piovve e in quel momento, con la morte di Trintignant, ci si accorse che finiva un’epoca, quella dell’innocenza, e ne cominciava un’altra, quella della furbizia.
Il sorpasso era molto amatoanche negli Stati Uniti. Easy rider nasce, per ammissione dei suoi autori, come ha ricordato Marco Tullio Giordana su Repubblica, da Easy life (titolo americano del Sorpasso) e fra i suoi estimatori aveva il grande Martin Scorsese che mi ha raccontato di quanto il suo insegnante di cinema ne fosse innamorato, al punto da studiarlo con una meticolosità tale da accorgersi che il percorso che percorreva l’automobile formava alla fine un punto interrogativo. Quando il giorno dopo loraccontai a papà, scusate, non riesco a trattenermi, rido… lui disse, con un ghigno allegro: “Oh, finalmente qualcuno che se n’è accorto”. Non era vero, naturalmente. Lo devo sempre specificare perché magari qualcuno ci crede, al punto interrogativo.
Chiuderei, anche per non tediarvi troppo, con la genesi delSorpasso, è d’uopo. Il film nasce da due viaggi in macchina che Dino aveva avuto l’avventura di compiere con due personaggi a modo loro folli. Uno era l’amico e produttore lombardo Gigi Martello, che una mattina, a Milano, gli disse: “Dài, accompagnami in Svizzera a comprare le sigarette”, e finirono nel Liechtenstein a pranzo alla corte del principe. Per farsi ricevere Martello aveva tirato fuori la tessera del tram spacciandosi per giornalista.
L’altro viaggio era con Pio Angeletti, allora direttore di produzione e in seguito grande produttore nonché tifoso malato della Roma. Famosa una sua frase quando la Lazio vinse lo scudetto: “Odio il cielo perché azzurro”. Stavano viaggiando verso Maratea per sopralluoghi. Era domenica e la radio trasmetteva una partita della Roma. Stava perdendo. Vi lascio immaginare il resto. Papà, a ogni curva, temette seriamente per la sua vita (Dino si divertiva molto a dire che avrebbe dovuto morire in un incidente, così i giornali avrebbero potuto titolare: “Muore in un sorpasso il regista del Sorpasso”).
Questo per dire che, se qualcuno avesse mai pensato che Dino fosse Gassman, si sbaglia. Dino era Trintignant, con una forte simpatia per Gassman. Ed è stata proprio quella simpatia a far deragliare il Paese all’ultima curva. Qualcuno l’ha pensato e lo ha anche detto e lo pensa ancora e forse è anche vero ma in fondo chissenefrega perché, come dice Bruno Cortona a Roberto, il cognome non lo sa, l’ha conosciuto il giorno prima: “A Robe’, che te frega delle tristezze. Lo sai qual è l’età più bella? Te lo dico io qual è. È quella che uno ci ha giorno per giorno”.