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 2022  novembre 27 Domenica calendario

Insulti tra Maestri

Diciamo subito che Una storia dilettevole della musica (Marsilio, pagg. 496, euro 19) è una delle storie della musica più originali e spassose mai scritte. A dire il vero, però, non si tratta di una canonica storia della musica: Guido Zaccagnini ha raccolto in quasi 500 pagine le migliori diatribe tra musicisti, i loro insulti e le ingiurie alle quali i grandi che hanno scritto la musica occidentale non si sono minimamente sottratti. Prendete, per esempio, l’intoccabile genio di Mozart: i giudizi su di lui furono sempre idilliaci? No di certo: se per Ravel la sua musica era accompagnata «da una qualche aridità», Debussy ammise: «Detesto cordialmente i Concerti di Mozart»; per Berlioz, un semplice vocalizzo nel Don Giovannirappresentò «uno dei più odiosi ed insensati crimini contro il buon gusto e il buon senso che si possono segnalare in tutta la storia dell’arte» e il Tuba mirum del Requiem «un disappunto assai spiacevole»; e quando Stravinskij commentò la produzione sacra di Mozart non andò per il sottile: «Le sue Messe sono pasticceria rococò». Le lingue biforcute di Debussy e Stravinskij colpirono anche un altro colosso, Beethoven: «Le sonate sono scritte molto male per il pianoforte», scrisse il francese definendo il lied Adelaide «una pagina che il vecchio Maestro ha dimenticato di bruciare»; «detesto Beethoven e le ultime Sonate e i Quartetti più di ogni altra cosa», chiuse il russo. Ma sul compositore di Bonn la lista dei detrattori è lunga e Zaccagnini la riporta fedelmente: Haydn, Paganini, Cherubini, Verdi, Rossini, Satie, Hindemith. In fatto di vetriolo, Wagner, che si dice dirigesse l’ebreo Mendelssohn con i guanti, era messo parecchio bene: Händel «non è un musicista»; «Haydn era e rimarrà un servitore principesco al quale era affidato il compito, in qualità di musicista, di distrarre un padrone che viveva nella sfarzosità»; non parliamo dell’ebreo Mayerbeer che «doveva i suoi successi alla corruttibilità dei direttori d’orchestra parigini, era un astuto imbroglione, traviante e traviato»; definì inoltre Rossini «un grosso epicureo, farcito non di musica – giacché se ne è svuotato da molto tempo – ma di mortadella» (e il buongustaio pesarese gli rispose che lui era «arrosto senza sugo»); a Berlioz «manca ogni senso della bellezza»; «un genio davvero grande muore sempre troppo presto, il che non avviene con Mendelssohn, Schubert e Schumann, spiriti di secondo, terzo e quart’ordine»; neppure risparmiò le opere sacre del suocero Liszt, «un trastullarsi infantile». Certo, Wagner fu anche bersagliato a sua volta: «L’oro del Reno è una confusione incredibile» (Cajkovskij), «la musica è terribilmente grossolana» (Rimskij-Korsakov), «La valchiria è un’opera terribilmente noiosa, senza temi, senza movimento, ma con una gran quantità di rumore» (Prokofiev), «un’azione insulsa che cammina più lenta d’un treno omnibus» (Boito), «ho sentito il Lohengrin a Vienna e ho sonnecchiato anch’io in quel torpore. Ma vi sonnecchiano anche i tedeschi!» (Verdi). In livore antiwagneriano, però, Richard Strauss è imbattibile: «Siegfried è stato abominevole. Un gatto sarebbe crepato e persino rocce si sarebbero trasformate in frittata per paura di queste ributtanti dissonanze. Le orecchie ronzavano a causa di questi aborti di accordi, seppur li si possa ancora chiamare così. L’intero escremento potrebbe essere ridotto a cento battute, giacché è sempre la stessa solfa ed è sempre noiosa». Un altro maestro di colpi bassi fu Stravinskij e il suo racconto di una rappresentazione del Parsifal wagneriano al quale assistette merita: «Dopo un quarto d’ora non ce la facevo più». Fortuna sua che «finalmente giunge l’intervallo e mi pago con due buone salsicce e un boccale di birra». Anche Mendelssohn, quanto ad astio, non scherzava: Liszt «ha molto di dita, poco di testa, l’improvvisazione era penosa e piatta, zeppa di scale»; Cherubini «è asciutto e rinsecchito dal fumo»; Purcell «è spesso debole e talvolta degenerato». Velenosissime le definizioni del russo Borodin: Bach «una mummia», Chopin «una signora nevropatica». Ma, del resto, Borodin faceva parte del Gruppo dei Cinque assai portati a tagliarsi colletti vicendevolmente. E poi, a margine delle schermaglie, ci sono tante curiosità: la passione di Saint-Saens per i lepidotteri, la collezione di ombrelli di Satie, la goliardia di Puccini e il suo hobby per la caccia, gli amori di Debussy... Una storia della musica così riesce a farci amare ancor di più quei geni dello spartito.