La Stampa, 27 novembre 2022
Intervista a Giuseppe Conte
Presidente, secondo Alessandra Ghisleri cala la fiducia in Giorgia Meloni. È la prima volta dal voto.
«Non mi stupisce. Dall’opposizione in campagna elettorale Meloni aveva creato molte aspettative. Le sta deludendo una a una».
Ha messo 21 miliardi sul caro bollette. Che altro poteva fare?
«Ora ci arriviamo. Prima ricordo che durante la pandemia proponeva di dare mille euro a tutti semplicemente con un click. Adesso si accorge di non avere risposte per famiglie e imprese, ma anzi taglia gli aiuti contro il caro-benzina e il reddito a chi è in difficoltà. In compenso ha trovato il modo per compiacere corrotti ed evasori. Questa manovra è iniqua, aggredisce i più poveri, e rischia di scatenare la rabbia sociale».
Sembra Landini.
«Constato quello che chiunque può vedere. Meloni ha cambiato idea su tutto. Prima era contro le trivelle, ora è a favore. Prima voleva il blocco navale, ora capisce che non si possono impedire gli sbarchi».
Parla di sé o di lei?
«Sapevo che l’avrebbe detto e a questa domanda, e sui decreti sicurezza, ho risposto mille volte».
Risponda per la milleunesima.
«Salvini aveva una posizione. Io un’altra. Lui, da ministro dell’Interno, faceva proclami roboanti. Io lavoravo per fare sbarcare tutti e trovare accordi con l’Europa e con i Paesi da cui partono gli imbarchi clandestini».
Non dava quell’impressione.
«Eppure è stato il mio governo a imporre il principio per cui chi sbarca in Italia sbarca in Europa e ad avviare un meccanismo comunitario di gestione e accoglienza, anche se su base volontaria».
Giusto fare attraccare le Ong?
«Guardi che l’immigrazione non può essere ridotta a un problema di Ong, che nell’ultimo anno hanno consentito lo sbarco di undicimila persone su quasi centomila arrivate in Italia».
Vero. Ma è giusto aprire i porti alle Ong?
«Tenere in mare le persone che hanno bisogno di soccorso significa produrre inutili sofferenze a esseri umani disperati. L’Italia chieda un meccanismo di gestione europeo sul fronte delle politiche migratorie piuttosto che affidarsi a slogan ed esibizioni muscolari che ingannano i cittadini».
Tornando alla flessione nei consensi di Meloni?
«Voleva imporre ordine e disciplina sui rave party e ha dovuto fare marcia indietro. Così come ha fatto marcia indietro su opzione donna una volta compreso che stavano solo aumentando le discriminazioni. Il governo sta finendo nelle sabbie mobili delle sue contraddizioni. Non esprime nessuna visione. Neppure quella di una destra coerentemente conservatrice».
Landini vuole mobilitare i sindacati.
«Auguro ai sindacati la migliore fortuna per le sfide che hanno di fronte. L’attacco al mondo del lavoro è preoccupante e il ritorno dei voucher non farà che produrre precariato selvaggio. Tra le loro battaglie e quelle del Movimento 5 Stelle può certamente esserci una consonanza nella distinzione dei rispettivi ruoli».
In molti pensano che il leader della Cgil voglia candidarsi a guidare la sinistra.
«Io vedo Landini molto concentrato sulle battaglie sindacali».
Sarebbe concorrenza diretta.
«Non mi sento in concorrenza con nessuno. Il Movimento prosegue il suo percorso e personalmente non ho alcuna ansia da prestazione, glielo posso assicurare. Ma posso dire una cosa a proposito delle piazze?».
Domanda retorica.
«Su questa manovra che ci scaraventa nel passato noi non scenderemo in una sola piazza, ma ne organizzeremo diverse in varie città, da Nord a Sud. Il filo conduttore sarà sempre lo stesso: denunciare le ingiustizie del governo, la follia dell’aggressione al reddito di cittadinanza, raccontare chi sono davvero i famigerati ‘occupabili’. Facendo parlare direttamente loro».
Persino Bonomi boccia la legge di bilancio.
«Ovvio. Alle imprese Meloni propone zero risorse e zero investimenti. In compenso distrugge tutto quello che di buono era stato fatto fino ad ora: da transizione 4.0 al Superbonus, che dai banchi dell’opposizione difendeva a spada tratta. Scelte, fatte dal mio governo, che hanno portato il Pil al + 6,7%».
Merito suo, non di Draghi.
«È evidente. La legge di bilancio per il 2021 l’ho firmata io. Mi dica che scelte espansive ha fatto Draghi».
Discorso lungo. Guardiamo avanti.
«Guardando avanti le dico che per anni è stata raccontata la favoletta del Movimento 5 Stelle anti-imprese, adesso immagino che inizieranno a rimpiangerci».
Ci riprovo. Meloni aveva 21 miliardi bloccati dal caro bollette.
«Le misure sono insufficienti e potranno reggere al massimo l’impatto del primo trimestre, lo ha scritto anche il ministro Giorgetti. Lo dissi già a Draghi e lo ripeto a Meloni: non si può affrontare un incendio che coinvolge famiglie e imprese con una pistola ad acqua».
