Corriere della Sera, 27 novembre 2022
Le tre vite di Tiger, trottatore di 12 anni che continua a vincere
«Mi trasmette fiducia, amore, divertimento. È un cavallo speciale: sicuramente capisce se tu gli vuoi bene e ti ripaga dell’affetto che gli dai». Alisè Donati ha 13 anni e le brillano gli occhi quando parla di quello che la mamma definisce un «legame morbosamente sano» per il cavallo che cavalca da oltre due anni. Tre volte a settimana fanno un’ora di auto all’andata e un’altra al ritorno, da Venezia fino al maneggio di San Liberale di Marcon, per gli allenamenti con Tiger. Un trottatore di 12 anni che, nonostante l’età, continua a vincere gare, conquistare coccarde, piazzamenti e persino un campionato regionale. Alisè ha un entusiasmo incontenibile: «Io monto da quando avevo 6 anni, ma non avevo mai vissuto le emozioni che provo con Tiger. Tra noi è scoccata una scintilla: come se avessimo bisogno l’una dell’altro». Una favola, quella di Tiger, cominciata oltre dieci anni fa e della quale lei sta vivendo il «terzo tempo». Prima che con Alisè il cavallo era tornato a correre e vincere con il 73enne Paolo Borin, l’uomo che lo ha salvato da una morte sicura.
Il «primo tempo» di Tiger inizia nel 2012, quando l’ippodromo «Le Mulina» di Firenze va in fallimento. Duecento cavalli vengono venduti e finiscono i varie parti d’Itala, tranne Tiger che viene dimenticato nel suo box. Per circa un mese resta al buio, abbandonato al suo destino. Sopravvive mangiando il poco fieno che è rimasto ed alla fine è costretto a nutrirsi dei suoi stessi escrementi. Provvidenziale l’attenzione di una ragazzo autistico che ogni tanto gli rimedia della paglia. Ma la sua sorte sarebbe stata comunque segnata se un giorno non fosse stato segnalato a Borin.
La ragazzina
«Lui è speciale, capisce che gli voglio bene e mi regala fiducia, amore e tanto divertimento»
«Il ragazzo disabile – racconta – telefonò a un mio amico che andò a prenderlo. Prima lo portammo a Treviso e poi nel mio centro a Casale sul Sile. Dopo quel che aveva subito era terrorizzato dall’uomo. Aveva perso settanta chili. Era un cavallo difficile, ombroso, diffidente, impraticabile». Ma pian piano Borin ne conquista la fiducia. «Con i cavalli ci sono due metodi – spiega —. Quello che l’uomo ha sempre usato: fare in modo che il cavallo faccia. E quello che io prediligo: fare in modo che il cavallo voglia fare. E ha funzionato. In poco tempo è diventato un cavallo buono che ha cominciato a correre e vincere tante gare».
Un «secondo tempo» che da solo sembrava già il lieto fine della storia. Ma nel 2019 arriva il seguito. E sempre per caso. «Dopo l’Acqua Granda di quell’anno – racconta Kristine Walters, la mamma di Alisè – un mio amico buttò via dalla finestra tutti i cuscini del divano. Io li caricai in auto per portarli in discarica, ma sbagliai strada e mi ritrovai nel maneggio di Borin. Guarda caso da tempo cercavo un cavallo per mia figlia. Ne parlammo e mi disse che mi avrebbe regalato Tiger». Regalato? «Proprio così – dice Borin – io amo i cavalli e quando sono a fine carriera non li vendo. Se mi piace chi ho davanti li regalo». Ma c’era una problema. «Tiger è un trottatore, Kristine cercava per la figlia un cavallo da salto e non gli sembra adatto». Ma per Tiger non ci sono ostacoli e in poco tempo, anche con la piccola Alisè, ha cominciato a vincere anche in altre specialità che non aveva mai praticato. Una storia in cui il filo conduttore è sicuramente l’amore tra uomo e cavallo. Borin, spinto a lungo dal governatore del Veneto Luca Zaia, ne ha fatto un libro: «L’improbabile gioia». E ora dei produttori americani ne vorrebbero fare pure un film. «Ci sono stati dei contatti, vedremo – dice Kristine —. Per il momento ci godiamo la gioia di Tiger che riempie le nostre giornate ed è diventato uno di famiglia».