La Stampa, 28 novembre 2022
Schiava a 14 anni
Schiava a 14 anni. Questa è la storia di una ragazzina di Roma, che chiameremo Sveta solo perché vuol dire Luce, come la luce che deve illuminare questi angoli torbidi e farli uscire dalla loro miseria umana. Sveta era vittima addirittura dei suoi genitori. La facevano vivere di stenti e la obbligavano a chiedere le elemosine fuori da un supermercato. In casa, viveva nel terrore, tra violenze fisiche, minacce e le botte se non ubbidiva, costretta da quando aveva 10 anni a far la serva, piegata sulle ginocchia a passar gli stracci e pulire i pavimenti, come la Cenerentola della favola vessata dalla matrigna. Ma questa volta i torturatori erano suo padre e sua madre, lui 41 anni e lei 36, immigrati dalla Bosnia nella capitale. Una serva di dieci anni, non si riesce nemmeno a immaginarla, mani piccole, infanzia rubata. Bisogna raccontarle ai figli queste storie, perché è la faccia crudele e invisibile dell’innocenza che non può difendersi. Storie come quella di Iqbal, ceduto dal padre a un venditore di tappeti di Islamabad per pagare un debito di 12 dollari. O come quella di Zohra venduta in Pakistan dai poverissimi genitori quando aveva appena 8 anni per far la domestica in una ricca famiglia, e picchiata fino a ucciderla perché aveva fatto scappare due pappagalli. Zohra non era più una bambina, quando è stata ammazzata, ma era diventata una schiava su cui gli altri hanno diritto di vita e di morte. Lo stesso destino che aspettava Sveta. I genitori padroni le avevano già combinato il matrimonio con uno sconosciuto disposto a pagare il giusto per comprarsela e poter continuare a trattarla com’era stata trattata fino ad allora. Se lei provava a dir di no veniva picchiata senza pietà. E quando la poveretta aveva tentato davvero di rifiutarsi e l’aveva urlato con tutta la sua forza, loro l’avevano riempita di schiaffoni e insulti. Davanti a quel supermercato a far l‘elemosina lei aveva visto che esisteva anche una vita diversa, che poteva essere un’altra cosa. Dopo quattro anni di terrore, non ce l’ha più fatta e a ottobre è corsa negli uffici della polizia di San Basilio a cercare un aiuto e denunciare i suoi aguzzini. L’unico modo per salvarsi. Ma non tutti ce la possono fare. Una ragazza cinese, sempre a Roma, ce l’ha fatta solo a 19 anni, scappando dalla cantina dove la tenevano chiusa: da quando ne aveva 9 disse che era stata costretta a lavorare 12 ore al giorno e che la sera suo padre entrava in camera per violentarla. Ai volontari del centro antiviolenza dove era andata a rifugiarsi lo disse quasi sottovoce chinando la testa: «Pregavo tutte le volte perché non si aprisse quella porta». Sveta invece è entrata negli uffici della polizia ed è scoppiata a piangere. Dopo poco più di un mese di accurate indagini, gli agenti sono riusciti a mettere la parola fine al suo incubo. I genitori sono ora accusati, in concorso tra loro, dei reati di riduzione o mantenimento in schiavitù e di lesioni personali con l’aggravante di aver commesso tali delitti nei confronti della figlia. Per il padre, il giudice ha disposto la custodia cautelare in carcere, mentre la donna è stata sottoposta agli arresti domiciliari. La ragazzina, invece, è finita in una struttura protetta, dove cercherà di riscrivere la sua vita e potranno insegnarle le cose che si insegnano a tutti i bambini del mondo.
Non è un problema solo italiano questo. Al mondo su mille persone, tre sono schiave. Dai 20 ai 45 milioni, per la stragrande maggioranza donne e bambini, dai 6 ai 10 anni, vittime dei traffici sessuali o segregati come sguatteri e servi. Oltre alla tratta di minori e donne, alla schiavitù domestica e quella sessuale, esiste anche il reclutamento di bambini in guerra, 300mila piccoli soldati con l’AK47 in mano. Il 58 per cento delle persone schiave vivono in 5 Paesi: India, Cina, Pakistan, Bangladesh e Uzbekistan. In Europa, Turchia e Macedonia. In questa terribile classifica c’è anche l’Italia, al 141esimo posto, e la quasi totalità dei casi riguarda la tratta delle prostitute (fino a 120mila) e bambine e ragazze di famiglie che provengono da Paesi di religione musulmana. Una vita senza colori come nella cantina di Sveta. —