Ventuno miliardi sono tanti soldi. La premier ha sbagliato a non scassare i conti?
«È ovvio che doveva tenere in equilibrio il quadro di finanza pubblica, ma non doveva contribuire a spingere il Paese in recessione. Aveva gridato all’Europa dei frugali che con lei la “pacchia” sarebbe finita. Invece siamo passati dalla prudenza di Draghi all’austerity meloniana».
All’opposizione hanno tutti bacchetta magica. Lei quale magia avrebbe fatto?
«Nessuna magia. Scelte coraggiose e di buonsenso, che ho già fatto da Palazzo Chigi. Comunque avrei cercato di ricavare risorse serie colpendo la speculazione finanziaria e gli extraprofitti delle grandi imprese, incluse quelle del comparto assicurativo e farmaceutico. Così avrei dato ossigeno a imprese e famiglie».
Lei magari no, ma i mercati hanno preso bene la manovra.
«Speriamo. Ma è successo anche con i miei governi, che hanno abbracciato manovre espansive e scongiurato procedure di infrazione. Solo col Conte II abbiamo fatto scostamenti per 130 miliardi ottenendo con la crescita una riduzione di cinque punti del rapporto debito-pil».
Molto generoso con i voti a se stesso.
«Nessuna generosità. Semplicemente fatti. Come è un fatto che Meloni si presenta in Europa ossequiosa e con il cappello in mano. Roba da fare invidia a Draghi».
Presidente, non crede che tra Cinque Stelle, Azione e Pd, uno sia di troppo?
«Rispetto ogni componente politica, anche chi ha una visione diversa dalla mia. Noto però che Calenda e Renzi abbracciano più volentieri una prospettiva distruttiva che costruttiva. Renzi ormai si vanta apertamente di voler demolire i governi. La chiamano politica, in realtà è una pratica di basso conio che crea sempre più disaffezione nei cittadini».
Con lo stesso principio lei non vuole distruggere il Pd?
«Il Movimento 5 Stelle vuole dare voce a chi crede nella giustizia sociale, ambientale e nei valori della Costituzione».
Le ho chiesto un’altra cosa.
«Distruggere il Pd? No. E chi lo pensa è schiavo di un ragionamento contorto e paradossale. Alcuni dirigenti dem hanno candidato tra le proprie fila chi voleva sfasciare il movimento: noi non abbiamo nessuna intenzione di render pan per focaccia. Abbiamo un’altra idea della politica».
Perché in Lombardia appoggia il dem Majorino?
«Non ho detto che lo appoggio».
Le idee di Majorino non sono lontane dalle vostre. Hanno capito tutti così.
«Ho chiarito che il tema delle candidature va accantonato e che prima di discutere di nomi bisogna discutere di programmi utili ai cittadini lombardi. Di sicuro non ci facciamo imporre condizioni e non faremo i notai di decisioni prese da altri».
Meglio Draghi o Meloni?
«A Meloni bastava essere sincera in campagna elettorale e non vendersi come paladina dell’interesse nazionale e di un coraggio che le manca».
Svicola.
«Si figuri. Sono due prospettive diverse. Draghi guidava un governo di larghe intese che nasceva nel chiaro segno della tecno-burocrazia. Meloni guida un governo politico con una maggioranza solida».
Quindi?
«Quindi Meloni sta tradendo i suoi elettori, dimostrando quanto fosse finta l’opposizione al governo Draghi».
Baravano?
«Hanno fatto un’opposizione di comodo».
Renzi a parte, quanto dura Meloni a Palazzo Chigi?
«Considerando l’inadeguatezza delle sue ricette rischia di non avere una prospettiva di lunga durata».
Presidente, per chi tifa ai mondiali?
«Confesso che non li sto seguendo. Ma, essendo stato un grande tifoso di Maradona, guarderei con piacere l’Argentina».
Giusto giocare in Qatar?
«La scelta è stata fatta molti anni fa. Nel frattempo, l’atteggiamento della comunità internazionale con chi viola i diritti umani è sempre stato piuttosto tiepido. Dovremmo recitare tutti il mea culpa, perché le denunce di queste ore rischiano di suonare ipocrite».
Lei non è stato tiepido con Putin?
«Al contrario. Sempre durissimo».
I Cinque Stelle in Europa si sono astenuti sul riconoscimento della Russia tra gli stati terroristi.
«La Russia si sta comportando in maniera criminale. E se io fossi al tavolo delle trattative difenderei la posizione ucraina fino allo stremo. Ma il punto è che il tavolo delle trattative non esiste. E la cosa sembra non preoccupare nessuno. Mentre io sono fortemente preoccupato».
Magari nessuno crede che si possa trattare con Putin?
«È un’idea debole e contraddittoria. Se avessimo ragionato così nella storia dell’uomo ci sarebbero state solo guerre e mai pace. E tremo pensando che la Seconda guerra mondiale, il conflitto più violento dei nostri tempi, non si è chiusa con un tavolo di trattative ma con due bombe atomiche»