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 2022  novembre 27 Domenica calendario

Il ritorno di Edwige Fenech

Quando Pupi Avati le ha telefonato per proporle un ruolo nel suo nuovo film, ha detto subito di sì. «Da oltre 7 anni non volevo più lavorare, né mettere piede su un set – racconta Edwige Fenech – Ma quella telefonata è stata un colpo di fulmine: Pupi mi ha raccontato la sceneggiatura e ho capito che un ruolo del genere, un ruolo vero, lo aspettavo da una vita. Oltretutto me lo proponeva un maestro del cinema: un grande regalo. Appena ho finito la telefonata, ero talmente felice che ho cominciato a saltare in giro per casa come un canguro, con la mia gatta che mi inseguiva e saltava insieme a me. Sembravamo due matte».
Come si intitola il film e di che parla?
«Il titolo è provvisorio: La quattordicesima domenica nel tempo ordinario. Il racconto parte da una coppia di giovani, Marzio, interpretato da Lodo Guenzi, e Sandra, impersonata da Camilla Cerauli: si amano, si sposano ma poi si lasciano. Il destino li fa rincontrare dopo 35 anni e, stavolta, ad interpretarli siamo Gabriele Lavia ed io».
Dove si incontrano?
«Per caso, a un funerale, come spesso accade a una certa età (ride). Io lo riconosco subito, lui, pur riconoscendomi, mi trova molto cambiata. Il mio personaggio è una donna della mia età con varie criticità, non è felice e le capita di ritrovare il più grande amore della sua vita. Tra Marzio e Sandra sarà un profluvio di narrazioni, tra passato, presente e futuro».
Lei ha debuttato una sola volta in palcoscenico, in «D’amore si muore» con la regia di Patroni Griffi. Che effetto le fa recitare a fianco di un grande attore teatrale?
«Tra Gabriele e me, un’intesa perfetta. E poi è bello! Si porta benissimo i suoi anni. Adoro il teatro, ma ho fatto solo quello spettacolo perché è troppo faticoso. Sono una sedentaria, una lumaca che porta la sua casa sulle spalle. Quella volta, un’esperienza eccezionale ma...»
Ma?
«Avevo una paura terribile e Peppino, per convincermi, mi ripeteva: lo devi fare! La sera della prima a Roma, in scena indossavo una gonna grigia longuette. Un mese dopo, dovettero aggiustarmi la gonna perché ero talmente dimagrita che, da longuette, mi scivolava giù fino ai piedi!».
Il regista era molto severo?
Io icona sexy? Ma quelli non erano dei film erotici, non erano delle porcherie, piuttosto delle commedie leggere
«Assolutamente no! Lo spettacolo ebbe grande successo e forse ho un rammarico: non aver accettato la proposta che mi fece, in seguito, il produttore, offrendomi un’altra commedia. Ma se in quel momento ho detto no, doveva esserci un motivo».
Accettare di fare teatro non avrebbe potuto essere una sorta di riscatto dalla sua immagine di icona sexy di tanti film erotici?
«Chiariamo subito una cosa: quelli non erano dei film erotici, non erano delle porcherie, piuttosto delle commedie leggere, commerciali, con degli ammiccamenti che, se paragonati ai film veramente erotici di oggi, fanno ridere! Eravamo delle educande, non delle attrici sexy. Io, nelle varie scene, ero perennemente sotto la doccia: spogliata, ma ricoperta dal bagnoschiuma! Ovvio che, se all’epoca avessi avuto la fortuna di incontrare un regista come Ingmar Bergman, il mio percorso sarebbe stato un altro. Comunque, affermo che le sceneggiature erano ben scritte, anche se i titoli scelti, tipo Giovannona coscia lunga o Quel gran pezzo dell’Ubalda..., non erano eccezionali, servivano a richiamare il pubblico».
I suoi genitori, contenti del suo percorso attoriale?
«Mamma, che sta per compiere 95 anni, molto contenta. Mio padre all’inizio non la prese bene. Poi, comprendendo la mia volontà, lo accettò. Inoltre, ho lavorato anche con registi e attori come Dino Risi, Steno, Alberto Sordi, Ugo Tognazzi... e ho ricevuto bellissime critiche».
Facendo poi la produttrice, fu difficile affermarsi, in quanto donna?
«Difficilissimo. C’era molta diffidenza nei miei confronti: le donne, se sono belle, sono automaticamente stupide e incapaci. Con le mie produzioni ho voluto dare spazio alle storie di donne, ai loro problemi, per dimostrare che le donne meritano di essere valorizzate: le donne valgono. Sono molto orgogliosa della mia carriera di produttrice, ma è un argomento chiuso, troppo complicato».
E adesso si rimette in gioco come attrice...
«Sì, sono felicemente mamma di un figlio che ha 51 anni e nonna di due bimbi di 10 e 3 anni... spero quindi di essere arrivata a un’età in cui non si guarda più quello che si guardava prima, ma solo la mia interiorità».